Intervista “a cuore aperto” con Giulia D’Anca, autrice della silloge poetica “Vicino a me”

Abbiamo bisogno di circondarci d’arte!

“…ogni poesia è misteriosa; nessuno sa interamente ciò che gli è stato concesso di scrivere. La triste mitologia del nostro tempo parla della subcoscienza ovvero, ciò che è anche meno piacevole, del subconscio; i greci invocavano la musa, gli ebrei lo Spirito Santo; il senso è lo stesso.”  Jorge. Luis. Borges (Argentina 1899-1986). Desidero aprire questa intervista con un pensiero del poeta Borges che racchiude quello che per me è il senso di “fare poesia”. La mia raccolta poetica “Vicino a me” e, nello specifico, le poesie che figurano all’interno del progetto “Arte in poesia” ideato dalla pittrice Giusy Mintendi  con la collaborazione dell’attrice Loredana Marino e del musicista Loris Amato – e realizzato da Giuseppe Giglio, alternano speculazioni “interiori” a speculazioni rivolte verso il mondo esterno. Il concetto di prossimità a se stessi, di conoscenza del proprio sé è di fondamentale importanza per comprendere l’intenzione latente insita nell’atto di scrittura e nel messaggio da me veicolato in qualità di autrice: l’ascolto di se stessi come chiave dell’ascolto degli altri.  L’altro aspetto scandagliato attraverso i versi poetici è, invece, rappresentato da quel mondo esterno che assume le forme della natura, delle immagini cerebrali interiori tradotte in parole che richiamano ambienti e contesti tangibili. Le parole dunque provano a replicare in maniera simbolica tutto l’universo vissuto o immaginato dall’autrice, fungendo da gancio psichico che provoca il fruitore attento, attraverso una concatenazione di slanci emotivi; attraverso il dispiegamento di un’espressività legata alle emozioni, ai sentimenti, alle sensazioni, ai conflitti interiori. Scopo della mia poesia allora come dell’arte non è solo quello di creare necessariamente nuovi significati quanto quello di evocare significati, in virtù della forza del significante, ovvero della morfologia delle parole. La mano invisibile dell’ispirazione ci ricorda la vicinanza ontologica dell’inconscio col divino, o con la nostra parte divina, con il daimon, quella forza vitale primaria interiore che guida come una scheggia impazzita il processo creativo come un atto impetuoso e fluido al contempo, catartico, fertile. Da qui il concetto di sublimazione, sublimazione della vita interiore e delle sue dinamiche di funzionamento. La scrittura nasce perciò da una rielaborazione mentale – se vogliamo inconsapevole -, da un immagazzinamento o assorbimento delle immagini e dei versi poetici di altri autori che solleticano la nostra creatività e la nostra interiorità. Fortissima è la volontà di esplorare la condizione esistenziale dell’uomo, come hanno fatto tutti i più grandi poeti, attraverso l’introspezione interiore e attraverso la dimensione essenziale del lemma; per tal motivo si è prediletto un allontanamento dallo stile prosastico, per far emergere la potenza folgorante della parola e la pregnanza semantica dell’etimo.

L’ascolto di se stessi la comprensione di se del proprio alter ego per sopportare gli altri per capire gli altri per amare gli altri per aiutare gli altri …un concetto molto profondo che ha le sue radici nella psicologia che fu enunciata dai grandi pensatori del passato e che oggi è ancora attuale. Che cosa ha da aggiunger gentile Giulia?

“La mia curiosità è sempre stata rivolta alle dinamiche psichiche come valori fondanti del funzionamento dell’ambiente sociale e dunque, un po’ per formazione culturale/accademica, un po’ per motivazione personale, mi sono affacciata con grande interesse alla psicoanalisi freudiana e a tutte le derivazioni ad essa connesse. Sono rimasta molto colpita dalle riflessioni dello psicanalista americano James Hillman ad esempio, dalla sua esposizione del concetto di daimon ovvero la nostra vocazione più intima e nascosta che sotto forma di talento e tormento spinge verso la superficie delle cose per vedere la luce. L’uomo è chiamato dunque a riconoscere quella voce recondita e a darle nobilmente forma”.

