Catania: tesi, antitesi e sintesi

Due gol per battere la capolista. Gli etnei conquistano tre punti pesanti, dando la sensazione di essere “cambiati”.

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Chiunque abbia studiato un po’ di filosofia durante la propria carriera scolastico/accademica, avrà sicuramente avuto a che fare con Georg Wilhelm Friedrich Hegel. Per qualcuno sarà stato un incubo, per altri affascinante, sta di fatto che il suo pensiero è maledettamente schematico. La vita, per lui, è suddivisa in momenti. Tesi, antitesi e sintesi. Momenti che si succedono inesorabilmente, uno dopo l’altro. No, non vogliamo dare vita ad un compendio filosofico. Siamo qui per parlare di calcio, un semplice dettaglio, presente quotidianamente. Un dettaglio utile, però, a far cambiare umore in modo drastico. E lo stato d’animo con cui si è svegliato il popolo catanese, legato ai colori rossoazzurri, non può che essere soddisfatto, positivo, benpensante ed ottimista, con uno sguardo al futuro. Non è la prima volta che una “big” del campionato viene battuta al “Massimino”. In ordine cronologico, prima la Juve Stabia, poi il Lecce, adesso il Matera. Ma il successo di ieri sera ha un sapore diverso, particolare. Come se in campo fosse sceso un Catania mai visto da agosto fino a ieri pomeriggio. Un Catania che si sente, di diritto, grande squadra. Un Catania che ha voluto fortemente lanciare un messaggio alle antagoniste. Non per il primo posto, ovviamente, ma per il traguardo finale. Giocarsela con la voglia e con una consapevolezza diversa.

E’ vero che giudicare un reparto, o un giocatore in particolare, sulla scorta di una partita è sbagliato, oltre che fuori luogo. E’ vero che i voli pindarici nocciono gravemente alla salute mentale di un gruppo che deve crescere passo dopo passo. E’ tutto vero, ma c’è una sensazione diversa che aleggia sopra la testa dei rossoazzurri. Ed ecco perché, per capirla appieno, ci serve il buon vecchio Hegel. La tesi rossoazzurra riguarda la maschera indossata dalla squadra fino all’ultima partita del 2016. Spavalda, ma mai del tutto convincente, in casa. E, nello specifico, con un reparto offensivo che lasciava sempre un’aura di insoddisfazione, di incompletezza, come a voler dire: “Sì, siamo forti, ma con un attacco diverso…“. Come dare torto a questo pensiero serpeggiante per diverse settimane. E’ stato etichettato come il Catania del “vorrei, ma non posso”, il Catania “incompiuto”. Tutti giudizi leciti. Poi, per mano del mercato, è arrivata l’antitesi. Questa, sempre analizzando il particolare, porta il nome di Diogo Tavares e di Demiro Pozzebon. Attaccanti, veri, puri, che si sbattono, lottano e, soprattutto, segnano. Un gol a testa in questa loro avventura ancora albeggiante. Reti da centravanti veri. Quella di ieri dell’ex Messina è il manifesto delle sue caratteristiche innate: senso della posizione e del gol. Gesto letale, da rettile e veleno lentamente inoculato nella pelle lucana.

La sintesi quale potrebbe essere? La speranza è che si palesi tramite la tanto attesa continuità. Tramite il salto di qualità in trasferta, l’unico scoglio che separa gli uomini di Rigoli dalla grandezza assoluta nella categoria. Un Catania che si è evoluto, che ha compreso i propri errori. Che cerca di rimediare con architetti diversi. Non più Paolucci e Calil, adesso Diogo e Demiro. Per quest’ultimo, poi, quel sapore di nostalgia. Il suo primo gol in maglia rossoazzurra è arrivato lo stesso giorno in cui arrivò la prima marcatura di Maxi Lopez con la stessa maglia. Quello era un Lazio-Catania 0-1. Ieri era Catania-Matera 2-0. Ere geologiche sono passate, gli etnei sono stati a rischio estinzione, come i dinosauri. Ma sono ancora qui, più forti e convinti che mai, i 90′ di ieri ne sono il manifesto ideologico.

Sintesi, quindi, fa rima con continuità. Adesso c’è l’Akragas all’ “Esseneto”. Poi Taranto in casa, Messina al “San Filippo”, prima di cominciare il mese di marzo al “Massimino” contro il Melfi. Insomma, non un calendario impossibile. Il Catania ha ingranato le marce giuste, ma la strada è ancora lunga e tortuosa. Bisogna non restare a secco, tantomeno andare in riserva. Sulle ali del nuovo attacco passano le ambizioni. E magari, stavolta, alla tesi ed all’antitesi seguirà una sintesi felice.

 

 

 

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