Replica alle dichiarazioni sul Teatro Stabile di Catania rilasciate da Laura Sicignano

Tra gli oltre 30 firmatari, spiccano i nomi di Pippo Baudo, Leo Gullotta, Tuccio Musumeci, Pippo Pattavina, Romano Bernardi e Antonio Calenda.
E’ con autentico sconcerto che abbiamo letto l’intervista rilasciata il 3 gennaio al “Corriere della Sera” da Laura Sicignano, in atto direttrice artistica del Teatro Stabile di Catania, prestigiosa istituzione di cui sembra tuttavia ignorare storia e valore. Sconcerto innanzitutto per le parole offensive e vergognose con le quali la Sicignano ha voluto etichettare i catanesi, definendoli “estremamente espansivi, cerimoniosi, a volte chiacchieroni”, dove nell’avverbio “estremamente” è racchiuso tutto il fastidio per i suddetti comportamenti. Sicignano riprende, così, lo stereotipo dei meridionali perditempo e “chiacchieroni”, che non badano all’essenzialità, come invece dice di fare lei: “bado ai fatti più che alle parole… voglio ottimizzare i tempi”. Insomma il solito luogo comune dei settentrionali efficienti, al contrario dei meridionali pigri e indolenti, ma soprattutto incapaci, evocando strumentalmente il “gattopardismo”.
È davvero incredibile che una persona che ricopre un ruolo pubblico – peraltro in un settore quale quello teatrale, che per definizione dovrebbe svolgere un fondamentale ruolo educativo, di formazione e perseguire obiettivi di inclusione sociale – possa fare dichiarazioni di una rozzezza e di una arroganza simili.
Benché il vizio di parlar male dei predecessori sia praticato da molti politicanti, non si può accettare l’abitudine costante della Sicignano (non è la prima volta che fa queste esternazioni) di sminuire o addirittura demolire quanto è stato fatto prima del suo arrivo. Bisognava aspettare una “continentale” per scoprire che i 60 anni di storia gloriosa dello Stabile non valevano niente e che solo negli ultimi 3 anni, quelli della sua direzione, sono stati rivoluzionati tutti i canoni estetici!  Finalmente adesso i nuovi registi, fra cui lei stessa con un evidente conflitto di interesse, hanno capito che bisognava rinnovare i “linguaggi artistici fermi agli anni Cinquanta”.
Peccato che tutti quelli che hanno preceduto la Sicignano, grandi direttori, registi e attori, non l’abbiano capito. Così, con buona pace per loro, bisognerebbe dimenticare (la damnatio memoriae è un antico vizio del potere) i padri fondatori del teatro come Mario Giusti, Turi Ferro, Umberto Spadaro, Michele Abruzzo, Rosina Anselmi, Ida Carrara, Ave Ninchi, Giuseppe Di Martino, Pippo Baudo, Tuccio Musumeci, Romano Bernardi, Fioretta Mari, Pippo Pattavina,  e quelli  che negli anni successivi, per oltre mezzo secolo, li hanno seguiti e rilanciato la loro arte e il loro operato. Tutti quelli, insomma, fra registi e attori, che hanno lavorato a lungo con e nel Teatro catanese, come – senza essere esaustivi – Salvo Randone,  Giorgio Strehler, Anton Giulio Bragaglia, Peter Brook, Mario Missiroli, Franco Enriquez, Paola Borboni, Pino Caruso, Leo Gullotta, Mariella Lo Giudice, Mario Ferrero, Lamberto Puggelli, Eugenio Barba, Tonino Calenda, Miko Magistro, Walter Pagliaro, Armando Pugliese, per approdare ai nuovi linguaggi (ma forse no?) di Luigi Lo Cascio, Emma Dante, Vincenzo Pirrotta, Davide Enia e Scimone e Sframeli, per citare solo i siciliani, i quali non si erano accorti, fino all’arrivo della nuova direttrice,  che i loro linguaggi artistici,  quando lavoravano per lo Stabile, venivano uniformati a quelli degli anni Cinquanta. Mentre, nonostante ciò, lo Stabile catanese mieteva successi in tutto il mondo. Per non parlare di scrittori come Leonardo Sciascia, Gesualdo Bufalino, Vincenzo Consolo, Pippo Fava, Dacia Maraini, Andrea Camilleri, Vincenzo Cerami, o di musicisti come Angelo Musco junior, Germano Mazzocchetti, Nicola Piovani, che hanno collaborato a lungo con lo Stabile etneo. Forse tutti questi artisti e intellettuali condividevano il pensiero di un regista veramente rivoluzionario come Eugenio Barba, che a proposito del teatro diceva “il destino è nelle origini”.
Non si può certo dimenticare, inoltre, che lo Stabile di Catania aveva una Scuola d’Arte drammatica fra le più antiche e importanti d’Italia: voluta da Mario Giusti nel 1966 e chiusa definitivamente con l’arrivo della Sicignano. La stessa, peraltro, “dimentica” i rapporti istituzionali dello Stabile con l’Università di Catania e l’Università Cà Foscari di Venezia e con le Scuole di ogni ordine e grado realizzati con apposite convenzioni fin dagli anni ’70, attività su cui esiste precisa documentazione che l’attuale gestione, con un atto gravissimo,  ha cancellato dall’archivio del sito.
Un’ultima notazione va fatta sul risanamento finanziario del teatro, merito che la direttrice si attribuisce impropriamente, dal momento che la ristrutturazione del debito è stata realizzata molto prima della sua nomina. L’operazione, avviata dal Consiglio di Amministrazione che ha preceduto quello attuale, è stata infatti completata con successo con il ricorso alla procedura di sovraindebitamento, grazie all’opera del Commissario nominato dalla Regione Siciliana. Solo dopo la fine del regime commissariale si è insediato il nuovo Cda, tuttora in carica, che ha nominato la Sicignano. Com’è possibile, allora, che la stessa diffami così il teatro che è stata chiamata a dirigere e la città che la ospita? O la Sicignano non conosce la storia dello Stabile di Catania o la vuole fare dimenticare. In entrambi i casi il risultato è assolutamente allarmante.
Pippo Baudo
Leo Gullotta
Tuccio Musumeci
Romano Bernardi
Pippo Pattavina
Antonio Calenda
Germano Mazzocchetti
Ezio Donato
Ottavio Cappellani
Alessandra Cacialli
Sebastiano Tringali
Concita Vasquez
Elisabetta Carta
Pietro Montandon
Angelo Tosto
Fulvio D’angelo
Vitalba Andrea
Francesco Randazzo
Franco Sciacca
Filippo Brazzaventre
Matilde Piana
Margherita Mignemi
Agostino Zumbo
Rossana Bonafede
Debora Bernardi 
Rosario Petix
Riccardo Maria Tarci
Carlo Ferreri
Carmela Buffa Calleo
Evelyn Famà
Bruno Torrisi
Maria Rita Sgarlato
Raffaella Bella
Nicola Costa
Giampaolo Romania
Franz Cantalupo
Pasquale Platania
Maria Anselmi
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