Incontro con Concetta Di Lunardo, autrice di “Expo 2015, Istruzioni per l’uso”

Un libro che parla di storia, di filosofia, di cibo e di dissenso può raccontare l’Expo di Milano? No, ma può aiutarci a parlarne in futuro come di una buona occasione e non come di un brutto ricordo. Punto cardine della teoria dell’autrice è assolutamente l’educazione: «Un vero cambiamento, un nuovo senso del vivere nel rispetto del Pianeta e dell’ambiente ci chiamerà a scelte responsabili che solo l’educazione potrà preparare nella piena consapevolezza che non abbiamo troppo tempo, visti i segnali che arrivano dagli ecosistemi». Il nuovo libro di Concetta Di Lunardo

Un libro agile e intelligente che prova a tracciare le coordinate delle idee e delle contraddizioni che si muovono dietro l’Expo di Milano, il più grande evento mondiale dedicato al cibo, l’economia, l’ambiente, le tecnologie e le culture.

“Expo 2015, Istruzioni per l’uso – Filosofia dell’ambiente, sviluppo sostenibile e multinazionali? è il titolo del lavoro di Concetta Di Lunardo, pubblicato da Armando Siciliano editore, verrà presentato sabato  16 maggio al Salone Internazionale del Libro di Torino. La copertina (foto a sinistra) curata dal disegnatore Antonio De Blasi fa parte della sua collezione privata.

Giornalista e docente di filosofia in un liceo romano, si occupa di cronaca, politica e cultura ed è capo redattore del quotidiano “di-Roma”, ha seguito varie inchieste di politica locale nel III Municipio della Capitale.

Abbiamo incontrato l’autrice nella sua abitazione romana. 

Come nasce l’idea di scrivere un libro sull’Expo di Milano? Come si lega al tuo lavoro di insegnante?

L’idea è nata quasi per caso, mentre facevo da addetta stampa per il convegno «Sicilia Expo 2015 – Bio Mediterraneo» a Roma. Da lì ho iniziato a sviluppare una profonda riflessione sui temi dell’alimentazione, dello sviluppo sostenibile e dell’ambiente. Mi sono accorta fin da subito che attorno all’Expo Universale, da poco inaugurata a Milano, cresceva un vortice mediatico che creava confusione. Ne ho avuta poi prova in classe con i miei studenti, incuriositi dal tema, ma al tempo stesso spiazzati dalle contradditorie notizie stampa.

Mi sono detta che avrei dovuto scrivere questo libro soprattutto per loro, come “istruzioni per l’uso” dei temi fondamentali di quell’evento in relazione  alla dimensione sociale che rivestono la scuola e l’educazione. Stimolare senso critico e progettualità per immaginare un mondo migliore.

Una sorta di accompagnamento all’Expo…

Ho immaginato un percorso maieutico con studenti appassionati che, attraverso la storia della filosofia, riflettessero tra le pretese umane fondate su una presunta onnipotenza e l’efficienza della natura, stimolando quella curiosità che talvolta la scuola spegne: la filosofia potrebbe aprire spazi di riflessione sui temi dell’ecologia e dell’ambiente svuotando la natura di significati utilitaristici e strumentali funzionali ai bisogni dell’uomo.

Sarà possibile veramente rimodulare, attraverso Expo i temi di un nuovo umanesimo?

Expo rappresenta un’opportunità di discussione, oltre che di scambi e relazioni commerciali. I temi affrontati nel libro sono quelli che avevo già sperimentato per Sicilia Expo, declinati attraverso il cibo, ma che intercettano appunto ambiti disciplinari differenti. Si va dalla filosofia alla bioetica, dall’ecologia alle scienze umane, in funzione di una serie di appuntamenti sulle emergenze planetarie del Terzo Millennio. Tutte direttamente collegate tra loro con l’ambiziosa “Sfide Fame Zero”, che la Fao ha posto in Expo. E’ sicuro che al di là di Expo sarà necessario un cambio di passo rispetto alle emergenze planetarie, siamo chiamati con grande senso di responsabilità a porre dei limiti rispetto al delirio di un progresso illimitato.

Un approccio nuovo rispetto al rapporto uomo-natura sollecitati  dalla filosofia?

