Dipinti Famosi e Misteri Nascosti: i ritratti di Van Gogh tra arte e follia

Un’opera d’arte spesso cela particolari che possono passare inosservati a una prima occhiata e anche a una seconda se non si hanno competenze specifiche. Ci sono elementi che si possono comprendere solo con un’analisi approfondita, e altri che probabilmente rimarranno sempre avvolti nel mistero. L’arte che ci affascina così tanto ha spesso un’aura enigmatica.

Autoritratto con cappello di paglia – Van Gogh – 1887

L’arte di Vincent Van Gogh è un viaggio attraverso emozioni intense, colori vibranti e pennellate audaci. Van Gogh, considerato uno dei più grandi pittori del XIX secolo, ha rivoluzionato il modo in cui vediamo l’arte e la natura. Anche se la sua carriera fu breve, i suoi contributi al mondo dell’arte sono enormi e duraturi. Geniale, spesso frainteso, se non addirittura respinto durante la sua vita, ebbe un impatto profondo sull’arte del suo tempo e sulle generazioni future, in particolare sull’Espressionismo. Cominciò a dipingere a 27 anni, creando molte delle sue opere più famose negli ultimi due anni della sua vita. I suoi soggetti includevano autoritratti, paesaggi, nature morte con fiori, dipinti con cipressi, scene di campi di grano e girasoli.

Dopo anni di sofferenza e lotta contro disturbi mentali, morì in circostanze enigmatiche all’età di 37 anni. La fama e il riconoscimento per le sue opere arrivarono solo dopo la sua morte. Per capire meglio l’artista e l’uomo, la principale fonte di informazioni è “Lettere a Theo“, una raccolta di corrispondenza tra Vincent e il fratello minore, il mercante d’arte Théo Van Gogh, con il quale aveva un rapporto molto stretto e intimo. Théo fornì a Vincent sostegno finanziario ed emotivo per gran parte della sua vita. Queste lettere, scambiate tra il 1872 e il 1890, sono fondamentali per capire Van Gogh. Si contano più di seicento lettere da Vincent a Théo e una quarantina da Théo a Vincent. Questo corpus epistolare è essenziale non solo per ricostruire la complessa personalità del pittore e le sue vicissitudini, ma anche per comprendere appieno le sue idee sull’arte e il suo processo creativo.

Mangiatori di patate Van_Gogh – 1885 – Museo Van Gogh Amsterdam

Anche se molte di queste lettere sono prive di data, gli storici dell’arte sono riusciti a ricostruirne la sequenza cronologica. Tuttavia, il periodo in cui Vincent visse a Parigi è particolarmente complesso da tracciare perché i due fratelli, vivendo sotto lo stesso tetto, non avevano bisogno di scriversi. Uno degli aspetti più affascinanti della pittura di Van Gogh è il suo uso del colore. Non si limitava a usarlo per descrivere la realtà, ma lo sfruttava anche per esprimere emozioni. Con il passare degli anni, la sua tavolozza è diventata sempre più brillante e vivace. I gialli intensi dei “Girasoli” o i blu e i verdi profondi della “Notte stellata” non sono semplici raffigurazioni, ma portano con sé un peso emotivo. I colori nei quadri di Van Gogh pulsano di vita e di energia, dimostrando la sua capacità di rendere straordinario ciò che potrebbe sembrare ordinario.

Uno dei colori che caratterizza la sua opera è il giallo, una tinta a base di cromato di piombo che è diventata il suo marchio distintivo. C’è chi racconta che Vincent avesse un’ossessione per questo colore a tal punto da mangiare la pasta gialla dei tubetti di vernice, credendo che potesse portargli felicità. Tuttavia, è possibile che la sua predilezione per il giallo fosse legata all’uso di assenzio, un liquore popolare tra gli artisti dell’epoca, che aveva effetti collaterali come la xantopsia, una condizione che altera la percezione dei colori rendendo tutto più giallo del normale.

Nel 1883, Vincent Van Gogh si trasferì a Nuenen, un villaggio rurale nei Paesi Bassi, dove ritrovò una rinnovata ispirazione, portandolo a realizzare quasi duecento dipinti, oltre a un numero consistente di acquerelli e disegni. I protagonisti delle sue opere erano persone comuni impegnate in lavori umili. La sua attenzione si concentrava su tessitori e contadini, che diventarono i soggetti principali delle sue creazioni. Van Gogh dedicò ai contadini il famoso dipinto “I Mangiatori di Patate“. I colori delle sue opere erano per lo più scuri e cupi, con toni di grigio, marrone e verde. Tuttavia, durante il suo breve soggiorno a Parigi, Van Gogh iniziò a utilizzare una palette più luminosa e leggera, influenzato dagli impressionisti francesi e dal loro audace uso del colore.

Autoritratto con l’orecchio bendato – Van Gogh – 1889

A Parigi, sperimentò uno stile ispirato da Paul Signac, focalizzandosi sui ritratti e usando colori più vivaci, nettamente diversi dalle tinte scure di Nuenen. Adottò anche pennellate a piccoli tocchi, simili al puntinismo, Il puntinismo, uno stile pittorico che emerse in Francia intorno al 1870 come parte del movimento neoimpressionista. È ad Arles, in Provenza, che Van Gogh liberò completamente la forza dei colori audaci per cui è tanto noto. La luce, le tinte mediterranee e il clima mite della regione contribuirono a questo sviluppo. Van Gogh trascorreva molto tempo a dipingere all’aperto, sfruttando le lunghe giornate soleggiate che erano molto diverse da quelle più cupe dei Paesi Bassi.

