Intervista alla professoressa Michela Di Dio: oggi si parla di femminicidio!

Si stima che una donna su tre almeno una volta della sua vita è stata vittima di disturbi a livello sessuale e il più delle volte dall’ex partner o dall’ex marito.

A volte molti uomini… uomini?… riservano alle donne un senso di possesso che va al di la di ogni possibile immaginazione. Quante volte abbiamo sentito la frase: “questa donna è mia!”. Sia vittime che autori potrebbero far parte della nostra cerchia familiare, amicale, intima. Non dobbiamo dimenticare, tuttavia, che il fenomeno della violenza esiste anche per gli uomini: molte le donne violente che riescono perfino ad uccidere il loro ex fidanzato o marito… la violenza domestica però colpisce, nella maggioranza dei casi, le donne, quando queste sono madri, anche i loro figli che, a loro volta, diventano vittime di violenza sia verbale che fisica. Noi, che ottimisti sempre, pensiamo che dalla violenza si può uscire ed è possibile liberarsi dalla violenza con il giusto supporto. La violenza non è mai giustificata ed è colpa soltanto di chi la subisce e non di chi agisce. Bisogna riconoscere le difficoltà che le donne cercano di esprimere e comprendere la loro dolorosa situazione che vivono giorno dopo giorno sulla loro pelle… Oggi per Globus Magazine intervistiamo la professoressa Michela Di Dio che esprimerà il suo parere in merito al suddetto argomento.

Professoressa si presenti ai lettori di Globus?

“Sono la professoressa Michela Di Dio. Ho 52 anni e sono docente di lettere attualmente in assegnazione in un istituto agrario. Io ho avuto la fortuna di avere degli ottimi insegnanti che – come la stragrande maggioranza dei docenti – hanno avuto a cuore anche la formazione del pensiero critico e del senso civico. Per me, come ho già detto in altre occasioni, sono stati un esempio importante e spero di continuare anch’io, come docente, questo percorso con i miei alunni. Il mio desiderio, fin da bambina, era diventare un’insegnante. Ci sono riuscita. Da docente, da cittadina e come madre reputo che sia un compito doveroso – da parte di ciascuno di noi – cercare di consegnare – alle giovani generazioni una società migliore, soprattutto in questo delicato e complicato periodo storico. Per un’esperienza vissuta nel quartiere dove sono cresciuta mi sono spesso occupata di tematiche d’impegno civile”.

Secondo Lei, dal momento che ogni giorno ha contatti con tanti ragazzi e ragazze, perché i giovani hanno pochi valori?

“Da docente lamento un disinteresse crescente nei ragazzi e nelle ragazze per l’apprendimento autentico e un uso spasmodico all’uso del cellulare in classe e non. Non sono contraria all’uso delle tecnologie e soprattutto sono favorevole – come tutti i docenti – all’utilizzo delle stesse come facilitatori di apprendimento. Purtroppo, sicuramente, a causa di tante interferenze – di varia natura – i ragazzi utilizzano il cellulare in classe senza alcun limite prestando attenzione a video insignificanti trovati sulle varie piattaforme digitali. In classe – spesso – risulta difficile riuscire a distogliere il loro interesse da questi apparecchi e dirigerlo all’acquisizione di conoscenze e competenze. Come detto prima non sono contraria all’uso delle tecnologie in classe ma reputo che vadano ulteriormente regolamentate anche con una maggiore sollecitazione da parte delle famiglie, da parte del ministero, che comunque ha già posto in essere un regolamento. Purtroppo i ragazzi non riconoscono più l’autorevolezza delle figure di riferimento, continuando a distrarsi, a sottovalutare ciò che noi docenti consigliamo. Forse un uso regolamentato anche a casa potrebbe aiutarci a raggiungere quest’obiettivo così ostico nel loro esclusivo interesse”.

Un tema molto attuale… purtroppo è il femminicidio, un termine che è stato coniato e che tutti ormai conoscono. Ogni anno molte donne vengono uccise e a volte anche in modo barbaro. Che fare contro questo cancro sociale?

“Un tema che ho particolarmente a cuore è la piaga del femminicidio che ormai è quotidiana. Spesso mi chiedo come sia possibile questa involuzione in una società che si definisce evoluta. Il rispetto per la donna ha radici antiche; eppure oggi non sembra essere più così. Non ho una conoscenza del fenomeno a livello mondiale ma sembra che in Italia sia particolarmente cruente. Tempo fa ho organizzato un convegno ospitando le madri di alcune ragazze trucidate. Loro, con le loro testimonianze, danno voce a chi voce non ne ha più. Fanno parlare le loro figlie. È nostro dovere – nostro compito – unirci a loro e diffondere la cultura della non violenza, non solo il 25 Novembre ma ogni giorno. Proponiamo spesso il pensiero di Gandhi e Danilo Dolci. Ospitiamole a scuola, facciamole raccontare, parlare direttamente con i ragazzi e con le ragazze. Io cito spesso Pitagora che affermava: “Educa i bambini e non sarà necessario punire gli adulti.” Penso che questo pensiero dica tutto e sia valido ancora oggi, anzi, oggi forse più di ieri. Detto ciò, reputo che tutti nel nostro piccolo dobbiamo contribuire e soprattutto educare alla prevenzione”.

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