“La Classe DiGerente 3 – La Rivoluzione”, la forza dirompente della parola e una vera opportunità di riflessione

Qualche sera fa abbiamo potuto assistere, alla Sala Laudamo del Teatro Vittorio Emanuele di Messina, ad una bella e audace pagina di teatro civile grazie a  “La Classe DiGerente 3 – La Rivoluzione” scritta, diretta ed interpretata da Elio Crifò, prodotta da “Distribuzione Indipendente”, con la partecipazione straordinaria dell’attrice Emy Bergamo.

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Lo spettacolo, alla sua terza edizione, è un vero e proprio format in evoluzione in cui inizio e fine sono uguali ai due precedenti allestimenti e tutto quello che vi è contenuto “in mezzo” è aggiornato e trattato, in un’ora e mezza, con pungente e lungimirante satira su tematiche di varia tipologia storica, politica e sociale.

Ben costruito, si snoda in un’atmosfera da cabaret “civile”; uno spettacolo d’informazione “in formazione” (in questo caso appropriato e voluto gioco di parole…) per una esibizione che inizia facendo sorridere, ma che, nelle intenzioni dell’autore, vuole fortemente indurre lo spettatore verso la riflessione sugli attuali temi politici e sociali per giungere a costruttive forme di rivolta.

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La formula vincente è d’informare e nello stesso tempo emozionare, conducendo lo spettatore fin dentro le intese ed i crimini del Potere.

Scandito, e non a caso,  l’inizio e la fine dal famosissimo leitmotiv di “Malarazza”, capolavoro di Modugno, brano che  fa capo ad un antico testo popolare siciliano ottocentesco  del poeta Lionardo Vigo Calanna e che fu subito oggetto della censura ecclesiastica.

Un uomo solo sul palco senza alcun elemento scenografico, se non uno sgabello ed un fondamentale e tagliente gioco di luce: soltanto lui, Elio, il suo smoking e un’arma, forse una tra le più potenti, a disposizione: la parola.

I ritmi, in questa edizione, sono scanditi anche dall’irrompere sulla scena della talentuosa e bella  Emy Bergamo che, ogni 20 minuti circa, dà vita ad alcuni spot satirico-pubblicitari, proponendo con ironia e grazia, il salutare rimedio della “supposta etica” o il singolare monologo sulla figura della donna, ovvero sull’uso-abuso prostitutivo della bellezza nella cultura contemporanea e nei tempi passati: ironicamente “pro-istituzione” appunto!

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Con ironica leggerezza, Elio Crifò, tagliente e sarcastico, delinea con il suo monologo la dimensione politica e civica del nostro paese, l’Italia, offuscato dalle proprie ombre, schiacciato da omertosi silenzi e da troppi crimini insoluti.

Una sapiente miscela d’informazioni frutto di ricerche personali o tratte da dossier giornalistici o inchieste parlamentari: la Chiesa nella storia, il Giubileo e i suoi affari;  il terrorismo che ti fa parlare di guerre che sono sempre state come una mano santa per la Classe DiGerente di ogni epoca, anche della nostra; dai super-funerali hollywoodiani (per sacrosanta carità cristiana) dei Casamonica, mentre ci si era rifiutati di celebrare quelli di Piergiorgio Welby, alle casse dei supermercati e dei centri commerciali, nuove cattedrali per il riciclaggio di denaro, piene zeppe di “soldi sporchi” (dalla relazione del 2012 di Ecomafie).

E ancora ci racconta di storie fuori dai tradizionali circuiti dei mass media, come quella del Poligono di Quirra, in Sardegna o della scomparsa di Franco Caddeo; delle scie chimiche e della manipolazione militare del clima e tanto altro ancora cercando di risvegliare la nostra consapevolezza, la nostra coscienza per poterci riappropriare del nostro ruolo di “Popolo Sovrano”.

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Passando dalle atmosfere del divertimento tipico del cabaret italiano a temi e drammaticità proprie del teatro civile, si assiste, insomma, a un appello provocatorio alla Classe DiGerente, al Potere e nel finale, immaginando d’essere un alto rappresentante dello Stato, di questa nostra Classe DiGerente, chiede scusa a tutti noi e a tutte le famiglie che sono state segnate da vere e proprie tragedie: da Portella della Ginestra fino ad oggi! Scusa per gli innumerevoli reati, per gli innumerevoli assassini e per gli innumerevoli tradimenti: intensi minuti dedicati a tutte le “ombre di Stato” che generano emozione e commozione e che strappano intensi e sentitissimi applausi.

Coraggio della parola, dignità, alto senso di giustizia civile, contraddistinguono, oltre misura, questo spettacolo che merita di essere visto per chi vuole percepire ancora, in questi tempi cupi, un senso di speranza e pulizia morale che l’autore infonde, in continuo crescendo, durante la rappresentazione.

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