Giornata dedicata alla sindrome di Down: “Nessuno lasciato indietro”!

Una giornata dedicata a degli angeli per ricordare ai cosiddetti sani che la diversità, la disabilità, può essere un dono

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Domenica 13 Ottobre, alle ore 10.00, presso la Libreria “La Casa di Giulia” in Via S. Giovanni Bosco, 33 in occasione della Giornata Nazionale delle Persone con Sindrome di Down,  si è svolto un interessantissimo incontro, organizzato dall’Associazione Meter&Miles presieduta da Saro Visicaro, per discutere di cultura e rispetto della diversità, di piena realizzazione dei diritti, di uguale accesso alle opportunità.4

Uno degli obiettivi è anche quello di sensibilizzare la gente contro i tanti pregiudizi che ancora colpiscono le persone con disabilità.

Le persone con sindrome di Down, se adeguatamente seguite, hanno  potenzialità di autodeterminazione e grandi margini di miglioramento nell’ambito delle autonomie personali e sociali.5

“Non lasciate indietro nessuno” è uno dei messaggi lanciati quest’anno per dare impulso a progetti d’inclusione sociale in tutto il territorio nazionale e per ricordare che solo maggiori opportunità a scuola, nel mondo del lavoro e nella vita sociale possono portare alla piena inclusione per ogni persona con disabilità. Molte persone con la sindrome di Down hanno raggiunto traguardi importanti negli ultimi 40 anni in Italia proprio per gli sforzi profusi per realizzare un cambiamento culturale.

A introdurre l’incontro dal titolo “Diversi…sino a quanto?” è stato il presidente Saro Visicaro: “Dopo aver ringraziato la Libreria La Casa di Giulia che ci sta ospitando, che ci ha messo a disposizione questa struttura, per tre giorni, in settimana, i ragazzi hanno avuto modo di lavorare qui e di conoscere i locali e oggi siamo tutti qui insieme per questa iniziativa.  Ringrazio anche le persone che sono intervenute e tutte le persone che sostanzialmente, in qualche modo assieme a noi, a noi associazione, a noi genitori cerca di portare avanti delle iniziative per dare un senso al titolo della riunione molto indicativo e molto preciso anche nell’aspetto di quanto dobbiamo sopportare, sopportare nel senso di dovere subire ogni difficoltà. Tutti noi persone abili e non abili subiamo da chi ci sta attorno e dovrebbe avere maggior senso di collaborazione, di empatia. Noi spesso polemizziamo con gli enti, con le istituzioni che si interfacciano con noi ma non polemizziamo perché siamo cattivi ma polemizziamo perché riteniamo che non è possibile su alcuni punti ben precisi dover aspettare un’eternità. Se ci sono delle cose che si potrebbero fare sarebbe opportuno che chi ha il dovere, ed è pagato per fare quelle cose, intervenga e non ci faccia subire non anni ma generazioni e siccome parliamo della sindrome di Down vogliamo dire che per la sindrome di Down come per altre sindromi basterebbe poco per essere sostenuta, per essere aiutata”. Abbiamo poco dalle strutture pubbliche. A scuola i ragazzi devono avere la fortuna di trovare un ambiente buono e insegnanti preparati. E dopo la scuola ci ritroviamo senza nulla, c’è il vuoto….di cosa avremmo bisogno?.Non di soldi ma, come minimo, una struttura, luoghi dove poter lavorare ma si tratta anche di accompagnarli e poi c’è la riabilitazione, hanno il diritto di avere dei diritti. Parliamo sperando che qualcosa cambierà e sarebbe opportuno stilare delle linee guida che le Amministrazioni sono tenute a seguire!”

