Città ombra, un viaggio nelle periferie di Catania

Mi piace particolarmente ciò’ che c’e’ di “invisibile” nella mia città, cammino leggera per le strade del mio mondo  con la mia Nikon, quasi ad avvertire un senso di mistico che trasmette la ricerca di una foto da trovare nella mia mente.

Ogni giornata ha uno specifico significato perché  mi suscita delle emozioni ben precise, perché’ rigenera la mia voglia di scoprire, solletica la curiosità del mio essere, sicuramente non potrei mai rinunciare alla mia macchina fotografica , al piacere di quel piccolo rumore ormai digitale definito click, alla necessità di respirare con gli occhi la vita. Mi piace particolarmente ciò’ che c’e’ di “invisibile” nella mia città, cammino leggera per le strade del mio mondo  con la mia Nikon, quasi ad avvertire un senso di mistico che trasmette la ricerca di una foto da trovare nella mia mente. Così capita che il mio istinto mi porti in una strada piuttosto che in un’altra, ed eccomi tra le vie di una Catania concepita in modo futuristico, quasi a lasciarmi immaginare di essere all’interno di una scena del famoso film di Ridley Scott “Blade Runner” dove nel buio delle sue scene fluttuavano tra i grigi grattacieli navicelle spaziali dal motore silenzioso, dove la mancanza di vegetazione priva il  respiro umano e così mi ritrovo immersa nel cemento e mi ritorna in mente una famosa canzone italiana.

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Là dove c’era l’erba ora c’è una città, e quella casa in mezzo al verde ormai, dove sarà? Così recitava nel 1966  il testo di un famoso brano di Adriano Celentano che denunciava il continuo ed incessante sviluppo del mondo, che inevitabilmente costringe la popolazione a restringersi in spazi sempre più stretti, ad abbandonare la propria infanzia ed i sogni di vita futura che la accompagnano, a dimenticare  la vita all’aria aperta, a reprimere i bambini costringendoli a vivere circondati dal cemento e non dagli alberi. 

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È esattamente questa la sensazione che ho ricevuto attraversando alcuni quartieri di Catania, l’aria sembra rarefatta bloccata in un tempo senza tempo, lo strano ed inquietante silenzio che si avverte passeggiando in quelle vie viene rotto dal rombo di un scooter dalla cilindrata “truccata” e dal  fischio codificato  del conducente che avverte qualcuno di  invisibile ai miei occhi che un’”estranea” stava girovagando per le loro vie con fare sospetto.

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La mia macchina fotografica sembrava rappresentasse per loro un’arma potente da cui difendersi, volti preoccupati, ragazzini dai grandi occhi neri  spuntavano dai cespugli o scomparivano dietro sporchi angoli resi ancora più evidenti  da grandi murales colorati  e poi il nulla, eppure sapevo di essere spiata dall’alto di quei casermoni dalle stanze disabitate.

Non demordo, continuo a passeggiare tra le vie della mia Catania, non posso e non voglio sentirmi una straniera nella mia città, e mi ritrovo in un ghetto che segue leggi mai scritte, leggi d’onore, leggi secondo le quali le scuole non vengono frequentate perché è più  importante portare i soldi a casa, non importa come.

Aspettative di vite lasciate a marcire come l’istituto scolastico con il suo campo da calcio abbandonato, le sue aule distrutte,  i suoi cumuli di calcinacci, ferri arrugginiti e vetri sparsi ovunque quasi a sostituire le aiuole. Un luogo che avrebbe dovuto accogliere, formare, e preparare al futuro gli adulti del domani nel rispetto delle leggi, nell’importanza del lavoro, nell’onestà nel valore dello sport è diventato sotto gli occhi di questo cielo terso un luogo fantasma, eppure la presenza dei pneumatici posti dentro il campo di calcio a mo’ di pali della porta lascia intendere che la vita dei ragazzi di queste zone dimenticate dal buon senso urla gioia, voglia di esistere, di giocare, di vivere urla la necessità di riappropriarsi di quegli spazi nati e costruiti per la loro formazione fisica e culturale.

Ai miei occhi Il cielo nuvoloso scansiona nella mia mente questo quartiere, rendendolo quasi il negativo di una foto. Una barca di salvataggio ormeggiata in maniera surreale sul tetto di due furgoni ittici, parcheggiati negli spazi sottostanti gli imponenti palazzi di cemento, rappresenta ai miei occhi la speranza che tutto possa essere salvato e migliorato e che i sogni non vadano in fumo malgrado tutto.

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