ll 23 giugno Santi Gnoffo presenta il suo ultimo libro dal titolo “Donne di Sicilia”

Presso Il giardino della Zisa a Palermo ore 18,00, sarà presente Santi Gnoffo che avrà modo di incontrare gli amici che conosce e quelli che vorranno conoscerlo

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“Ci scambieremo informazioni, dice Santi, o perplessità sulla storia e tradizioni popolari siciliane. Parlerò anche del mio ultimo libro Donne di Sicilia”.
Incontrare Santi Gnoffo sarà un piacere, garbato e pieno di notizie sulla storia della nostra amata Sicilia, cultore del bello e delle tradizioni sicule, filo invisibile che lega tutti noi al passato e ci “spara” velocemente verso il futuro.
Sicuramente consapevole del suo amore per la sua Palermo, Santi Gnoffo porge con leggero senso della amicizia il suo contributo su Facebook con post degni che parlano di antiche tradizioni di descrizioni di monumenti e evocano antiche storie.
Ci vuole parlare di questo suo progetto sociale su Facebook?
“Giornalmente scrivo su Facebook il “Diario palermitano” dove menziono il Santo del giorno, un proverbio con relativa spiegazione, notizie storiche accadute in quel giorno nei secoli passati, aneddoti, pasquinate, curiosità, storia della Toponomastica della Città, spunti delle tradizioni popolari. Concludo con un’Ode d’amore.
Nei secoli passati, Palermo ha avuto grandi “Diaristi”: Antonino Mongitore, il marchese di Villabianca, Vincenzo Auria, Baldassarre Zamparrone. Negli ultimi secoli, a parte Rosario la Duca (deceduto nel 2008) questa “tradizione” è stata abbandonata.
Personalmente penso sia il modo più completo per spiegare la storia e le tradizioni popolari della nostra Città”.
Lei ama definirsi scrittore di storie e tradizioni popolari in cosa consiste il suo lavoro?
Mi definisco un “ricercatore storico”. Usare soltanto il termine “storico”, secondo me, è errato. Il termine “storico” è la formazione del verbo greco “horào” (vedo, osservo); il suffisso agente “tor”(colui che…in italiano -“tore”). Gli altri libri menzionati sono in ristampa perché la mia casa Editrice precedente ha chiuso i battenti”.
Tra i tanti aneddoti e storie e curiosità mi piace riscrivere ciò che pochi giorni fa Santi Gnoffo scrisse a proposito della storia dei sorbetti; gustosi spezza fame palermitani. Così scrive Santi: “A PROPOSITO DI SORBETTI. Qualcuno ha definito i sorbetti ed i gelati la lirica più alta dell’arte di mangiare in Sicilia. Non è affatto facile tracciarne la storia. Sappiamo che nell’Asia Minore, le popolazioni mescolavano latte e succhi di frutta e li refrigeravano. Anche nella Bibbia è scritto che Isacco offrì ad Abramo latte di capra mescolato con neve al fine di rinfrescarlo.
Secondo la tradizione, sembra che il gelato sia nato in Sicilia 1000 e più anni fa, durante il periodo arabo. Furono essi, infatti, che importarono le sconosciute dolcezze della canna da zucchero. Essi, nelle giornate di grande calura, usavano mescolare una bevanda ghiacciata zuccherata composta di miele e canna da zucchero (nda. ghiacciata) con acqua e latte, essenza di frutta vaniglia e cannella, denominandola “shariba”. Questo sorbetto, si può definire l’antenato del gelato. Ad inventare il sorbetto fu il palermitano Francesco Procopio de Coltelli. Fece fortuna a Parigi, proprio grazie a questa invenzione risalente ai tempi della Rivoluzione Francese. Fondò a Parigi il Café Procope, considerato ancora oggi il più antico della città. Clienti abituali furono personaggi famosi come Voltaire, Rosseau, Diderot, Balzac, Hugo, Danton, Marat e Robespierre.
Iniziò la sua “carriera” lavorativa come pescatore poi si dedicò alle prelibatezze a base di ghiaccio e frutta. Giunto a Parigi, divenne Procope des Coteaux. Il suo Cafè ben presto diventò punto di ritrovo d’intellettuali ed artisti. Probabilmente fu il primo nel suo genere che vendeva una vasta gamma di gusti: c’erano le attuali granite, i gelati di frutta, i “fiori d’anice e cannella”, il “frangipane”, il gelato agli agrumi, la crema gelato con il latte e i sorbetti di fragola.
