Agenzia delle Entrate. Accertamenti: il Fisco mette la parola fine alla proroga a cascata, causa Covid

Per gli atti impositivi in scadenza ordinaria al 31 dicembre, l’agenzia delle Entrate, recependo l’orientamento univoco dei giudici tributari, cancella il prolungamento di 85 giorni.

Francofonte, 15 marzo 2024. Il Fisco si “ravvede” e fa marcia indietro sulla proroga di 85 giorni, causa Covid e sul conseguenziale doppio differimento dei termini per l’accertamento. Stop ai tempi supplementari per gli accertamenti in scadenza ordinaria al 31 dicembre. Per questo, l’agenzia delle Entrate di Roma, correggendo una precedente direttiva di fine febbraio 2024, invita gli uffici a non considerare più questa proroga. L’agenzia delle Entrate recepisce quindi l’orientamento univoco dei giudici tributari di primo grado che hanno bocciato gli accertamenti in scadenza il 31 dicembre 2022, ma che gli uffici hanno notificato nel 2023, applicando la cosiddetta proroga a cascata di 85 giorni, che, invece, doveva valere solo per l’anno 2020. Gli uffici dovranno ora programmare le attività di controllo in modo da attivare e concludere i procedimenti impositivi entro i termini “ordinari” di decadenza, evitando di avvalersi dei differimenti previsti dalla norma vigente (esempio, articolo 67, comma 1, decreto legge 17 marzo 2020, n.18, articolo 5, comma 3-bis, decreto legislativo 19 giugno 1997, n.218).

I termini ordinari per l’accertamento: Per legge, a partire dal periodo d’imposta in corso alla data del 31 dicembre 2016 e ai periodi successivi, gli accertamenti devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione. Nei casi di omessa presentazione della dichiarazione o di presentazione di dichiarazione nulla, l’accertamento può essere notificato entro il 31 dicembre del settimo anno successivo a quello in cui la dichiarazione si sarebbe dovuta presentare. Questo significa che, per gli accertamenti relativi all’anno 2017, in presenza di dichiarazione regolarmente presentata, il termine per l’accertamento è scaduto il 31 dicembre 2023 e, pertanto, gli uffici non dovranno più applicare la tanto contestata proroga a cascata di 85 giorni, causa Covid.

L’interpretazione del Fisco bocciata dai giudici

Occorre ricordare che la disciplina ordinaria della decadenza dal potere impositivo è stata modificata durante il periodo emergenziale di Covid-19: il decreto legge “Cura Italia” ha concesso più tempo agli uffici per svolgere l’attività di accertamento, stabilendo la sospensione dei termini per 85 giorni. Questo ha comportato lo slittamento in avanti dei termini di decadenza, per un periodo corrispondente. Il risultato è che il termine di decadenza per gli atti in scadenza al 31 dicembre 2020 (l’anno Covid) è stato posticipato al 26 marzo 2021. Purtroppo, secondo l’agenzia delle Entrate, per le annualità dal 2016 in poi, doveva operare lo stesso differimento dei termini di decadenza che, perciò era applicabile anche per tutte le annualità nelle quali l’attività di controllo era in corso. Dunque, per l’agenzia delle Entrate, la proroga era valida fino al 2018 compreso (per il 2019 no, in quanto erano ancora aperti i termini di presentazione della dichiarazione).
L’agenzia delle Entrate ha infatti affermato, nel corso delle risposte date in occasione di Telefisco 2022” del Sole 24 – Ore, che il termine di decadenza dell’anno di imposta 2016, per i contribuenti che avevano presentato la dichiarazione, scadeva il 26 marzo 2023 anziché il 31 dicembre 2022. Anche con la risposta al quesito 5.9, contenuta nella circolare 11/E del 6 maggio 2020, ha affermato che il periodo di sospensione del potere di rettifica (e, dunque, la proroga di 85 giorni rispetto all’ordinaria scadenza del 31 dicembre) si applica anche se il termine di prescrizione o decadenza sospeso scade dopo il 2020.
Per l’agenzia delle Entrate, questo avrebbe dovuto comportare che la proroga di ulteriori 85 giorni si doveva applicare a cascata, non solo al periodo d’imposta 2015 – in caso di presentazione di dichiarazione – e 2014 – in caso di omessa dichiarazione – i cui termini di decadenza e prescrizione scadevano entrambi nel 2020, ma anche ad altri periodi d’imposta i cui termini non scadevano nel 2020, ma sono “di passaggio”– vale a dire per gli anni d’imposta 2016, 2017 e 2018.

Fisco bocciato. I giudici bocciano la proroga di 85 giorni. Come si è detto, la proroga a cascata di 85 giorni è stata più volte bocciata dai giudici tributari. Ad esempio, per la Corte di giustizia di primo grado di Latina, sentenza 974/2023, depositata il 25 ottobre 2023, la cosiddetta “proroga generalizzata” di 85 giorni è irragionevole e illogica, perché vale solo in relazione all’anno colpito dall’evento eccezionale Covid 19, cioè il 2020, e, pertanto, deve essere annullato l’accertamento notificato il 23 marzo 2023, relativo al 2016, il cui ordinario termine scadeva il 31 dicembre 2022. Dello stesso parere sono i giudici di primo grado di Prato, con la sentenza 87/2/23 del 31 ottobre 2023. Deve essere quindi annullato l’accertamento notificato il giorno 8 marzo 2023, essendo superato il termine di scadenza del 31 dicembre 2022. Nello stesso senso, anche la sentenza n.890/6/222 del 21 novembre 2022, dei giudici di primo grado di Torino. Al riguardo, si veda l’articolo pubblicato su Globus Magazine del 5 gennaio 2024 “Agenzia delle Entrate. Fisco bocciato: annullati gli accertamenti notificati nel 2023, dopo i termini di legge.

