Festa di Ognissanti e Ricordo dei Cari Defunti tra folclore, devozione e grande gioia per i bambini

In tutte le province della Sicilia, la festa di Ognissanti e la commemorazione dei defunti sono un momento di profonda devozione religiosa e pagana. Le tradizioni comprendono la partecipazione a messe speciali, la decorazione di altari dedicati ai santi, e le processioni religiose che portano le statue dei santi per le strade, coinvolgendo la comunità locale. La festa è anche un’occasione per onorare i defunti attraverso preghiere e visite ai cimiteri.

Maestà di OgnissantiGiotto – Cimabue, 1300 – 1305 circa, Uffizi – Firenze

La Festa di Ognissanti: le date cambiano, la devozione no

Il giorno di Ognissanti, noto, anche, come la Festa di Tutti i Santi, è celebrato il 1 novembre in molti paesi. Questa festa è dedicata a onorare tutti i santi riconosciuti dalla Chiesa cattolica, sia quelli che sono stati canonizzati ufficialmente che quelli che non lo sono. La sua origine risale al IV secolo, quando la Chiesa cattolica istituì questa festa per onorare i martiri cristiani. Le origini e il significato della festa di Tutti i Santi affondano le loro radici in tempi molto antichi e sono fortemente influenzate dalla cultura delle popolazioni celtiche. Questa festività, che cade il 1 novembre e precede la commemorazione dei defunti il 2 novembre, ha una storia ricca e un posto d’onore nel calendario delle festività religiose.

Le celebrazioni dei santi, una pratica comune in diverse tradizioni religiose, iniziarono a essere ufficialmente celebrate nel IV secolo d.C. Le prime tracce di una celebrazione generale si trovano ad Antiochia e fanno riferimento alla domenica successiva alla Pentecoste. Numerose testimonianze, tra cui le parole di Giovanni Crisostomo nell’anno 407, che persistono ancora oggi nelle chiese orientali, suggeriscono che questa celebrazione fosse originariamente fissata al 13 maggio. Anche Sant’Efrem il Siro, nel 373, menziona questa festa e la colloca nello stesso giorno. Nella tradizione occidentale, questa festa potrebbe avere radici nella festa romana della Dedicatio Sanctae Mariae ad Martyres.

Pala di Ognissanti Ludovico Brea, dal 1500 al 1513, Museo della Chiesa di Santa Maria di Castello, Genova

La festa di Tutti i Santi è, dunque, un momento di venerazione e ricordo di tutti i santi riconosciuti dalla Chiesa. Questa festa è un’occasione per onorare l’eccezionale vita virtuosa e il contributo alla fede cristiana di queste figure sante. Le sue origini si fondono con varie tradizioni culturali e religiose, rendendo questa celebrazione un importante pilastro nella storia del Cristianesimo.

L’origine di questa trasformazione delle date, dal 13 maggio al 1 novembre, risale a Papa Gregorio III. Egli scelse come nuova data di riferimento per questa festa il giorno della consacrazione della cappella a San Pietro alle reliquie dei Santi Apostoli e di tutti i Santi, compresi martiri e confessori. Inizialmente, la festa veniva celebrata in diverse date, ma sotto Carlo Magno, il 1 novembre divenne sempre più comune per le celebrazioni di Ognissanti.

La diffusione di questa data come giorno di festa religiosa divenne così ampia che nel 835, il re franco Luigi il Pio decretò il 1 novembre quale festa di precetto. Successivamente, Papa Gregorio IV emise un decreto, con il consenso di tutti i vescovi, per stabilire questa data come la celebrazione ufficiale della festa di Ognissanti. Da allora, il 1 novembre è stato riconosciuto come il giorno in cui la Chiesa onora e commemora tutti i santi, rendendo omaggio alla loro vita santa e alla loro fede.

Pala di Fiesole – Tutti i SantiBeato Angelico

La Festa dei Morti: folklore, ma, soprattutto, gioia per i bambini

Da tempi immemorabili, la notte tra il 31 ottobre e il 1 novembre è stata considerata una notte, in qualche modo, magica. In origine, questa notte era chiamata Nos Galan-Gaeaf, ovvero la “notte delle Calende d’inverno,” e rappresentava un momento di particolare connessione tra il mondo dei vivi e quello dei morti. Nell’antichità, le festività comprese tra ottobre e novembre erano principalmente legate alle attività agricole e avevano radici pagane. Tuttavia, con la diffusione del cristianesimo, queste celebrazioni acquisirono, anche, un significato spirituale e religioso. Questo periodo divenne un momento di commemorazione sia per la natura che per il mondo dell’aldilà e dei defunti.

