Calcio Catania: il potere del “piombo” contro le trincee

Mario Petrone ed i suoi alla prova Melfi, avversario in difficoltà, reduce da undici sconfitte consecutive e per questo disposto a tutto pur di fare punti.

calciocatania.it
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Bando alle ciance. A nulla, o quasi, o conta la classifica alla vigilia di gare come quella che pone di fronte al Catania il fanalino di coda Melfi. Vietato cullarsi sulle lacune nemiche, sulle differenze sostanziali tra i due collettivi, sul proprio tasso qualitativo o sul trend recente vissuto da una squadra reduce da undici sconfitte consecutive. Il calcio non è uno sport che va avanti a luoghi comuni, la Lega Pro, in particolare, è una categoria in cui nulla viene regalato, tutto è da conquistare. Anche contro l’ultima in classifica, che vive un profondo periodo di depressione, è vietato dare spazio all’anarchia. Il Catania di Mario Petrone dovrà mettere in campo quanto messo domenica scorsa a Messina, quando Gil è stato espulso, quando le “congiunture astrali” sembravano essersi messe “di traverso”. Sacrificio, voglia, abnegazione. Questo è il caposaldo. Da qui in poi possono scattare tutte le varie analisi accessorie. Un Catania d’attacco, pronto ad oltrepassare le trincee lucane con il proprio, pesante, piombo? I 90′ di domani si presentano, sulla carta, così, ma occhio alle minacciose variabili.

Quella contro il Melfi è una di quelle partite in cui ripetere più volte un concetto fino a diventare stucchevoli non è mai un errore. Parola d’ordine ed unico comandamento coincidono nella concentrazione, fattore che dovrà accompagnare i rossoazzurri per tutti i 90′. I discorsi tattici, in fin dei conti, lasciano il tempo che trovano. Il tasso qualitativo della truppa petroniana è fin troppo elevato per il modesto gruppo allenato da Diana, pericoloso perché bisognoso di punti, ma che lotta con uno stato mentale a dir poco negativo. Lo stesso tecnico dei gialloverdi (leggi qui) ha sottolineato come l’ambiente, in generale, ed il suo gruppo, in particolare, vivano un momento di non latente depressione. Il suo lavoro è stato votato, quindi, più ad aggiustare la psicologia dei suoi, piuttosto che a correggerne movimenti tattici. Anche perché il copione della gara, probabilmente, è già bello che delineato.

Il Catania avrà in mano il pallino del gioco, cercherà di trovare spazi all’interno di una difesa che si preannuncia chiusa ermeticamente, nel tentativo disperato di non concedere reti. L’aggettivo “disperato” non è utilizzato a caso, i 57 gol subiti dalla compagine lucana sono la cartina di tornasole per comprendere quale sia il vero tallone d’Achille di una formazione che può contare, soprattutto dalla cintola in su, su elementi più che discreti per questa categoria. Più della metà delle reti incassate, il Melfi le ha prese nei primi 45′, ecco perché i rossoazzurri hanno bisogno di partire subito con le marce alte, con l’obiettivo di trovare una o più segnature già nella prima frazione. Incanalare subito sui binari giusti una sfida del genere non può che fare al caso del etnei, poco propensi e vogliosi a giocare una “partita lunga”. Anche perché col passare dei minuti e con un risultato ancora in equilibrio, il pericolo che gli avversari si galvanizzino e comincino a vedere lo “striscione del traguardo” all’orizzonte potrebbe presentarsi. In breve, segnare presto e, se possibile, tanto.

Al di là di tutte le argomentazioni tattiche, però, il punto di partenza di questa sfida è presto detto: il Catania ha un solo ed unico avversario e questo corrisponde a se stesso. Lo ha affermato anche capitan Biagianti e, d’altronde, come dargli torto. Il problema suo e dei suoi compagni, in questa stagione, è stato affrontare compagini che non obbligavano a tenere la concentrazione ai massimi livelli, data la loro non pericolosità. Con Petrone, dopo Messina, con l’euforia degli ultimi giorni, il Catania avrà imparato dai propri errori? Chissà. Se la risposta sarà affermativa non c’è Melfi e compagnia bella che tenga. E per compagnia bella non si intende, necessariamente, una compagine di bassa classifica, anzi…chi ha orecchie per intendere, intenda.

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