Olio di palma, l’oro delle industrie più in voga del momento

Terreni disboscati, animali a rischio estinzione e danni alla salute umana. In allarme ambientalisti e nutrizionisti. 

Viene prodotto a basso costo, resiste meglio alle temperature e all’irrancidimento ed è utilizzato come ingrediente in numerosi prodotti alimentari, cosmetici, per l’igiene personale e come biocarburante: si tratta del tanto discusso olio di palma, un grasso vegetale saturo non idrogenato che si ricava dalla pianta della palma. Il suo principale componente è l’acido palmitico che contiene 16 atomi di carbonio. In seguito alla sua estrazione, l’olio di palma viene trattato per essere poi impiegato principalmente dalle industrie alimentari.

Dopo essere stato sottoposto a processi di cristallizzazione si ottiene un’oleina liquida e mediante una tecnica di raffinazione per liquefazione si rimuovono tutte le impurità, ottenendo in questo modo un olio filtrato e sbiancato, povero di omega3 e composto per il 49,3% da grassi saturi. La procedura per ottenere quest’olio va in contro a costi molto bassi e proprio per questo motivo è stato ampiamente utilizzato dalle multinazionali a partire dagli anni Novanta.

Una produzione che è diventata nel tempo un vero e proprio business, alimentato da molte ombre, che ha origine in Indonesia, paese produttore del 90% di olio di palma consumato nel mondo. Per fare posto alle piantagioni della palma, e ottenere così ingenti quantitativi di olio, vengono distrutti diversi milioni di ettari di foreste principalmente in Indonesia e in Malesia. Le palme piantate vengono concepite come monoculture, un sistema errato di coltivazione che porta il terreno all’infertilità poiché la terra viene privata del ricambio naturale dei nutrimenti di cui ha bisogno.

Tra il 2000 e il 2013 sono triplicate le coltivazioni della palma e, se si procede di questo passo, entro il 2020 le foreste indonesiane saranno totalmente distrutte. Questa situazione porta inevitabilmente a due pericolose conseguenze ambientali: la desertificazione, dovuta all’impoverimento del suolo, e la deforestazione, logica conseguenza del disboscamento. Indonesia e Malesia non sono le uniche protagoniste di questo fenomeno, ma anche altri paesi hanno ceduto i loro terreni  alle multinazionali per la coltivazione della palma e sono: Papua Nuova Guinea, Honduras, Brasile, Costa D’Avorio, Gabon.

Ciò provoca devastanti conseguenze anche per la biodiversità presente in questi territori come oranghi, tigri ed elefanti, specie in via di estinzione che periscono insieme al loro habitat naturale. Senza contare che l’economia locale, basata in parte sulla coltivazione di riso, tè e caffè, viene colpita duramente a causa degli incendi delle foreste.

La drammatica emergenza ambientale è il motivo per cui l’olio di palma è fortemente osteggiato dagli ambientalisti: importante è stato il contributo di Greenpeace che ha mandato alcuni suoi membri a sorvolare la provincia di Kalimantan, nel Borneo, per documentare lo scempio della deforestazione.

Insieme agli ambientalisti anche i nutrizionisti stanno lanciando un campanello d’allarme riguardo il consumo dell’olio di palma. Infatti se ingerito in quantità eccessive, provoca danni al cuore, ai vasi sanguigni e innalza il tasso di colesterolo. Per queste ragioni i grassi saturi andrebbero assunti con moderazione, e le calorie derivanti non dovrebbero superare il 10% di quelle giornaliere, ma il punto fondamentale della questione è che l’olio di palma è estremamente diffuso in molti prodotti alimentari. Solo di recente, secondo la legge sulle etichette alimentari entrata in vigore il 14 dicembre 2014, le industrie hanno specificato sulle confezioni se i loro prodotti contengono o meno olio di palma, dando finalmente la possibilità di scelta al consumatore.

Prima di questa legge le industrie ne segnalavano la presenza con la vaga dicitura “oli vegetali”, tacendo in questo modo quanto fosse diffuso il suo effettivo utilizzo. Con questo sistema le industrie hanno spinto verso un enorme consumo dell’olio di palma, puntando su informazione poco trasparente. Infatti nel 2014 in Italia il consumo dell’olio di palma è aumentato del 24%. Basta guardare le etichette dei prodotti alimentari e notare che il contestato ingrediente si trova in biscotti, snak, merendine e craker, solo per citarne alcuni, alimenti consumati dalla maggioranza delle persone, soprattutto bambini.

L’allarmante situazione gira attorno alla produzione di un grasso vegetale con notevoli vantaggi economici che pesano sulle spalle dell’ambiente e della salute umana A tal proposito si rivela propizia la celebre frase del capo indiano Piede di Corvo vissuto due secoli fa: “Quando l’ultimo albero sarà abbattuto, l’ultimo fiume avvelenato, l’ultimo pesce pescato vi accorgerete che non si può mangiare il denaro”. Una citazione di grande attualità che, pur risalendo all’Ottocento, sembrò anticipare lo stato in cui oggi riversa il pianeta.

 
 
 
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