Il culto dei morti è stato una pratica diffusa tra tutte le culture. La civiltà stessa ha radici profonde in questi rituali, poiché vita e morte sono elementi strettamente interconnessi nei riti che aiutano a elaborare il dolore e ad accettare la separazione. Ad esempio, le antiche popolazioni celtiche avevano un sistema di divisione dell’anno solare in due fasi distintive. La prima fase coincideva con la rinascita della natura, mentre la seconda corrispondeva al suo letargo. Questi periodi erano rappresentati rispettivamente dai mesi di maggio e novembre. Questo passaggio segnava il ciclo annuale, con la terra che veniva messa a riposo e il passaggio dalla luce all’oscurità. Le celebrazioni e le pratiche di questo ciclo solare avevano un profondo significato simbolico e spirituale e aiutavano a connettersi con la natura, la vita e la morte in un ciclo eterno di rinascita e declino.

Secondo le tradizioni e il folclore popolare, si credeva, e in alcuni luoghi questa credenza perdura, che gli antenati ritornassero sulla terra per visitare i vivi e portare beneauguranti auspici e protezione. La Commemorazione dei defunti è tradizionalmente associata alla visita al cimitero per onorare la memoria dei cari deceduti. In Sicilia, così come in molte altre regioni italiane, in occasione della commemorazione dei defunti, le persone donano fiori e altri omaggi floreali al cimitero. Questi fiori sono spesso posti sulle tombe dei cari defunti per onorarli e rendere omaggio alle loro anime. Le tipologie di fiori possono variare, ma i crisantemi sono comuni, poiché sono tradizionalmente associati ai funerali e alla commemorazione dei defunti in Italia.

Oltre ai fiori, è tradizionale, anche, accendere candele sulle tombe o lasciare piccoli oggetti, fotografie o altre decorazioni che rappresentano un legame personale con il defunto. Questi gesti sono un segno di rispetto e affetto per coloro che sono passati, e contribuiscono a mantenere viva la memoria dei defunti. In aggiunta, un’usanza, che non è ancora completamente caduta in disuso, prevede il dono di un paio di scarpe nuove, talvolta riempite con biscotti simili alle “ossa di morto.” La tradizione culinaria gioca un ruolo di primo piano in queste due festività. Per chi si trova a Catania durante Ognissanti e la Festa dei Morti, ciò significa avere l’opportunità di assaporare i dolci tradizionali caratteristici di questo periodo.

Nella notte tra il 1 e il 2 novembre, ogni famiglia siciliana con bambini vedeva la casa popolarsi di presenze defunte. I bambini, prima di andare a dormire, collocavano un cesto sotto il loro letto e condividevano i loro desideri con i defunti. La mattina seguente, come da consuetudine, i bambini avrebbero scoperto giochi o dolcetti nel loro cesto (acquistati in precedenza dai genitori e parenti nelle tradizionali fiere, come la “fiera dei morti” di Catania, che ogni anno attira non solo i catanesi ma, anche, turisti italiani e stranieri.

Giuseppe Pitrè affermava, nell’opera dedicata agli Spettacoli e Feste popolari,: “Chiamasi in Sicilia jornu di li morti, o semplicemente li morti, il 2 novembre, in cui la Chiesa con pia cerimonia fa solenne commemorazione dei defunti“. E continuando a descrivere la tradizione siciliana: “Nella notte dal 1 al 2 novembre i morti lasciano la lor paurosa dimora, e in frotta o alla spicciolata scendono in città a rubare a’ più ricchi pasticceri, mercanti, sarti ecc., dolci, giocattoli, vestiti nuovi e quanto altro è in essi morti intenzione di donare a’ fanciulli loro parenti, che siano stati buoni nell’anno, che li abbiano devotamente pregati, che abbiano fatto per essi qualche astinenza“.

