Netflix, “The Social Dilemma”: il documentario sull’influenza dei social nelle nostre vite

Il 26 gennaio 2020, la piattaforma mondiale Netflix ha rilasciato “The Social Dilemma”, un documentario che parla di tematiche attuali, tra le quali i social network e gli impatti che essi provocano nella società odierna.

I social network, nella generazione 2.0, sono diventati uno strumento molto importante, addirittura considerato quasi indispensabile nella vita di tutti i giorni. Molte persone, infatti, preferiscono questi ultimi alla classica e vecchia TV, soprattutto per quanto riguarda l’informazione e le notizie di carattere non solo nazionale ma anche mondiale. Ad esempio, leggere le notizie è sicuramente più semplice e alla portata di tutti, poiché basta un click per trovarle e rileggerle se mai dovessero sfuggirci. A parte ciò, ci sono anche da considerare gli aspetti negativi che si celano dietro la tecnologia, diventata un’arma a doppio taglio. Si tratta di vera e propria assuefazione sulla mente umana e che non ci permette di farne più a meno. Sarebbe difficile pensare a un mondo senza tecnologia, eppure, ancor prima degli anni novanta, si riusciva a vivere benissimo anche senza.

Il sopraccitato documentario si apre con una saggia citazione del filosofo Sofocle, che fa molto riflettere e che recita: «Nulla che sia grande entra nella vita dei mortali senza una maledizione». Parlano alcuni dei dipendenti delle più celebri piattaforme al mondo, come Facebook, Instagram, Twitter, YouTube, Google, ecc. Sono contenti del fatto che abbiano contributo a migliorare e semplificare le nostre vite, ma al contempo anche preoccupati perché molte volte, i social vengono utilizzati in maniera differente da ciò che normalmente ci si aspetta. Concretamente, ci si riferisce perlopiù alla relazione che c’è tra la salute mentale e questi ultimi. La dipendenza ha preso e continua a prendere il sopravvento. I dispositivi elettronici stanno per avere la meglio, creano letteralmente un distacco, un isolamento dalla vita reale, ma non solo! Un altro problema da estirpare è la diffusione delle fake news (ovvero notizie false) che circolano in rete con il proposito di creare confusione e scompiglio. Si passa, così, dall’era dell’informazione a quella della disinformazione e del caos. In questo modo, diventa sempre più difficile riconoscere la verità dalla menzogna. Tristan Harris, designer di Google, spiega come funziona tutto ciò che vi è dietro la tecnologia, perché sapere è un diritto di tutti e non solo degli addetti ai lavori. Egli ricevette, inoltre, molte mail di approvazione e sostegno per questa cosiddetta “rivoluzione” che ha portato avanti.

Il libro scritto da Jaron Lanier, dal titolo “Dieci ragioni per cancellare subito i tuoi account social“, ha riscosso successo ed è stato anche considerato illuminante. L’autore spiega: «Società come Google e Facebook sono tra le più ricche e di successo di tutti i tempi. Hanno relativamente pochi impiegati, hanno solo questo computer gigante che fa soldi a palate.”

L’obiettivo principale è tenere tutte le persone incollate allo schermo e avere il più possibile la loro attenzione. Si pensa che tutti i servizi siano gratis, ed effettivamente noi li utilizziamo in maniera gratuita, ma in realtà vengono pagati dagli inserzionisti. Di conseguenza, noi siamo il prodotto che viene venduto, ossia il profitto. Come spiega Jeff Seibert, dipendente di Twitter, ogni nostra azione su internet viene monitorata e tracciata. Le informazioni che hanno su di noi, sono molteplici e basate su tutte le nostre ricerche. La domanda è: cosa ne fanno di tutti questi dati? Sulla base di essi, vengono costruiti dei modelli accurati che prevedono le nostre azioni future. La tecnologia persuasiva, invece, ci induce a commettere determinate azioni, ad esempio cliccare su link specifici. Questa “manipolazione”, in psicologia viene chiamata “rinforzo positivo intermittente“.

Le aziende come Facebook e Google hanno messo in atto alcuni esperimenti sugli utenti, arrivando a far ciò che vogliono che loro facciano…delle cavie, proprio come ci ha definiti Sandy Parakilas, manager di Facebook e Uber. La dottoressa Anna Lembke, dell’università di Stanford, ci fornisce una spiegazione scientifica: «i social media sono una droga. Il nostro imperativo biologico primario è quello di connetterci con gli altri. Questo influisce direttamente sul rilascio di dopamina nel sistema di ricompensa. Ci sono milioni di anni di evoluzione dietro il sistema che ci spinge a raggrupparci e a vivere in delle comunità, trovare amici, perpetuare la nostra specie. Perciò non c’è dubbio che dei veicoli, come i social media che ottimizzano questa connessione tra le persone, possano potenzialmente creare dipendenza.»

Il documentario dà dunque l’opportunità di conoscere anche altre verità sul mondo della tecnologia, che tutti siamo tenuti a sapere. Non ci resta altro che scoprirle. Buona visione!

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