Disum, l’industria dei videogiochi al servizio dei beni culturali

Produttivo confronto tra imprese e studenti promosso dal corso in Scienze del testo per le professioni digitali.

Sfruttare le potenzialità e l’appeal dei videogiochi per raccontare e valorizzare i beni culturali e il territorio. La gamification come nuova frontiera della narrazione dei luoghi e delle opere d’arte, avviando un serrato dialogo tra accademia e imprese rielaborando il celebre motto cartesiano in un significativo e pedagogicoGioco quindi imparo”. Sono stati questi i ragionamenti declinati dai vari partecipanti all’incontro dal titolo “Ludo ergo disco. Videogiochi, educazione e patrimonio culturale” che si è tenuto lo scorso giovedì nell’aula “Vincenzo La Rosa” di Palazzo Ingrassia a Catania, promosso nell’ambito delle attività didattiche del corso di laurea magistrale in Scienze del Testo per le Professioni digitali dell’Università di Catania da Claudia Cantale (ricercatrice in Sociologia digitale) con la collaborazione di Sonia Grassia e Stefano Rizzo.

In cattedra sei aziende che operano a livello nazionale e internazionale nell’industria dei videogiochi, attraverso la voce dei loro fondatori, ceo, progettisti e designer, sottolineando così – come ha rilevato il presidente del corso di laurea Marco Mazzone «la continuità del dialogo ormai intrapreso tra le imprese e il nostro corso di laurea, per il quale proprio i videogame rappresentano un asset indubbiamente florido».

Occupandosi abitualmente di tecnologie e gamification per i beni culturali, Achille De Pasquale (Hidonix) e Fabio Viola (TuoMuseo) hanno pertanto evidenziato l’importanza del coinvolgimento e delle emozioni per creare servizi personalizzati e sempre più immersivi da destinare agli utenti di musei, archivi e biblioteche. I processi di creazione di serious game e applied game progettati per raccontare il genius loci di territori come le Langhe o la Sicilia sono stati illustrati da Salvo Fallica (Red Raion) e Elisa Farinetti (Broken Arms Games) mentre Claudia Molinari (We Are Muesli) e Luca Carrubba (Ars Game) hanno imbastito una riflessione sul ruolo sociale del videogioco a partire dai linguaggi estetici e dalle meccaniche che lo governano. Intensa la partecipazione degli studenti che hanno animato il confronto con i docenti e i relatori, interrogandoli in particolare sulle questioni relative ai finanziamenti, gli impatti e il ruolo degli umanisti digitali nel contesto vivace e creativo dell’industria del videogioco.

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