Il tema sullo stato di salute del Pianeta coinvolge parecchie discipline: scienza, politica, economia, ecologia ecc., ma filosoficamente attiene al rapporto uomo-natura. Credo debba guidarci una sorta di imperativo categorico rimodulato sulla base di un’etica della natura intesa come parte del tutto e quindi degna di cura, in modo da  preservarla da azioni sconsiderate. Una sorta di biocentrismo fondato su una visione etica in senso propriamente ecologico che assegni a tutto ciò che vive in natura pari dignità e valore. Per questo ho intravisto nel naturalismo rinascimentale a partire da Telesio a Giordano Bruno una certa empatia nel rapporto uomo-natura, sino al punto di arresto con la deriva tecnocratica di Bacone che profetizza il dominio della tecnica. Sulla scia di Bacone, anche Cartesio invitò i buoni ingegni ad insistere sulla necessità del dominio umano sul creato e sull’utilità di una filosofia pratica per «rendere l’uomo padrone e possessore della natura». Un approccio nefasto alla filosofia della natura, ignaro che l’uomo non è al centro di nulla e che precorre «l’epistemologia del dominio» ed etiche «antropocentriche»

«Nutrire il Pianeta» è proprio lo slogan dell’evento universale…

Mentre scrivevo avevo sempre più chiara l’idea che un atto semplice come mangiare o scegliere un cibo contempla in realtà decisioni ecologiche, filosofiche e persino politiche, visto che il modo in cui ci nutriamo determina il destino del nostro Pianeta, anche attraverso l’uso che facciamo delle risorse naturali. 

Oggi molti milioni di persone nel mondo muoiono di fame e non perché non ci sia cibo a sufficienza, ma perché non tutti hanno accesso a quel cibo. Morire di fame, vittima delle diseguaglianze sociali, dell’accesso alle risorse per problemi politici, economici e ambientali è la triste contraddizione che restituisce paradossalmente proprio lo slogan principale di Expo 2015: “Nutrire il Pianeta”.

In questo senso l’Expo dovrebbe diventare un luogo di pensiero, non di scambio di merci. Occasioni per scambiare merci non mancano. Mentre l’Expo dovrebbe essere un momento di pensiero dell’uomo sulla propria identità. Che c’entra tutto questo con il cibo? Forse poco. 

Appunto un altro equivoco di Expo: coniugare la scienza del cibo migliore con la solidarietà umana.

I capitoli del tuo libro spaziano dalla storia delle Esposizioni Universali, fino all’articolazione di un vero dibattito sull’alimentazione.

Ho dedicato i capitoli centrali ad una breve storia delle Esposizioni Universali, appunto, con i simboli di architettura che hanno lasciato, espressioni delle sfide e degli orizzonti politico-culturali del tempo.

Poi ho dato ampio spazio all’agricoltura sostenibile, lo spreco alimentare, cibo e salute, ricerca e tecnologia, educazione alimentare e biodiversità. Tutti temi trasversali e complessi che ho cercato di trattare con un linguaggio semplice sollecitando domande che spesso hanno trovato risposte in documenti autorevoli o convegni di approfondimento.

Un capitolo a parte invece è dedicato alla mia Sicilia, non solo perché è la mia terra, ma perché è coinvolta in Expo in duplice veste: nel Padiglione Italia come regione rappresentativa nel panorama nazionale e come Official Partner di Expo, capofila del Cluster Bio-mediterraneo insieme ad altri dodici Paesi.

Ma Expo 2015, già a partire dall’inaugurazione il 1° maggio, è oggetto di una dura contestazione da parte di chi crede che si tratti solo di una grande vetrina, con poca sostanza e molta ipocrisia. La presenza di alcune grandi multinazionali dell’alimentazione come main sponsor dell’evento pone delle grandi contraddizioni.

Nella parte finale del mio lavoro mi sono occupata proprio della Grande Esposizione nell’ottica del dissenso. Non si può negare che Expo sia anche questo. Il Paese si stringe intorno a movimenti e associazioni, ma anche singoli cittadini con l’unico slogan del «No Expo».

Tra le contraddizioni che hanno screditato il tema «Nutrire il pianeta, energia per la vita», c’è appunto la massiccia presenza di multinazionali del settore alimentare che con il cibo buono, tracciabile e di qualità non hanno nulla a che fare. Penso ad esempio a Nestlè, acqua ufficiale di Expo, Coca Cola partner soft drink. Si tratta di simboli della cattiva alimentazione globalizzata, per l’uso spregiudicato che incarnano nei processi dello sviluppo sostenibile e della globalizzazione.

Expo riuscirà a sviluppare un dibattito articolato col lo scopo di produrre progresso e sinergia tra sostenibilità ed uguaglianza sociale?

Chiudo con una battuta di Carlo Petrini, presidente di Slow Food: «nell’ultimo secolo abbiamo perso il 70% di biodiversità nel Pianeta per una assurda logica produttivistica, l’Expo non dovrà essere un palcoscenico al servizio dell’industria, ma del piccolo artigianato e dell’agricoltura familiare, che è il perno della lotta alla fame».

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