Il gelato che intendiamo noi, fece la sua comparsa quando si scoprì che mescolando il sale marino alla neve, si riusciva ad abbassare la temperatura al di sotto di zero gradi. Bastava mettere in un mastello di legno un recipiente di rame stagnato di diametro inferiore e distribuire tutto intorno alla neve mescolata con il sale. All’interno del recipiente si versava il liquido zuccherato e si faceva ruotare rapidamente fino a quando, raffreddandosi, non raggiungeva la consistenza desiderata. Questo “congegno” fu chiamato “pozzo” o “pozzetto” e vi si poteva conservare a lungo il gelato prodotto sino al momento della distribuzione e consumo. Negli ultimi anni del 1800 ed i primi del 1900, le gelaterie, a Palermo divennero quasi un’istituzione.
Probabilmente la più antica ma sicuramente la più famosa rimane la gelateria Ilardo. Fondata nel 1860 da Giovanni Ilardo, ancora oggi si trova al Foro Italico. Il suo titolare, per festeggiare l’entrata di Garibaldi in città, creò il gelato “giardinetto”: un “pezzo duro” che, con i suoi tre strati di fragola, cedro (nda. limone) e pistacchio, arricchiti di canditi, intendeva evocare il Tricolore.
Questa gelateria, per i Palermitani, era il posto dove stare seduti alcune ore ad ammirare la sfilata delle carrozze e la passeggiata alla Marina. Sull’ampio marciapiede ubicato sotto le Mura delle Cattive, si visse uno scorcio della Bella Epoque. Con i loro landò (nda. carrozza a quattro ruote e doppia copertura retraibile a mantice, trainata da 2 oppure 4 cavalli), vi si recavano gli aristocratici e la classe emergente. Allora si poteva ammirare il lungomare palermitano per eccellenza. Si gustava il gelato al gusto “scursunera” al gusto gelsomino e cannella, il “setteveli”, ispirato all’omonima torta (nda. a base di cioccolato e pan di Spagna, croccante all’interno e ricoperto da nocciole) al pistacchio con le nocciole di Bronte, la cassata alla ricotta oppure una granita ai gelsi.
Dopo la seconda Guerra Mondiale, anche il popolino incominciò a gustare il gelato di Ilardo. Ma soltanto la Domenica. Intere famiglie vi si recavano per la famosa “pigghiata du’ gelatu” (nda. presa di gelato). Si sfoggiava per l’occasione il “vestito della domenica”; seduti ai tavolini ad osservare “ ‘u passìu” (nda. il passeggio), si attendeva il cameriere per l’ordinazione, allietati dal suono di un’orchestrina femminile. I gusti erano aumentati, oltre alle specialità descritte, furono aggiunti il gelato di anguria, riso di chantilly, gli schiumoni di panna e cioccolato, gli spongati di fragola e limone, il tutto servito nelle coppe e piattini metallici color argento, anche i cucchiaini erano scintillanti. Anche la gelateria Cofea di Via Villareale, produceva un ottimo gelato. Qui si gustava la “brioscia” (nda. brioches) con gelato con l’aggiunta di un’ottima panna. Specialità della Casa era il gelato al caffè. Fondatore fu il grande Federico Dalleo. Per ultimo ricordiamo la gelateria Donato, ubicata in Via Pitrè (nda. dirimpetto l’odierna Cubana). Era una piccola bottega ma produceva un ottimo gelato. Specialità della Casa, il gusto al cioccolato. Particolarità…non si scioglieva tanto facilmente. Purtroppo chiuse i battenti intorno al 1970. Ricordiamo anche le gelaterie ambulanti. Specie di carrettini dotati di ruote di bicicletta che giravano le vie della vecchia città. Il gelato non era paragonabile a quelli descritti in precedenza ma vi assicuro che il gelataio di turno era la gioia dei bambini che lo attendevano giornalmente con trepidazione. La loro specialità era la “charlotte”, semplici biscotti. Con una paletta metallica, spalmavano su un biscotto un po’ di gelato, poi adagiavano sopra un altro biscotto. Allora…non era festa tutto l’anno.”
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