Agenzia delle Entrate. Fisco bocciato: annullati gli accertamenti notificati nel 2023, dopo i termini di legge

Atti fiscali in scadenza ordinaria nel 2022, emessi l’anno successivo, da annullare, perché non è applicabile la proroga “a cascata” di 85 giorni, che resta valida solo in relazione all’annualità colpita dall’evento eccezionale Covid 19.

Francofonte, 6 gennaio 2024. Continuano ad arrivare le sentenze dei giudici tributari che bocciano l’operato degli uffici dell’Agenzia delle Entrate, che hanno notificato nel 2023 gli accertamenti in scadenza ordinaria il 31 dicembre 2022. Per la Corte di giustizia tributaria di primo grado di Prato, sentenza 87/2/23 del 31 ottobre 2023, è infatti inapplicabile la proroga “a cascata” di 85 giorni, valida solo in relazione all’anno colpito dall’evento eccezionale Covid 19, cioè il 2020. Deve essere quindi annullato l’accertamento notificato il giorno 8 marzo 2023, essendo stato superato l’ordinario termine di scadenza del 31 dicembre 2022.

Ecco i fatti. L’accertamento del Fisco e i giusti termini di scadenza

L’agenzia delle Entrate, direzione provinciale di Prato, in data 8 marzo 2023, notifica un accertamento a una società per l’anno d’imposta 2017, con richiesta di imposte per 441.627,00 euro e sanzioni per 496.831,00 euro, per un totale di 938.458,00 euro, oltre interessi maturati e maturandi. Nel caso in esame, la società, essendo risultata congrua, coerente e normale agli studi di settore applicabili per l’anno 2017, beneficiava della misura premiale, compresa la riduzione di un anno degli ordinari termini di decadenza per l’accertamento. Di conseguenza, considerato che gli accertamenti devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione, l’ordinario termine di decadenza per la dichiarazione relativa al 2017, presentata nel 2018, era quello del 31 dicembre 2023, che, però, si riduceva di un anno per i contribuenti congrui, coerenti e normale agli studi di settore.

Pertanto, per la società, il termine per l’accertamento scadeva il 31 dicembre 2022, ed era quindi tardivo l’accertamento dell’ufficio notificato in data 8 marzo 2023. Per l’ufficio, invece, il termine per l’accertamento relativo all’anno 2017 scadeva il 26 marzo 2023, avendo il legislatore previsto nella normativa emergenziale Covid – 19, che, ferma l’applicazione del regime premiale previsto per i contribuenti congrui, coerenti e normali agli studi di settore, con la riduzione di un anno del termine ordinario, la scadenza del termine per l’accertamento del 31 dicembre 2022 era prorogabile al 26 marzo 2023 (31 dicembre 2022, più la proroga di 85 giorni, causa Covid). Quindi, per l’ufficio, essendo stato notificato l’accertamento in data 8 marzo 2023, non esiste alcuna decadenza.

La sentenza dei giudici di Prato

Per i giudici di primo grado di Prato, è fondata l’eccezione della società sulla tardiva notifica dell’accertamento avvenuta oltre i termini previsti dalla legge.
Nei “motivi della decisione” si legge che dall’esame degli atti di causa emerge che la società ricorrente, nell’anno 2017, era risultata “congrua”, “coerente” e “normale” agli studi di settore applicabili in relazione all’attività svolta e, pertanto, ha beneficiato delle misure premiali previste, compresa la riduzione di un anno degli ordinari termini di decadenza per l’attività di accertamento ai fini delle imposte dirette e dell’Iva. In considerazione di questa circostanza, il termine per la notifica dell’accertamento per l’anno 2017 scadeva il 31 dicembre 2022. Secondo l’agenzia delle Entrate andrebbe applicata la proroga di 85 giorni prevista dall’articolo 67 del decreto legge 18/2020 (cosiddetto decreto “Cura Italia”), richiamato con la circolare 11/E del 6 maggio 2020, nel punto in cui, nella risposta al quesito n.5.9, si afferma che la proroga può applicarsi, non solo in riferimento ai termini delle attività che sono spirati nel corso dell’anno 2020, ma anche ai termini di prescrizione o decadenza sospesi e non in scadenza entro lo stesso anno 2020. A parere di questa Corte, questa interpretazione non appare condivisibile alla luce dell’esame delle norme introdotte nella fase emergenziale. Innanzi tutto perché quanto disposto dall’articolo 67 del decreto legge 18/2020 è stato assorbito nella disciplina di cui all’articolo 157 del successivo decreto legge 34/2020 (cosiddetto decreto “Rilancio”), secondo cui gli atti di accertamento, di contestazione, di irrogazione delle sanzioni, di recupero dei crediti di imposta, di liquidazione e di rettifica e liquidazione, per i quali termini di decadenza, calcolati senza tenere conto del periodo di sospensione di cui all’articolo 67, comma 1, del decreto legge 17 marzo 2020, n.18, convertito, dalla legge 24 aprile 2020, n.27, scadono tra l’8 marzo 2020 e il 31 dicembre 2020, sono emessi entro il 31 dicembre 2020 e sono notificati nel periodo compreso tra il primo marzo 2021 e il 28 febbraio 2022, salvo casi di indifferibilità e urgenza, o al fine del perfezionamento degli adempimenti fiscali che richiedono il contestuale versamento di tributi. Questa norma era evidentemente volta a incentivare l’attività degli uffici, per cui l’agenzia delle Entrate doveva rispettare il suo termine di decadenza del 31 dicembre 2020, mentre, per favorire i contribuenti, per i disagi causati dal Covid, la notifica avrebbe dovuto avvenire successivamente con termine poi prorogato fino alla data del 28 febbraio 2022.
In conclusione, per i giudici di primo grado di Prato, appare del tutto illogico anche solo ipotizzare che il legislatore abbia, nel contempo, imposto il rispetto del termine decadenziale in scadenza il 31 dicembre 2020, anno della pandemia, e lo abbia, invece, prorogato di 85 giorni per gli accertamenti degli anni successivi, i cui termini di decadenza andavano o andranno a scadere quando l’emergenza è stata ormai superata. L’accertamento in oggetto, notificato in data 8 marzo 2023, deve pertanto ritenersi notificato dopo i termini di decadenza previsti dalla legge (31 dicembre 2022) e, quindi, in carenza di potere impositivo, deve essere annullato.

