Un’analisi sulla costituzionalità del bis storico al Quirinale

ROMA –  In una nota appena diramata da Alberto Lucarelli, il professore di diritto pubblico alla Federico II di Napoli nonché assessore della città  ai beni comuni, pone una riflessione sulla rielezione di Giorgio Napolitano alla Presidenza della Repubblica al di là della legittimità del puro dato formale.

Solo qualche giorno fa non erano arrivati segnali dal Colle sulla disponibilità del Presidente in carica a restare al Quirinale. I fatti recenti e l’infantilismo del Pd, scisso al suo interno da “traditori”, come lo stesso Bersani ha detto dei suoi dopo le sue dimissioni, ha reso necessario, come si fa a scuola con una classe di scalmanati, misure urgenti. In questo caso l’autorità del padre si è intravista nel Presidente Napolitano, rieletto nel bis storico a larga maggioranza.

Un uomo di Stato autorevole, con un’ agenda “saggia” già fissata prima della fine del mandato per il suo successore. Un mandato che durerà non più di un anno. Un escamotage inedito e inusuale per cavalcare la crisi, secondo Grillo, per rubare tempo, una sorta di: “un golpettino per salvare Pd E Pdl”.

La nota di Alberto Lucarelli sulla rieleggibilità del Presidente:

“Il nostro sistema costituzionale prevede che il Capo dello Stato sia un soggetto politicamente irresponsabile. La sua rielezione sostanzialmente viola tale principio. Effettivamente l’art. 85 della Costituzione, non contiene alcun limite alla possibilità che il presidente alla fine del suo mandato venga rieletto, anche se in sottocommissione in Assemblea Costituente si era deliberato che il mandato non fosse rinnovabile, proprio perchè inerente ad un soggetto politicamente irresponsabile.

Il limite alla rieleggibilità si giustifica dall’esigenza di uno svolgimento più corretto ed imparziale delle sue funzioni. La rieleggibilità al contrario può significare il riconoscimento di una responsabilità politica e dunque della titolarità illegittima di poteri politici autonomi.

Una parte della dottrina ritiene in tal senso che si sia formata una sorta di convenzione costituzionale che impedisca la rielezione. A favore della tesi di non rieleggibilità gioca anche la lunga durata dell’incarico, in caso di rielezione il presidente resterebbe in carica quattordici anni che nella vita istituzionale può essere considerato un periodo troppo lungo.

Considerando inoltre che il presidente ha negli anni di fatto assunto un ruolo politico forte anche oltre la Costituzione stabilire la sua rieleggibilità suscita molte preoccupazioni”.

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