Quante poesie contiene il suo libro dal titolo “VICINO A ME” che è stato presentato nel 2020?

“La mia silloge contiene 46 poesie brevi. La brevità è una scelta stilistica, s’intende”.

Se dovesse scegliere una sua poesia che piu’ rappresenta l’animo umano quale sceglierebbe e perché?

Ricollegandomi a quanto detto poco sopra, sceglierei questa poesia: E’ meglio vivere e soffrire che chiudersi fittamente, senza sentir niente, l’aria, il vento, il ventre. Gli incendi dell’anima  siano benedetti; nulla abitano pur abitando. Nulla ascoltano pur udendo. Eppure il mistero ci agguanta e ci mostra la bellezza nascosta delle cose! Questa poesia “Sentire”, assieme a tante altre poesie della silloge, rappresenta proprio l’idea di slancio che ogni anima dovrebbe percepire e sperimentare su di sé per poter dire di aver assolto alla sua funzione di guida nella vita di ogni uomo. La chiave per vivere pienamente la vita è quella di bruciare, sporcarsi le mani, spingere i propri limiti sempre più in avanti, mettendo da parte la paura del fallimento, la paura del dolore; da qui l’accettazione di sé e delle proprie imperfezioni. I percorsi umani sono fatti di errori, di indecisioni, di tortuosità, e non per questo perdono la loro irrimediabile bellezza”.

Potrebbe descrivere dei versi che lei ha pensato e parlano  profondamente di chi è lei e che messaggi vuole dare a chi la legge?

“Non posso dire che sia solo una singola poesia a rappresentarmi più delle altre. Il flusso di coscienza si compone dei frammenti poetici in forma di versi ma si ripristina in un discorso unitario e segmentato solo nella forma. Tuttavia la poesia “Vicino a me”, che dà anche il titolo alla raccolta, potrebbe in qualche modo rappresentare la “summa” del mio pensiero: le voci, i flussi di pensiero, l’anima che si rispecchia e a volte stenta a riconoscere se stessa per assumere nuovi profili e sfaccettature. La vicenda personale di ognuno di noi è un viaggio alla ricerca del proprio demone buono al fine di raggiungere la tanto agognata felicità. Per usare un concetto caro ad Aristotele : la felicità, in greco “eudaimonia”,  ovvero la buona riuscita dei propri “talenti e tormenti”. Questo, dunque, è il mio messaggio per i lettori: ricercare la propria felicità dentro se stessi e mai al di fuori”.

Come è nata l’amicizia con la pittrice Giusy Mintendi e che progetti futuri artistici state organizzando?

“Conosco Giusy da diversi anni grazie all’intercessione di un amico comune. Era stata ospite di un mio concerto, ci siamo presentate e siamo entrate subito in grande empatia. Da lì, grazie soprattutto alla connessione virtuale e all’uso delle piattaforme “social” siamo rimaste in contatto, ed è durante il periodo appena trascorso – forzatamente – in casa che ho sviluppato con lei l’idea di proporre un connubio tra le arti visive e la poesia. Abbiamo intenzione di collaborare ancora, allo scopo di favorire un continuo e fluido discorso d’arte con la A maiuscola. Agganceremo ancora una volta queste belle energie creative”.

Che rapporto ha con DIO; nelle sue poesie che valori stigmatizza?

“Credo in Dio e credo nelle forze invisibili dell’universo. Credo nel grande scambio di energie che diamo e riceviamo dal cosmo. Nonostante in alcuni momenti abbia dubitato dell’esistenza di un’“entità divina”, o del senso stesso della nostra esistenza sulla Terra in qualità di uomini, ho grande fiducia in Dio. Sono una persona molto spirituale ed è difficile che non riesca a trovare una giusta collocazione alle cose, e/o un loro profondo significato, al di là della superficie e delle apparenze. Stigmatizzo tutto ciò che si presenta come strutturato, impuro, preconfezionato.  Basti pensare alla pesantezza delle etichette sociali, dei ruoli sociali predeterminati, all’infelicità che deriva dal vivere una vita che appare a noi come nostra ma che in realtà nostra non lo è affatto. Dunque, non c’è cosa più bella di assecondare l’eco instancabile del nostro inconscio, e saziarlo sempre”.

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