Gli Usa evitano il default in extremis

A poche ore dal default i leader democratici e repubblicani del Senato raggiungono l’intesa per scongiurare la catastrofe finanziaria

L’annuncio che l’intesa al Senato è stata raggiunta lo danno i due leader Harry Reid per i democratici e Mitch McConnell per i repubblicani: i due principali partiti statunitensi si sono messi d’accordo per scongiurare il default grazie ad uno stanziamento provvisorio che riapre gli uffici governativi chiusi da 16 giorni di shutdown. Alle 22:12 ora locale (l’alba italiana) l’accordo è stato approvato anche dalla Camera: 285 voti favorevoli e 144 contrari.

Tecnicamente ha vinto Obama con la riforma sanitaria ancora in piedi; lo sconfitto è Ted Cruz, uno dei leader del Tea Party, ma soprattutto lo speaker repubblicano John Boehner la cui carriera politica è appesa ad un filo sottilissimo dopo aver assecondato i teapartisti e costringendo il Gop ad una battaglia di retroguardia con i sondaggi che li davano al minimo storico.

Tre i punti dell’accordo: finanziamento del governo garantito fino al 15 gennaio, tetto del debito elevato fino al 7 febbraio e, infine, entro il 13 dicembre una commissione bipartisan dovrà concordare nuovi tagli al bilancio per i prossimi dieci anni.

Vincitori e vinti.

Entrambi i leader del Senato hanno lodato lo sforzo bipartisan per raggiungere un accordo che sembrava impossibile fino all’alba di stamattina. «Gli occhi del mondo erano puntati su di noi», ha detto il democratico Reid, apprezzando che «sull’orlo del disastro i partiti abbiano saputo mettere da parte le differenze». «L’Obamacare è un disastro. I nostri sforzi per abolirla non si fermeranno. Ma oggi c’è da evitare il default» sancisce il repubblicano McConnell ammettendo la sconfitta.

Dai colleghi moderati arrivano i principali attacchi all’area repubblicana più oltranzista: «Chiedevamo qualcosa di irraggiungibile» calca la mano John McCain. Mentre Ted Cruz – tra i leader più carismatici del Tea Party – arriva al Senato scuro in volto riconoscendo la sconfitta e annunciando che non si opporrà alla legge. Michael Needham, presidente di Heritage Action, l’associazione che con più veemenza ha lavorato per ottenere il congelamento dell’Obamacare, ha ammesso che «non saremo in grado di revocare la riforma almeno fino al 2017, e dovremo conquistare il Senato e la Casa Bianca nel frattempo».

Per Barack Obama è un successo viziato dall’essenziale. Cedendo sulle questioni di minor importanza, il presidente ha tenuto duro sulla riforma sanitaria e sul tetto del debito che i repubblicani volevano concedere a patto che l’Obamacare non entrasse in vigore. Il leader dei repubblicani John Boehner ha perso tutto ciò che si poteva politicamente perdere: ha dapprima dato corda al Tea Party facendo schizzare alle stelle il malcontento nei confronti del Grand Old Party (i sondaggi li davano al 28%, mai così giù); dopo, a frittata già fatta, ha ammesso la sconfitta – «Abbiamo combattuto ma non abbiamo vinto» – ipotecando ulteriormente il suo futuro politico. Le elezioni di midterm (le elezioni di metà mandato che rinnovano la Camera ed un terzo del Senato) si svolgeranno l’anno prossimo, e con le primarie alle porte Boehner dovrà sudare molto più di sette camicie per continuare a controllare il partito. E il giornalista repubblicano Matt Drudge prevede che i democratici riconquisteranno la Camera alle elezioni del 2014.

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