I giudici bocciano la proroga a cascata di 85 giorni

La sentenza 87/2/23 del 31 ottobre 2023, della Corte di Giustizia Tributaria di primo grado di Prato, segue, a distanza di pochi giorni, la sentenza 974/2023, depositata il 25 ottobre 2023, della Corte di giustizia di primo grado di Latina, che, come i giudici di Prato, hanno accolto l’eccezione del contribuente sul fatto che non opera la cosiddetta “proroga generalizzata” di 85 giorni disposta dall’articolo 67 del decreto legge 18/2020, essendo stato l’accertamento formato e notificato dopo il 31 dicembre 2022. Per i giudici di primo grado di Latina, il comportamento del Fisco è irragionevole e illogico: gli accertamenti per il periodo d’imposta 2016, in presenza di dichiarazioni regolarmente presentate nel 2017, notificati nel 2023, devono essere annullati per decadenza dei termini. E’ inapplicabile la proroga “a cascata” di 85 giorni, valida solo in relazione all’anno colpito dall’evento eccezionale Covid 19, cioè il 2020. Deve essere quindi annullato l’accertamento emesso e notificato il 23 marzo 2023, relativo all’anno 2016, il cui termine scadeva il 31 dicembre 2022.

L’interpretazione sbagliata del Fisco

Per evitare inutili contenziosi, l’Agenzia delle Entrate deve correggere quanto affermato nel corso delle risposte, in occasione di Telefisco 2022” e pubblicate sul Sole 24 Ore, che il termine di decadenza dell’anno di imposta 2016 scade il 26 marzo 2023 per i contribuenti che hanno presentato la dichiarazione, anziché il 31 dicembre 2022. Infatti, con la risposta al quesito 5.9 l’agenzia delle Entrate, nella circolare 11/E del 6 maggio 2020, ha affermato che il periodo di sospensione del potere di rettifica (e, dunque, la proroga di ulteriori 85 giorni rispetto all’ordinaria scadenza del 31 dicembre) si applica anche se il termine di prescrizione o decadenza sospeso non scade entro il 2020. Per l’agenzia delle Entrate, questo comporta che la proroga del potere di rettifica di ulteriori 85 giorni si applicherà non solo al periodo d’imposta 2015 – in caso di presentazione di dichiarazione – e 2014 – in caso di omessa dichiarazione – i cui termini di decadenza e prescrizione scadevano entrambi nel 2020, ma anche ad altri periodi d’imposta i cui termini non scadono nel 2020 ma sono “di passaggio”– vale a dire per gli anni d’imposta 2016, 2017 e 2018.
Per la Corte di giustizia tributaria di primo grado di Latina, questa teoria, della proroga generalizzata di 85 giorni, estesa agli anni 2016, 2017 e 2018, appare irragionevole e illogica. La proroga di 85 giorni, pertanto, vale esclusivamente in relazione all’anno 2020 in cui si è verificato l’evento eccezionale, dovendo escludere ogni effetto “a cascata” sulle annualità successive.

Considerate le sentenze dei giudici di primo grado, che bocciano l’interpretazione dell’agenzia delle Entrate, perché ritiene applicabile la proroga a cascata di 85 giorni anche per i periodi d’imposta 2016, 2017 e 2018, si può sperare che gli uffici non emettano accertamenti in scadenza ordinaria il 31 dicembre 2023, fruendo della proroga di 85 giorni, entro il 25 febbraio 2024. Per chiarezza, si riportano di seguito i termini ordinari per la notifica degli accertamenti applicabili fino al 2015 e a partire dal 2016.

I termini per gli accertamenti fino al 2015

Fino al periodo d’imposta relativo al 2015, gli accertamenti devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione. Nei casi di omessa presentazione della dichiarazione o di presentazione di dichiarazione nulla, l’accertamento può essere notificato entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata.

I termini per gli accertamenti a partire dal 2016

A partire dal periodo d’imposta in corso alla data del 31 dicembre 2016 e ai periodi successivi, gli accertamenti devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione. Nei casi di omessa presentazione della dichiarazione o di presentazione di dichiarazione nulla, l’accertamento può essere notificato entro il 31 dicembre del settimo anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata.

Mimma CocciufaTonino MorinaEsperti fiscali del Sole 24 – Ore

a Cognita Design production
Torna in alto