Dal 18 al 21 maggio e dal 25 al 28 maggio, presso gli ambulacri del Teatro Greco Romano di Catania andrà in scena Troiane – Canto di femmine migranti.
In questo mondo c’è sempre una guerra. La sua presenza è una certezza. Viaggia spedita nel tempo e nello spazio. Non fa più notizia. Un esempio: nel momento in cui scrivo (21 settembre 2016) si registrano conflitti armati in Libia, Mali, Mozambico, Nigeria, Repubblica Centrafricana, Repubblica Democratica del Congo, Somalia, Sudan. La guerra non è un’amante occasionale, una prostituta in tangenziale,una moda passeggera. Una guerra c’è sempre in qualche luogo. E’ come uno di quegli smoking che puoi indossare sempre senza rischiare di non essere glamour.
Aderire a una guerra altrui è una pratica molto in voga. Anche noi, cittadini d’Italia, prendiamo parte alle guerre, e ci piace pure, se è vero che saltiamo da un conflitto ad un altro con mirabile spregiudicatezza. Ci comportiamo come quando partecipiamo al regalo di compleanno di un cugino lontano: mettiamo la quota e ignoriamo il regalo. E la guerra, si sa, si nutre d’indifferenza, disinteresse, apatia, cinismo; tutta roba che ci piace produrre in quantità industriali.
Le conseguenze, come le ragioni, di una guerra sono sempre le stesse (strabiliante assurdità!). La storia è certamente un’eccellente insegnante ma, ahimè, non si sa fare ascoltare.
Fra tutte le conseguenze di una guerra mi soffermerei su quella più immediata: gli uomini e le donne scappano da un posto di guerra verso un posto in cui non c’è guerra. E quando il posto in cui ci si scappa è casa nostra? Non ci piace per niente. Perché partecipare a una guerra non fa notizia, ma discutere sulle sorti dei suoi rifugiati fa tuonare i mass media tutti.
Nelle TROIANE di Euripide donne vittime di guerra attendono la loro assegnazione come schiave ai vincitori. Un’attesa carica di ansia e affanno che si trasforma in dolore concreto e straziante, perché incapace di trovare conforto, quando l’acheo Taltibio annuncia le destinazioni delle rifugiate (troppo meschine).
Quel dolore di ieri rivive oggi e sempre. E’ il dolore di chi non ha più niente. E’ il dolore di chi ha perso la dignità. E’ il dolore di chi ha perso gli affetti. E’ il dolore di chi ha perso la propria terra. Quella terra che non esiste più, il cui nome è stato rimosso, è svanito. Troiane, come donne e uomini di oggi, che devono ricostruire tutto, con quella debole forza di chi è stato cancellato.
Tutto è finito in TROIANE, non c’è più rimedio. Si può solo aspettare l’ultimo degli eventi, l’incendio della città. L’evento finale, terrore ed eccitazione, sensazioni che solo il fuoco può farti sentire con intensità massima. Poi l’incendio finisce. Rimane il suono del silenzio, lo spazio del vuoto, un buco nero disperato…
“ Non c’è parola in nessun linguaggio umano, capace di consolare le cavie che non sanno il perché della loro morte”
In quanto artisti che hanno il dovere di leggere e interpretare con una visione alta, sincera e autonoma il mondo in cui viviamo, noi intendiamo dare attraverso TROIANE, CANTO DI FEMMINE MIGRANTI, il nostro contributo, sulla base delle riflessioni che ho sopra enunciato. Un contributo che non intende in alcun modo fornire risposte o soluzioni, ma accendere la miccia della consapevolezza, della critica, del ragionamento attorno un tema che ci tocca tutti nella nostra dignità di esseri umani. Perché parlare di guerra, emigrazione, dolore, vuoto, consolazione, significa interrogarsi su qual è il senso del nostro stare in questo mondo, provare a raccontare quali sono i meccanismi della convivenza e delle relazioni, quali i valori che sottostanno alla base dei rapporti fra gli uomini. L’arte del teatro mi sembra la più legittimata a riflettere su tutto ciò, perché è arte della contemporaneità fra chi produce relazioni e chi usufruisce di quel rapporto. Il lavoro che proponiamo si inserisce nel solco dell’attività che io assieme ad attori che da sempre sono attenti alle sfide che la società di oggi ci impone, come Egle Doria, e Silvio Laviano, abbiamo svolto negli ultimi anni: ri-leggere i classici al fine di ri-interpretarne il carico di possibilità tematiche e valoriali che sono in grado di sprigionare. La mise en espace che si propone, attraverso una storia “antica” che è patrimonio della cultura universale, intende provare a parlare agli uomini e alle donne di oggi e del nostro territorio, porta meridionale di quel faticoso progetto politico che si chiama Europa, territorio di scambi e ponti, di scontri e divisioni, ma anche di integrazione fra culture spesso in antitesi. Un intento ambizioso il nostro, ma che riteniamo essere un urgente contributo nell’ottica della ricostruzione di nuove fondamenta civiche.
IL PERCORSO ITINERANTE
La mise en espace sarà itinerante in 7 stazioni. In ogni stazione è previsto o un monologo o una scena di 10/11 min. Il pubblico entrerà in gruppi da 15 spettatori ogni 15 min. (l’entrata del primo gruppo è alle ore 20:15, l’ultima alle 21.30 per un totale di 6 gruppi di pubblico).
In ognuna delle stazioni il monologo o la scena recitata, l’interprete, potrebbero cambiare, di modo che ogni percorso sarà diverso (il percorso delle 20:15 sarà diverso dal percorso delle 20:30, che sarà diverso rispetto a quello delle 20:45 e così via… così lo spettatore che volesse tornare a vedere un’altra replica di TROIANE, CANTO DI FEMMINE MIGRANTI in un orario diverso, si troverà di fronte ad una rappresentazione in parte o del tutto differente).