Incredibile, per certi versi paradossale, la prestazione del Catania di ieri. Una squadra che mostra lacune psicologiche evidenti. E l’allarme lo lancia Biagianti…
Allarme rosso. Sirene che suonano all’impazzata, in modo assordante. Analizzare i 90′ di ieri è complicato, anche perché prestazioni del genere, con tutta sincerità, sono difficili da spiegare. Il Catania crolla di fronte al proprio pubblico, che definire imbufalito è dire poco, contro il modestissimo Melfi, reduce da undici sconfitte consecutive, che in trasferta aveva raggranellato, in totale, la miseria di tre punti e che ha il non invidiabile primato di essere la compagine che incassa più gol in questo campionato. Ed anche nettamente. Pronostico chiuso, vittoria in tasca, valori in campo talmente pendenti dalla parte rossoazzurra da impedire ogni pensiero negativo. D’altronde, dopo la vittoria di Messina, i presupposti per svoltare in via definitiva erano lampanti, sotto gli occhi di tutti. Bastava un piccolo guizzo per raggiungere la tanto agognata continuità. Guizzo che non è arrivato. E di certo non è stata l’unica cosa a mancare nel pomeriggio di ieri. Perché per analizzare correttamente la debacle, è necessario partire dalle parole di capitan Biagianti nel postpartita: “Dobbiamo vergognarci del modo in cui abbiamo affrontato la gara. Bisogna cambiare mentalità, così è inutile fare i playoff. Da capitano chiedo scusa, meritiamo gli insulti“. Amen.
Parole da capitano del capitano. Parole che evidenziano le mancanze di un collettivo colmo di problemi mentali, di buchi neri difficili da spiegare. Ed è paradossale che dopo ventotto partite, un cambio tecnico, una “semi-rivoluzione” invernale e quant’altro, questa squadra “non sia ancora pronta” per fare il salto di qualità. Salto di qualità che, a questo punto, è lecito dire che difficilmente arriverà. Non per problemi “d’allenatore”, non perché l’ambiente catanese sia esigente come pochi, in qualsivoglia categoria. Ma per il semplice motivo che quest’organico ha dei difetti strutturali impossibili da correggere “in corsa”. Non va criticato Petrone, non va criticato il lavoro svolto da Lo Monaco e Argurio in sede di mercato. C’è da analizzare il continuo saliscendi di prestazioni da parte della squadra. Quest’ultima è composta da giocatori, uomini che hanno il compito di mettere in mostra i propri pregi e di far passare in secondo piano possibili difetti. Uomini che, settimana dopo settimana, hanno l’occasione, l’onore e l’onere di vestire una maglia che di campi fangosi ne ha calcati tanti, di successi “stellari” e universalmente riconosciuti ne ha ottenuti molti. Fare un passo in avanti, come a Messina, per poi vanificare tutto e tornare al punto di partenza è stucchevole, fuori luogo e poco consono alla città, alla tifoseria, che fischia, contesta e lo fa non a torto.
Sembra di vedere il medesimo film periodicamente. Perché, di fatto, il copione è sempre lo stesso. Come nel girone d’andata, il Catania era reduce dal bel successo contro il Messina ed aveva l’occasione di spiccare il volo contro un avversario nettamente inferiore, sulla carta. Il risultato è stato poco differente. Il pareggio in terra lucana non è così diverso dal tonfo di ieri. Ecco perché ha poco senso puntare il dito contro questo o quell’altro interprete. Il Catania è una Ferrari col motore ingolfato, che nemmeno il migliore dei meccanici potrà oliare a dovere. Perlomeno, a campionato in corso. Poi, è normale come l’estate possa portare consiglio e correzioni. Il Catania è una Ferrari che alterna rombi di motore a sbandate inaccettabili. Perché la sconfitta di ieri è così, inaccettabile. Per come è arrivata, per l’avversario che si affrontava, per l’atteggiamento con cui si è scesi in campo, per aver sprecato l’ennesima occasione. Fine del discorso.
Questa è una squadra che ai playoff può fare incetta di vittorie e conquistare la serie B oppure uscire al primo turno senza particolari appelli. E’ una squadra fragile. E, ricollegandoci a quanto afferma Biagianti, forse davvero in questo momento sarebbe anche inutile arrivare alla “postseason”. Perché con questa mentalità, di strada se ne farà poca. E se dopo Agrigento, a detta di Lo Monaco, “l’entusiasmo era stato mutilato“, dopo ieri è stato dato fuoco all’entusiasmo, arso, torturato dai 90′ più brutti della stagione e del recente passato.