Viaggio nel Mito e nella Magia delle Leggende Siciliane: l’intreccio tra storie sull’Etna e la triste fine di Empedocle

La maestosa figura dell’Etna, con la sua imponente presenza e la potenza dei suoi fenomeni naturali, ha da sempre affascinato e stimolato la fantasia delle popolazioni che abitano le sue pendici e di coloro che ne sono venuti a conoscenza attraverso racconti e leggende tramandate nel tempo.

Questo vulcano, situato in Sicilia, a Catania, è uno dei più attivi e suggestivi al mondo, e la sua intensa attività eruttiva, unita alla spettacolare vista del suo cono innevato, ha ispirato numerose narrazioni mitiche e leggendarie. Sin dall’antichità, le popolazioni locali hanno attribuito alla montagna una personalità e un potere divino, concependola come una creatura vivente capace di influenzare il destino degli uomini.

Nella tradizione siciliana, l’Etna è spesso associato a Efesto, il dio greco del fuoco e della vulcanologia, il quale avrebbe forgiato le armi degli dèi all’interno delle sue viscere. Questa credenza si è intrecciata con storie di giganti sepolti sotto la montagna e creature mitologiche che avrebbero popolato le sue caverne sotterranee. La presenza dell’Etna ha, anche, influenzato la vita quotidiana delle comunità locali, creando miti e superstizioni riguardanti la sua imprevedibilità. Le eruzioni improvvise e i flussi di lava imponenti hanno portato alla nascita di storie su creature mitiche che avrebbero scatenato la furia del vulcano o cercato di placarla con sacrifici.

Inoltre, il paesaggio mutevole e affascinante dell’Etna ha ispirato opere letterarie, poesie e dipinti nel corso dei secoli, offrendo una fonte inesauribile di ispirazione per scrittori e artisti. L’Etna ha favorito la fantasia di tante leggende grazie alla sua maestosità, alle sue eruzioni imprevedibili e al suo ruolo fondamentale nella cultura e nella mitologia siciliana.

ETNA E I SUOI MOLTEPLICI SIGNIFICATI

Il nome “Etna” potrebbe avere origine dalla pronuncia greca antica del toponimo “Aitna“. Questo nome fu, anche, assegnato alle città di Catania, che deriva dalla parola greca “aitho” che significa “bruciare” o dalla parola fenicia “attano“, che significa “fornace”. Durante l’età romana, l’Etna era conosciuto come “Aetna“. Gli Arabi, invece, la chiamavano la montagna “Jabal al-burkān” o “Jabal Aṭma Ṣiqilliyya“, che si traduce in “vulcano” o “montagna somma della Sicilia”. Successivamente, questo nome fu modificato in “Mons Gibel“, che significa “la montagna due volte”, unendo le parole latine “mons” (monte) e arabe “Jebel” (monte), per sottolinearne la maestosità.

Il termine “Mongibello” è stato di uso comune fino quasi ai giorni nostri, con alcuni anziani che ancora oggi chiamano l’Etna in questa maniera. Secondo un’altra interpretazione, l’origine del nome “Mongibello” può essere ricondotta a “Mulciber”, uno degli epiteti attribuiti al dio Vulcano dai romani. “Mulciber” significava “qui ignem mulcet”, ossia “colui che placa il fuoco”, riflettendo il tentativo di placare la forza distruttiva dell’Etna. Le popolazioni etnee, per indicare l’Etna, usano il termine gergale “‘A Muntagna“, semplicemente nel suo significato di “montagna per antonomasia”, ovvero la montagna per eccellenza nella loro cultura.

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IL GIGANTE ENCELADO

Encelado è una figura della mitologia greca, un gigante titanico associato al monte Etna. Secondo la leggenda, Encelado era uno dei figli dei Titani, potentissime divinità primordiali. Durante la titanomachia, la titanica guerra contro gli dèi dell’Olimpo, Encelado si schierò contro Zeus e gli dèi olimpici, cercando di rovesciarli e prendere il controllo dell’Olimpo. Tuttavia, la sua ribellione non ebbe successo, e fu sconfitto dai potenti fulmini di Zeus e dalle abilità di combattimento degli altri dèi. Come punizione per la sua audacia, Zeus condannò Encelado a essere sepolto vivo sotto l’Etna.

