Calcio Catania: pronti, via ed è già flop. I “perché” di un approccio molle

Sono bastati cinque minuti circa al Catanzaro per portarsi in vantaggio ieri pomeriggio. Dopo nemmeno mezz’ora il Catania era sotto 2-0. Ancora una volta l’approccio è stato suicida.

(Gaetano Ligreggi)
(Gaetano Ligreggi)

Una settimana per preparare una partita così delicata, sette lunghi giorni per trovare la giusta concentrazione, per studiare ogni sfaccettatura del modo di giocare avversario. Ma soprattutto, una settimana per trovare dentro se stessi il vecchio fuoco, ormai ridotto ad una fiammella flebile prossima allo spegnimento. Eppure, nonostante il tempo a disposizione per mettere a punto una “strategia” degna di tale nome, dopo il fischio iniziale il Catania, puntualmente, si perde. Altro approccio “suicida”, l’ennesimo di una stagione tribolata, iniziata in modo più che discreto, ma che sta proseguendo toccando livelli letteralmente impronosticabili. Sono bastati cinque minuti al Catanzaro, ieri pomeriggio, per sbloccare la gara: calcio d’angolo, anticipo sul primo palo di Sarao e pubblico che esulta. Ne sono serviti altri diciotto per trovare la rete del raddoppio: “orrore” in compartecipazione tra Biagianti e Gil, palla in verticale a trovare Giovinco che, indisturbato, batte un Pisseri impotente. Ventitré minuti, 2-0 e “strategia” di cui sopra gettata alle ortiche.

Per dovere di cronaca, è giusto dire che da quel momento in poi gli etnei hanno preso in mano il pallino del gioco, hanno trovato la rete del 2-1, hanno creato qualche palla gol, sfiorando anche il pareggio. La reazione, seppur non debordante, c’è stata e questo non può che essere un fattore positivo. A perplimere, però, è l’approccio completamente assente, molle, che ha visto la squadra arrendersi al suo essere succube di un avversario tutt’altro che irresistibile, spinto solo dalla forza della disperazione generata dalla sua classifica. Il Catania lo stesso non sa fare, non sa agire per inerzia di una graduatoria quantomai preoccupante, non sa adattarsi e porre le contromisure ad un periodo recente che definire grottesco è riduttivo. Il momento non svolta mai, l’episodio, la scintilla, non arriva, si fa attendere e la truppa di Giovanni Pulvirenti non riesce ad auto-generarsela. Quando, poi, l’approccio ti porta in dote due reti al passivo, la strada si fa maledettamente in salita ed il “resto è storia”.

Ma perché il Catania continua ad incappare in questi errori? Perché gli etnei non riescono a porre fine a questo torpore lungo dalla gara interna contro il Melfi? Cosa è successo dopo il bel successo di Messina? Perché alle ambizioni si è sostituita la preoccupazione? Tutti quesiti più che legittimi, cui dare una risposta, da esterni, è praticamente impossibile. Gli unici capaci di farlo sono coloro i quali vivono questa “tragicomica” situazione sulla propria pelle, che ne patiscono le conseguenze, che si sobbarcano critiche e fischi più che giustificati e coerenti con l’andamento recente. Il Catania non può permettersi di approcciare le gare come fatto ieri, non può permettersi di assistere inerme al corso degli eventi. I giocatori lo sanno, lo lasciano trasparire anche in conferenza stampa, mettendoci la faccia. Lo ha fatto Andrea Russotto, visibilmente deluso dalla sua prestazione, lo ha fatto Marco Biagianti. Lo hanno fatto tutti, anche coloro i quali non hanno lasciato dichiarazioni, perché sul loro volto era percepibile la presenza di un generale scoramento, di rabbia per l’incapacità di porre un freno a questa nave alla deriva.

Eppure, niente e nessuno può aiutare i giocatori, solo loro possono farlo. Parlare di tattica in vista della gara contro la Virtus Francavilla lascia il tempo che trova, se poi l’approccio rischia di essere il medesimo di sempre. Scavarsi dentro, attingere a piene mani dal pozzo dell’orgoglio e mettere in campo i cosiddetti attributi. In barba ad approcci, crisi e andamento. Per svegliare il Catania serve solo il Catania. Continuare su questa strada non è accettabile.

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