Vincent Van Gogh sviluppò una forte amicizia con Paul Signac e Paul Gauguin, con quest’ultimo trascorse un periodo in Provenza. La loro relazione però è entrata nella storia a causa di un violento litigio che culminò con l’auto-amputazione del lobo dell’orecchio di Van Gogh nel dicembre 1888, in seguito a un improvviso raptus. L’episodio è immortalato dallo stesso Van Gogh nell’opera “Autoritratto con orecchio fasciato“. Secondo la versione più nota, consegnò l’orecchio a una prostituta di nome Rachel. Tuttavia, una teoria recente suggerisce che l’abbia dato a una cameriera di diciannove anni di nome Gabrielle. Dopo due settimane in ospedale, Van Gogh realizzò diversi autoritratti in cui appariva con l’orecchio fasciato.

Nell'”Autoritratto con l’orecchio bendato“, i colori freddi dominano la scena, conferendo al dipinto un tono malinconico, accentuato dalle pennellate irregolari che si soffermano sugli angoli spigolosi del viso. L’artista appare smunto e ossuto, con un incarnato di un giallo pallido e un’espressione triste, il suo sguardo rivolto nel vuoto, quasi a suggerire che la mente vaga in luoghi immaginari per sfuggire all’etichetta di “folle” che la società gli ha attribuito. Il cappotto chiuso e il cappello che indossa, anche se all’interno, potrebbero indicare la mancanza di riscaldamento, una spesa che Van Gogh, sempre in ristrettezze economiche, non poteva permettersi. Tuttavia, potrebbero anche simboleggiare il bisogno di proteggersi da un mondo che l’artista percepiva come ostile.

Sul muro verde dietro di lui, si possono notare un cavalletto con una tela appena iniziata e una stampa giapponese. Van Gogh era un appassionato di arte giapponese, che spesso gli ispirava motivi per i suoi dipinti. La stampa, con i suoi colori vivaci e il suo equilibrio cromatico, contrasta con la vistosa fascia bianca che copre la ferita di Vincent, situata sul lato destro del dipinto. Questo dettaglio è dovuto al fatto che l’autoritratto fu eseguito guardandosi allo specchio, motivo per cui tutto appare invertito.

La stanza di Van Gogh ad Arles – 1889

Van Gogh soffriva di epilessia del lobo temporale, una malattia neurologica cronica che gli provocava frequenti crisi. Dopo l’episodio dell’orecchio, decise spontaneamente di ricoverarsi nel manicomio di Saint-Rémy, continuando, comunque, a dipingere, nonostante le tensioni e le allucinazioni che lo affliggevano. In questo periodo realizzò molti dei suoi quadri più celebri, tra cui i ritratti dell’Arlésienne, “La sedia di Vincent” (1888), “La camera di Vincent ad Arles“, “Il caffè di notte“, “Terrazza del caffè la sera“, e la famosa serie dei Girasoli.

I girasoli di Van Gogh – 1888 – Neue Pinakothek, Monaco di Baviera

Quando si pensa a Van Gogh, il colore che emerge immediatamente è il giallo dorato, luminoso e avvolgente, dei suoi famosi Girasoli e dei campi soleggiati. Il dipinto fa parte di una serie di sette opere conosciuta come la Serie dei girasoli di Arles. Tutti i dipinti raffigurano un vaso con un mazzo di girasoli e furono realizzati per decorare la stanza che Van Gogh aveva preparato per Paul Gauguin nella casa di Arles. In realtà, fu il fratello di Van Gogh, Theo, a convincere Gauguin a trasferirsi ad Arles, dietro compenso. Gauguin, infatti, non amava la provincia mediterranea né la convivenza con il difficile carattere di Van Gogh. Dopo pochi mesi, a seguito di una lite, Gauguin decise di andarsene, e Van Gogh, in preda alla disperazione, si tagliò il lobo di un orecchio.

Esistono diverse versioni della serie, il numero di girasoli varia, generalmente tra quattordici e quindici. In una lettera a suo fratello Theo, Van Gogh spiegò che il numero 14 aveva per lui un significato simbolico: rappresentava i dodici apostoli più Cristo, a cui aggiungeva il fratello Theo e Paul Gauguin. In alcune versioni aggiunse un ulteriore girasole, forse a rappresentare se stesso, arrivando così a 15 fiori. Con questa interpretazione, Van Gogh sottolineava l’importanza che Gauguin aveva per lui e la rilevanza della sua presenza ad Arles.

I Girasoli di Van Gogh – 1888 – Neue Pinakothek, Monaco di Baviera

Tuttavia, per Van Gogh, i girasoli rappresentavano anche la gioia di vivere e il sole del sud. Alcuni commentatori suggeriscono che i girasoli, con i loro diversi gradi di maturazione, possano simboleggiare i cicli della vita. Il dipinto raffigura girasoli in tutte le fasi della loro crescita, dal bocciolo all’appassimento. Sebbene alcuni vedano nelle forme contorte dei petali e degli steli un segno di tormento, dalle lettere di Van Gogh a suo fratello emerge che per lui questo soggetto rappresentava gioia e ottimismo, simboli del clima caldo del sud. Il girasole spesso viene associato a devozione e lealtà, e i diversi stadi di decadimento potrebbero simboleggiare i cicli di vita e morte.

I Girasoli di Van Gogh – 1888 – Neue Pinakothek, Monaco di Baviera
Sette versioni de I girasoli di Van Gogh
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