Agenzia delle Entrate. Ipoteche e pignoramenti presso terzi a valanga per colpa degli uffici che non si “parlano”

A diversi cittadini che hanno chiuso il contenzioso con l’agenzia delle Entrate, pagando il dovuto, stanno arrivando delle richieste sbagliate. Il rischio è che il Fisco possa prelevare dai conti correnti dei contribuenti somme già pagate, costringendo il malcapitato a dovere poi chiedere il rimborso.

Francofonte, 30 dicembre 2023 . Contribuenti in preda a continue crisi di nervi, per colpa di alcuni uffici che non si “parlano” tra di loro. E’ quello che sta capitando ad alcuni contribuenti ai quali l’agente della Riscossione sta notificando comunicazioni di iscrizione ipotecaria e atti di pignoramenti presso terzi, in particolare, presso gli istituti di credito. In alcuni casi, si tratta di comunicazioni e atti sbagliati, perché i contribuenti hanno chiuso i conti con il Fisco e non devono nulla.

Pace fiscale “dimenticata”

Il paradosso è che queste richieste stanno interessando anche i contribuenti che hanno aderito alla chiusura delle liti pendenti, alla conciliazione o a una delle altre sanatorie della cosiddetta “pace fiscale” introdotta nel 2023 dal Governo Meloni. Il “guaio” è che alle istanze dei cittadini alcuni uffici non rispondono, con il rischio che il Fisco possa prelevare dai conti correnti dei contribuenti somme già pagate, costringendo il malcapitato a dovere poi chiedere il rimborso. Ecco cosa è successo a un contribuente, che, per evitare la prosecuzione di un contenzioso incerto, costoso e defatigante, ha chiuso le pendenze con il Fisco, definendo le controversie in conciliazione con l’Agenzia delle Entrate, direzione provinciale di Messina o a seguito di chiusura delle liti, pagando le somme dovute e, pertanto, non esiste più alcuna pretesa da parte del Fisco.

Comunicazione di iscrizione ipotecaria

Il predetto contribuente, il 2 ottobre 2023, riceve la notifica di una comunicazione preventiva di iscrizione ipotecaria, con richiesta di pagamento di 1.328.582,14 euro (cioè oltre due miliardi e mezzo delle vecchie lire), con la “minaccia” che, in mancanza del pagamento entro 30 giorni dalla notifica della comunicazione, l’agenzia delle Entrate Riscossione provvederà ad iscrivere ipoteca, per un importo pari al doppio del debito. Il 5 ottobre 2023, il contribuente presenta all’Agenzia delle Entrate Riscossione e all’Agenzia delle Entrate, direzione provinciale di Messina, la richiesta di annullamento dell’iscrizione ipotecaria, perché gli accertamenti erano stati chiusi in conciliazione con l’ufficio o a seguito di chiusura lite pendente, con il pagamento degli importi dovuti. Non c’era quindi alcun debito nei confronti del Fisco. Per fortuna, a distanza di pochi giorni, grazie anche alle sollecitazioni della direzione Regionale dell’agenzia delle Entrate di Palermo e all’agenzia delle Entrate, direzione provinciale di Messina, è arrivata la comunicazione dell’agenzia delle Entrate Riscossione. In questa comunicazione, datata 10 ottobre 2023, si legge che, in riferimento alla nota del 5 ottobre 2023, a seguito dei provvedimenti di sgravio emessi dall’agenzia delle Entrate, non si procederà all’iscrizione ipotecaria.

Pignoramento presso terzi

Sembrava tutto risolto, ma non è stato così, perché il 5 dicembre 2023, il contribuente si è visto recapitare un atto di pignoramento presso terzi con richiesta di somme non dovute, perché relative alla chiusura delle liti pendenti, definita con il pagamento dell’intero importo dovuto. Il 9 dicembre 2023, il contribuente presenta quindi una richiesta urgente di annullamento dell’atto di pignoramento, all’agenzia delle Entrate Riscossione e all’agenzia delle Entrate, direzione provinciale di Messina. A questa richiesta segue il silenzio degli uffici competenti. Il 28 dicembre 2023, il contribuente riceve invece una lettera raccomandata di uno dei Terzi pignorati, che ha adempiuto all’ordine ricevuto dall’agenzia delle Entrate Riscossione di Messina. In questa lettera, si legge che <<la scrivente società, in qualità di Terzo pignorato, ha adempiuto all’ordine del pagamento direttamente al creditore procedente>> cioè all’agenzia delle Entrate Riscossione. In pratica, le somme a credito del contribuente sono state versate dal Terzo pignorato all’agenzia della Riscossione di Messina.