I dolci tradizionali non possono mancare durante le feste in Sicilia

L’approccio culinario alla festa di Ognissanti e alla commemorazione dei defunti in Sicilia offre un’interessante prospettiva sulla tradizione gastronomica dell’isola. Si tratta di un momento speciale in cui l’attenzione si sposta dai santi alla tavola, in particolare ai dolci tradizionali. Queste delizie per il palato di bambini e adulti sono preparati con cura e passione, spesso seguendo ricette tramandate di generazione in generazione. Tra i dolci più emblematici di questa festa, eccone alcuni:

frutta martorana: questi dolci, dal nome del convento delle suore della Martorana, a Palermo, noti anche come “frutta di marzapane,” sono realizzati con pasta di mandorle colorata e modellati per assomigliare a frutta e ortaggi. La loro origine risale al periodo normanno in Sicilia, e oggi sono una specialità molto apprezzata durante la festa di Ognissanti e non solo.

panuzzi ri morti: in Sicilia, si conserva ancora, seppur sporadicamente, l’usanza di preparare i “pani dei morti” in occasione del 2 novembre. Questi dolci mantengono la loro originaria funzione di offerta alimentare per le anime dei defunti e in alcuni luoghi vengono affettuosamente chiamati “armuzzi“. La preparazione di questi pani varia nei dettagli, a seconda delle forme e delle denominazioni tipiche dei diversi paesini siciliani. A esempio, a Sortino, si realizzano due tipi di pane: uno destinato ai bambini, noto come “manu,” a forma di braccio a semicerchio che si congiunge all’estremità con due mani; l’altro, destinato agli adulti, ha una forma ellissoidale con un taglio centrale e prende il nome di “ciaccateddru,” ovvero “spaccato”. In altre località, possono assumere forme a croce o, come riferito da Pitrè, essere “rotondi, intaccati a croce come berretti a spicchi di prete“. In passato, questi pani venivano distribuiti ai poveri che poi pregavano per le anime dei defunti. Tuttavia, in Sicilia, è ancora radicata la tradizione di fare doni ai bambini, insieme alla convinzione che siano le anime dei parenti deceduti a portare loro questi doni. Questi regali consistono in cibi, come frutta martorana, dolci e pani, ma oggigiorno i bambini preferiscono i giocattoli. L’usanza di mettere le scarpe dietro la porta la sera precedente la festa, per ritrovarle la mattina successiva piene di dolci e frutta secca, è, ormai, in declino. Inoltre, sempre meno bambini credono alla leggenda secondo cui, di notte, i defunti arrivano e grattano i piedi dei più piccoli.

‘nzuddi: i “nzuddi” catanesi rappresentano una variante dei biscotti omonimi originari della provincia di Messina. Nella tradizione catanese, vengono preparati principalmente per la festa dei Morti, mentre nella provincia di Messina, sono tipicamente realizzati per celebrare la festa della Madonna della Lettera, patrona della città, il 3 giugno. Il nome “nzuddi” ha una radice interessante: deriva dall’abbreviazione del nome Vincinzuddu,” che fa riferimento alle suore vincenziane. Sono state queste suore a diffondere per prime la tradizionale preparazione di questi biscotti. La variante catanese dei “nzuddi” si distingue principalmente per la sua forma circolare, al cui centro viene posta una mandorla intera. La consistenza di questi biscotti è leggermente gommosa, mentre il loro sapore inconfondibile è attribuito al retrogusto di arancia candita e cannella.

tetù, tatù, teio o totò: rappresentano un gruppo di biscotti tipici della festa dei Morti in Sicilia, ognuno con un nome diverso a seconda delle zone dell’isola. Questi biscotti si distinguono per la loro consistenza morbida e il sapore deliziosamente dolce, ottenuto grazie a una glassa di cioccolato che li ricopre. Il nome “totò,” spesso utilizzato come abbreviazione di “Salvatore,” si pensa possa fare riferimento al primo pasticcere che ha ideato questo delizioso biscotto. Nella variante palermitana, invece, questi dolci prendono il nome di “tetù” e “teiò.” Questi nomi sono abbreviazioni dialettali che potrebbero significare “uno per te e uno per me.” Mentre i “totòcatanesi sono ricoperti da una glassa al cacao, i “tetù” e “teiòpalermitani sono distinti per la glassa di zucchero creata spesso con albumi. Un altro elemento che li contraddistingue è il loro impasto chiaro, che li differenzia dai “totò” catanesi con impasto al cacao, e li fa somigliare più ai biscotti regina o ai bersaglieri.