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È stata la volta dell’avv. Ester Isaja che, dopo aver ringraziato la Libreria “La Casa di Giulia” per avere ospitato quest’incontro, si è dichiarata felice di essere presente e di aver partecipato a questa riunione dove si è parlato di persone fragili: “Si pensava che questi ragazzi dovevano esser dipendenti per tutta la vita dai loro genitori e oggi non è così. Bisogna realizzare l’inclusione di ogni persona con sindrome di Down. Dobbiamo sensibilizzare a questo tipo di problema partendo dalla scuola che è la prima agenzia insieme alla famiglia. Ma gli insegnanti a volte sono inadeguati o assenti del tutto. E’ un problema per le famiglie perché il diritto allo studio non deve essere negato, è un diritto inalienabile, un diritto che non si può negare a nessuno in un paese civile. Ancora molti pregiudizi sociali, basse aspettative e quindi dobbiamo lavorare molto per tutto questo, soprattutto per la valorizzazione della diversità, della diversità come dono, per un cambiamento culturale profondo nei confronti della disabilità. Quali sono gli aiuti che noi possiamo dare? Il primo aiuto lo dobbiamo assolutamente pretendere dalle amministrazioni locali, cercando di formulare delle richieste nella maniera adeguata. Spesso le amministrazioni sono sorde quindi le nostre domande devono essere veicolate nella maniera giusta per poi giungere a dei protocolli d’intesa con il Comune specie se si parla di persone con fragilità.2

E’ importantissima la rete, la rete con le associazioni locali, le reti professionali e programmi individualizzati di supporti che abbiano come aspetti fondamentali la globalità della persona, la considerazione di tutto l’intero arco di vita della persona con sindrome di Down prestando attenzione a quelli che sono i momenti critici della vita: il momento della diagnosi, dell’inserimento nel contesto scolastico, il momento dell’adolescenza e il raggiungimento dell’età adulta.

Utilissima una rete di sostegno che possa coinvolgere figure istituzionali e non, coinvolgere figure già presenti nella vita della persona, bisogna costituire dei tavoli tecnici, progetti di formazione individuali, dei protocolli, dei tirocini e in tutto questo è la famiglia che gioca un ruolo veramente fondamentale!”3

Il dott. Francesco Certo, presidente dell’Onlus Terra di Gesù, prendendo spunto dall’affetto mostrato dai ragazzi Down ha detto che: “La disabilità spesso nasconde la superiorità di queste persone. La superiorità nasce dal fatto che la disabilità non ha tutti quei mantelli, quelle coperture, quelle ipocrisie che noi carichi di facebook, social, giornali etc.. abbiamo. Probabilmente è quella ingenuità del bambino che noi abbiamo perso da tempo. La mia domanda è .se fossero nati in un altro contesto avrebbero avuto questa difficoltà? La vita è fatta di episodi ma lo stare insieme, se abbiamo la stessa sintonia, può far nascere ottime iniziative e sinergie”.

Ha concluso il dott. Giuseppe Ruggeri: “E’ una malattia dello spirito, della coscienza, dell’adesione alla realtà e dico che davvero io con tutte le mie personali paranoie, scontentezze, con tutti i momenti che tutti purtroppo abbiamo, vorrei essere come uno di loro, vorrei essere come uno dei bimbi piccoli di cui parla S.Francesco e di cui parla Gesù nel Vangelo. Quella persona senza sovrastrutture, quella persona che riesce ad abbracciare tutti alla stessa maniera. Io personalmente ho cercato in questi anni di dare ciò che spetta a chi ha diritto. La nostra storia sanitaria ha passato tre momenti precisi che vanno dalla fase assistenziale alla fase dell’integrazione all’inserimento lavorativo con la Legge 295/90 di solidarietà civile, con la Legge 104/92 sull’integrazione e l’inclusione e la Legge 68/99 sull’inserimento integrativo.

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Il disabile oggi è un soggetto normale con abilità diverse e può fare dei lavori e le aziende che assumono hanno la riduzione di oltre il 60% su ogni assunzione. La priorità è quella di inserire , integrare questa persona con capacità diverse ma anche sollevare le famiglie e prendersi cura di loro”.

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Intervenute anche l’Associazione di volontariato “Harahel“.e Irene Dance, uno dei momenti più belli ed emozionanti della mattinata è stato quello della recita fornita da Giovanni, Ambra, Michele, Valentina, Marco, Azzurra, dei ragazzi e delle ragazze che ci hanno fatto venir voglia di abbracciarli uno per uno.73475140_2285911104871880_5719258165946613760_n

(Foto L.Porretta e C.Minissale)

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