Cancellata anche la proroga di 120 giorni

Con la cancellazione della proroga di 85 giorni, causa Covid, che non deve essere più considerata, scompare anche la conseguente proroga dei 120 giorni. Viene quindi “superata” l’errata interpretazione in base alla quale l’Agenzia delle Entrate intendeva “regalarsi” una doppia proroga di complessivi 205 giorni (85 più 120), ai quali occorreva aggiungere anche i 60 giorni per il contraddittorio. Per gli accertamenti e per gli altri atti impositivi, con decadenza ordinaria della notifica al 31 dicembre 2023, che devono essere preceduti, a pena di annullabilità, dal contraddittorio obbligatorio, l’agenzia delle Entrate intendeva quindi beneficiare sia della proroga di 85 giorni causa Covid, sia dei 120 successivi alla scadenza del contraddittorio (si veda l’articolo pubblicato su Globus Magazine del 3 marzo 2024 “Agenzia delle Entrate. Per il Fisco, i termini per gli accertamenti beneficiano di una doppia proroga”). Superata questa errata interpretazione, a seguito dei nuovi chiarimenti forniti dall’agenzia delle Entrate, gli uffici devono ora programmare bene e in tempo le attività di controllo, per concludere i procedimenti accertativi entro i termini “ordinari” di decadenza, evitando di avvalersi dei differimenti causa Covid.

L’atto di indirizzo del 29 febbraio 2024: Le nuove indicazioni dell’agenzia delle Entrate si sono rese necessarie con l’atto di indirizzo del 29 febbraio 2024, a firma del vice ministro dell’Economia e delle Finanze Maurizio Leo e del capo dipartimento delle Finanze Giovanni Spalletta. In particolare, nei casi di inviti all’adesione riferiti a periodi d’imposta per i quali sono imminenti i termini di decadenza dell’azione di accertamento, se gli uffici hanno emesso un invito al contraddittorio per comunicare lo “schema di atto” previsto dal nuovo comma 2 dell’articolo 6-bis “principio del contraddittorio” della legge 212/2000, statuto dei diritti del contribuente, dovranno tempestivamente, e, in ogni caso, prima della notifica dell’accertamento, comunicare formalmente al contribuente la non applicabilità delle previsioni recate dal predetto articolo 6-bis, fino all’emanazione dell’apposito decreto ministeriale.

I chiarimenti del Fisco: Per gli inviti all’adesione riferiti a periodi di imposta per i quali non sono imminenti i termini di decadenza dell’accertamento, gli uffici comunicheranno al contribuente, anche in sede di contraddittorio, la non applicabilità delle previsioni di cui al predetto articolo 6-bis dello Statuto dei diritti del contribuente. Nel caso in cui non si addivenga ad un’adesione, pur essendosi instaurato il contraddittorio, prima di emettere l’eventuale atto impositivo, gli uffici devono attendere almeno 60 giorni dall’invio dell’invito integrato con lo schema d’atto. Per gli atti per i quali non è attivabile la procedura di adesione, quali atti di contestazione, atti di recupero crediti, eccetera, rispetto ai quali è stato inviato l’invito integrato con lo schema d’atto, gli uffici, prima di procedere alla notifica dell’atto impositivo nei termini di decadenza, comunicheranno al contribuente, in modo formale e con la dovuta tempestività, la non applicabilità delle previsioni recate dall’articolo 6-bis dello Statuto dei diritti del contribuente.
Infine, se tra l’invio dell’invito con lo schema d’atto e la notifica dell’atto passano più di 60 giorni, nel corso dei quali il contribuente non ha aderito all’invito a instaurare il contraddittorio, gli uffici, fino all’emanazione del decreto ministeriale di cui al richiamato comma 2 dell’articolo 6-bis dello Statuto, notificheranno l’atto impositivo senza necessità di altri adempimenti. In ogni caso, gli uffici devono valutare le osservazioni formulate dai contribuenti in sede di contraddittorio, precisando nella motivazione degli atti impositivi le ragioni per le quali hanno ritenuto di non accogliere in tutto o in parte le predette osservazioni.
Se gli uffici non hanno ancora notificato lo schema d’atto sulla base delle indicazioni fornite in precedenza, prima di notificare l’atto impositivo, devono inviare, se applicabile, l’invito all’adesione a norma del decreto legislativo 19 giugno 1997, n.218. Fatte salve le ipotesi di urgenza o indifferibilità o pericolo per la riscossione, se il procedimento di adesione non si perfeziona, si devono attendere almeno 60 giorni prima di emettere l’eventuale atto impositivo. Dopo la notifica dei processi verbali di constatazione, gli uffici devono sempre invitare i contribuenti all’adesione, attivando gli istituti previsti dal decreto legislativo 19 giugno 1997, n.218, cioè dall’accertamento con adesione, cosiddetto concordato a regime.

Confusione ai massimi storici: In conclusione, va detto che, al momento, tra proroghe Covid si, proroghe Covid no, novità legislative, atto di indirizzo, direttive emanate in un modo e poi corrette, la confusione è ai massimi storici. Una cosa è certa: la gente è stanca di sentire annunciare continue “semplificazioni” che, alla prova dei fatti, sono nuove complicazioni.

Mimma Cocciufa e Tonino Morina – Esperti fiscali del Sole 24 – Ore

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