ossa di morto: questi biscotti, nonostante la loro apparente semplicità, sono tra i più rinomati e si distinguono per la loro forma che ricorda delle ossa. La struttura del biscotto comprende una parte inferiore più scura e resistente, contrapposta a una parte superiore zuccherina e friabile. Il loro sapore, pur nella sua semplicità, è arricchito da note aromatiche di cannella e chiodi di garofano. Ciò che rende questi biscotti unici è la loro particolare modalità di preparazione. Nonostante sembrino composti da due parti distinte, la parte superiore dolce e quella inferiore più farinosa sono in realtà unite in un’unica entità. La separazione avviene solamente durante la cottura, causata dalle diverse quantità di umidità tra le due parti e da un lungo periodo di riposo che consente l’asciugatura e la conseguente separazione.

rame di Napoli: la gloria indiscussa tra i dolci siciliani è rappresentata dalle “Rame di Napoli,” dei biscotti dal cuore morbido al gusto di cacao, generosamente ricoperti da una deliziosa glassa al cioccolato, in seguito sono nate delle varianti. Nonostante il nome possa fuorviare, questi biscotti appartengono in realtà alla tradizione catanese.

Dolci, credenze e superstizioni

Nell’antichità, la preparazione dei dolci assumeva un ruolo di grande importanza come momento di condivisione e coinvolgimento emotivo. Si trattava di un autentico rituale che richiedeva abilità e maestria. Molte tradizioni di quel periodo sono andate perdute nel corso del tempo. A esempio, si usava creare dolci a forma di fave (favette) e consumare fave bollite nel giorno dei morti. Questa pratica era associata ad antiche credenze e superstizioni, in quanto si riteneva che le fave fossero il cibo degli spiriti defunti. Questa credenza ha radici in un antico rito celebrato dai Romani durante le festività note come Lemuria, che avevano luogo nel mese di maggio e avevano lo scopo di allontanare gli spiriti dei defunti.

Durante tali celebrazioni, il pater familias lanciava fave nere dietro di sé. Altre usanze, come consumare i pasti vicino alle tombe dei cari defunti per non lasciarli soli e preparare tavole apparecchiate in loro onore, hanno radici nelle tradizioni greche e romane. Inoltre, i giochi per i bambini nell’antichità includevano carrettini di legno con cavallini di cartapesta, cavallini splendidamente decorati, trombette e un giocattolo chiamato “ciccupeppi”, in riferimento al re borbonico Francesco Giuseppe, che era stato oggetto di critica da parte del popolo. Solitamente, alle bambine venivano regalate bambole di pezza e giocattoli in miniatura che riflettevano gli interessi del mondo femminile. Ogni dono era accompagnato da dolci e frutta secca, come noci, castagne e nocciole, che simboleggiavano la vita che doveva rigermogliare.

Nella sua opera “Spettacoli e Feste,” il Pitrè spiega che: “Le frutta sono fichi infilzati a forma di ruota, mele, noci, castagne, mortella, nocciole avellane, e in alcuni luoghi anche fave“.” Inoltre, nel suo libro “Usi e Costumi,” Giuseppe Pitrè descrive un’usanza tipica della festa dei morti nella regione del Messinese: “Nel Messinese c’è un’usanza che non trova riscontri in altri punti della Sicilia, a quanto io mi sappia. Ed è questa. Le mamme consigliano ai bimbi a metter sul tavolino un bicchiere d’acqua perché i Morti hanno sete; il domani se il bicchier d’acqua è vuoto, vuol dire che i morti son venuti, hanno bevuto, han lasciati i regali che il bimbo deve vedere dove stanno nascosti; se il bicchier d’acqua è pieno, vuol dire che il bambino è stato inquieto e disobbediente; che i morti son passati, non hanno voluto bere e quindi non hanno lasciato dolci e giocattoli“.

Inoltre, nella notte di Ognissanti, i bambini recitavano un’antica preghiera indirizzata ai defunti, esprimendo così il loro rispetto e la loro devozione: “Armi santi, armi santi, iu sugnu unu e vuatri siti tanti: mentri sugnu ‘ntra stu munnu di guai cosi di morti mittitiminni assai” (“Anime sante, anime sante, io sono uno e voi siete in tante, mentre sono in questo mondo di guai cosi di morti mettetene assai“).

a Cognita Design production
Torna in alto