Istanza con rimborso delle somme pignorate

A questo punto, il contribuente dovrà fare un’istanza per chiedere il rimborso delle somme indebitamente incassate dall’agenzia delle Entrate Riscossione di Messina, che sono state versate dal Terzo pignorato. Tutto ciò si sarebbe potuto evitare. Sarebbe bastato che l’agenzia delle Entrate Riscossione “avesse dialogato” con l’agenzia delle Entrate, direzione provinciale di Messina, che è in possesso delle conciliazioni e della chiusura della lite, e che può confermare che non esiste più alcuna pretesa impositiva nei confronti del contribuente.

Le semplificazioni promesse sono nuove complicazioni

E’ vero che gli uffici sono in difficoltà, per mancanza di personale e di dirigenti, ma la gente è stanca di sentire annunciare continue “semplificazioni” che, alla prova dei fatti, sono nuove complicazioni. I contribuenti, anzi i “Cittadini” meritano più rispetto ed un sistema fiscale che generi certezze, non paure, ansie e panico, come quello degli ultimi anni. Anche l’ex ministro dell’Economia, Giovanni Tria, nell’illustrare le linee guida davanti alla Commissione Finanze del Senato, il 17 luglio 2018, ha affermato che è <<doveroso passare da uno stato di paura nei confronti dell’amministrazione finanziaria a uno stato di certezza del diritto e fiducia>>. I principi guida devono essere quelli di buona fede e reciproca collaborazione, ricordandosi che l’autotutela esiste, non è una specie di optional e l’ufficio emittente non possiede una potestà discrezionale di decidere a suo piacimento se correggere o no i propri errori.

L’autotutela esiste e va applicata subito, senza perdere tempo, nel rispetto dei cittadini

L’autotutela in materia tributaria è lo strumento che impiega il cittadino per farsi ascoltare dagli uffici, in genere, quando ritiene di avere subìto un’ingiustizia. Per una giusta autotutela, gli uffici devono anche ricordarsi della regola non scritta, ma sempre valida del “buon senso”. Basta con i formalismi inutili. Quello che non si capisce è perché gli uffici, anche quando sono in presenza di accertamenti illegittimi e infondati, o richieste di somme non dovute, non si ricordino dell’autotutela, che consente di annullare gli atti sbagliati. E’ noto che, applicando doverosamente l’istituto dell’autotutela, l’ufficio emittente deve, appena possibile, annullare l’atto illegittimo. Al riguardo, si ricorda che, in presenza di un errore dell’amministrazione, non è vero che lo sgravio è facoltativo, in quanto l’agenzia delle Entrate, come tutta la pubblica amministrazione, <<deve conformarsi alle regole di imparzialità, correttezza e buona amministrazione>> (sentenza Cassazione, 6283/2012, emessa nell’udienza del 2 aprile 2012 e depositata il 20 aprile 2012). L’autotutela, in caso di errore dell’ufficio, non è un optional ma è obbligatoria e non vi è spazio <<alla mera discrezionalità poiché essa verrebbe necessariamente a sconfinare nell’arbitrio, in palese contrasto con l’imparzialità, correttezza e buona amministrazione che sempre debbono informare l’attività dei funzionari pubblici>>. Tutti i cittadini meritano rispetto. Gli uffici, quando sbagliano e colpiscono ingiustamente un cittadino onesto, devono ricordarsi delle norme sull’autotutela, che consentono di annullare gli atti sbagliati. Insomma, l’atto illegittimo deve essere annullato in autotutela senza discrezionalità ed in tempi brevi. E’ grave che gli uffici, come gli zombi, ogni tanto “resuscitano” richieste di pagamento non dovute, mettendo in difficoltà il contribuente che le riceve, con l’ulteriore aggravante che, aperta la lite, gli uffici proseguono il contenzioso fino alla Cassazione, rischiando di non incassare nulla e di essere condannati al pagamento delle spese di giudizio. La verità è che nel momento in cui “parte” un accertamento o una richiesta di pagamento, anche se in modo errato, è quasi inevitabile che il relativo contenzioso dovrà superare i tre gradi di giudizio, primo, secondo grado e Cassazione. Non è giusto, ma gli uffici che amano la lite sperano in una delle cosiddette sentenze a “sorpresa” da parte dei giudici tributari, che possa giustificare il loro operato. Inoltre, chi paga è sempre e soltanto il contribuente, non certo il singolo funzionario che emette l’accertamento sbagliato o chiede pagamenti non dovuti e prosegue il contenzioso. Gli unici a guadagnarci in questa grande confusione fiscale, la peggiore degli ultimi venti anni, sono i difensori dei contribuenti. Per gli errori dei funzionari, paga l’agenzia delle Entrate, cioè la collettività.

Mimma CocciufaTonino Morina – Consulenti fiscali Sole 24 ore

a Cognita Design production
Torna in alto