L’amianto sconvolge ancora l’Italia

“Il lungo viaggio del killer silenzioso tra ieri e oggi”.

Se dovessimo percorrere l’Italia da Nord a Sud troveremmo  tracce di amianto soprattutto nel settore dell’edilizia, a testimonianza dello scellerato utilizzo di questo pericoloso materiale nel corso dei decenni. Malgrado siano stati resi noti i rischi per la salute derivanti dalla lega metallica, l’Italia continua a mostrare un certo ritardo riguardo la bonifica del territorio.

Facendo un salto indietro nel tempo la prima nazione al mondo a riconoscere e ad ammettere la natura cancerogena dell’amianto, basandosi sulla relazione tra l’utilizzo del materiale e la crescita dei tumori, fu la Germania nazista nel 1943. Oltre mezzo secolo fa si conoscevano i rischi di questo materiale, ma l’Italia lo ha impiegato assiduamente nell’edilizia tra gli anni Cinquanta e gli anni Settanta, al punto tale da risultare alla fine degli anni Ottanta il secondo paese produttore di amianto dopo l’Unione Sovietica e il maggiore della comunità europea. L’apice della produzione di amianto viene toccato tra il 1976 e il 1980 con 160 mila tonnellate.

Il risultato è che al 2010, in Italia, si stimano 32 milioni di tonnellate presenti sul territorio nazionale e 50 mila edifici pubblici e privati in cui è presente l’amianto, stando a quanto rilevato dall’Osservatorio Ambiente e Legalità di Legambiente in “Ecomafia 2010”. Oggi si contano 34 mila siti di amianto nel nostro paese, in base ai dati raccolti nel Dossier Amianto Inail, e malgrado sia risaputa la sua
pericolosità esso viene ancora estratto, lavorato e prodotto in diversi paesi, molti dei quali in via di sviluppo: Russia, Cina, Kazakhistan, Brasile, Canada e Zimbawe.  

Se l’amianto è causa di tumori perché vi è stato un abuso di questo materiale? La risposta risiede nelle sue caratteristiche che lo hanno reso adatto soprattutto per la costruzione di edifici, infatti l’amianto è noto per essere particolarmente resistente alle alte temperature ed anche all’abrasione, all’usura, agli agenti chimici e biologici. Tuttavia le polveri di questo materiale se vengono inalate provocano danni irreversibili alla salute.

Secondo i dati raccolti dall’Osservatorio Nazionale Ambiente e Legalità, la rete di Legambiente contro la criminalità ambientale, l’Italia presenta un grande ritardo nella bonifica del territorio nazionale. In parte, questo ritardo è dovuto alla lentezza burocratica e in parte all’illegalità che è riuscita ad inserirsi nel sistema delle bonifiche, settore delle politiche ambientali attorno al quale ruotano grandi giri di affari.

Se guardiamo da vicino la Sicilia, in particolare l’area del catanese non è immune alla presenza di amianto e le zone maggiormente colpite sono i quartieri periferici della città e soprattutto il centro storico, reduce da decenni di costruzioni abusive. Le zone “incriminate” sono: Monte Po, dove è presente un terreno di proprietà della Sidra con la presenza del temuto materiale, un sito che risale agli anni Settanta; Via Lisi con presenza di lastre di amianto abbandonate; a Fiumefreddo è stata sequestrata l’ex cartiera keyes, situata in prossimità di un’oasi naturalistica; e ancora il lido “The King Vacans” a Vaccarizzo nelle vicinanze  dell’oasi del Simeto; infine conclude questo tour dell’amianto il centro storico catanese caratterizzato da numerose abitazioni risalenti a cinquant’anni fa frutto di dell’abusivismo edilizio.

In Italia l’amianto è fuorilegge dal 1992, ma tutt’ora ne rimangono evidenti tracce. Quello dipinto è un panorama particolarmente preoccupante del nostro bel paese che necessita al più presto di una bonifica mirata e repentina libera da complicazioni burocratiche e giri d’affari illegali.

 
 
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