Lì, sotto il peso della montagna, Encelado fu intrappolato in una prigione di fuoco. Si racconta che le eruzioni e le fiamme che si vedono sul monte Etna siano il risultato dei vani tentativi di Encelado di liberarsi dalla sua prigione sotterranea. La leggenda narra che ogni volta che si muove o cerca di liberarsi, il vulcano erutta e produce terremoti e fiamme spettacolari. Solo il suo respiro ardente emergeva dal profondo, trasformato in ciò che noi conosciamo come lava.

Questa leggenda è stata tramandata attraverso le generazioni e il monte Etna è diventato un luogo mitico associato all’antica lotta tra dèi e titani, con Encelado come un simbolo di forza ribelle e punizione divina. Ancora oggi, il monte Etna continua a essere uno dei vulcani più attivi al mondo e un’importante attrazione turistica in Sicilia, con la sua storia leggendaria che continua ad affascinare e ispirare le persone di tutto il mondo.

LA VENDETTA DI EFESTO

Nella mitologia greca, la leggenda di Efesto sull’Etna è un racconto affascinante che coinvolge il dio degli artigiani, degli artiglieri e del fuoco, Efesto (conosciuto anche come Vulcano dai Romani). La storia narra che Efesto era il figlio di Zeus ed Era, ma a causa della sua bruttezza e zoppìa, fu scacciato dall’Olimpo e cadde sulla terra, precisamente sull’isola di Lemno o sulla Sicilia, vicino al monte Etna. Un giorno, il piccolo Efesto fu ritrovato da due graziose ninfe, Teti ed Eurionome, che lo accolsero amorevolmente e lo crebbero con affetto in una caverna. Con il passare del tempo, il ragazzo, chiamato Efesto, mostrò un notevole talento nel lavorare i metalli, creando gioielli incantevoli che attirarono l’attenzione degli dèi sull’Olimpo.

La dea Era, venuta a sapere delle abili abilità di Efesto, si recò personalmente da lui e gli commissionò la costruzione di un trono. Non volendo essere riconosciuta, Era mascherò la sua identità e poi tornò al suo regno divino. Tuttavia, Efesto riconobbe la sua vera madre e sentì il dolore del suo abbandono. Deciso a vendicarsi, Efesto accettò l’incarico di costruire il trono, ma creò una sedia maledetta. Una volta che Era si sedette, non riuscì più a liberarsi da essa. Era intrappolata nel trono e si trovava a dover fare i conti con le conseguenze delle sue azioni passate.

Per sciogliere il maleficio, Era promise a Efesto di sposare Afrodite, la dea dell’amore e della bellezza, e gli concesse di tornare nell’Olimpo. Tuttavia, i continui tradimenti di Afrodite e le derisioni per la sua bruttezza portarono Efesto a prendere una decisione drastica. Stufo delle ingiustizie e delle pene che aveva subito, decise di abbandonare per sempre l’Olimpo, trovando rifugio nelle profondità del monte Etna. Da allora, si dice che Efesto risieda all’interno del vulcano, forgiando i metalli con il fuoco vulcanico e continuando a dimostrare la sua straordinaria abilità, ma lontano dalle ingiustizie degli dei e dei mortali. L’Etna, con la sua maestosa presenza e la sua imprevedibile attività, è diventata il simbolo dell’esilio di Efesto, una figura tanto potente quanto tormentata, le cui vicende alimentano ancora oggi la fantasia e l’immaginazione delle persone.

Qui, nel sottosuolo, Efesto costruì il suo maestoso laboratorio, dove forgiava le armi e le opere magnifiche e potenti per gli dèi dell’Olimpo. Le leggende raccontano che il fragore delle sue mazze da guerra e il crepitìo del fuoco che ardeva nella sua forgia si potessero sentire dagli abitanti dell’isola. Ma, la sua storia sull’Etna non si limita alla maestria artigiana. Si dice che Efesto, nel profondo della sua solitudine, trovò consolazione nel vulcano. Con il tempo, il monte divenne un rifugio per lui, e la sua presenza si mescolò con la maestosità e la potenza della montagna stessa.

La leggenda continua dicendo che Efesto plasmò la lava ardente e la rese uno strumento di punizione per coloro che osavano sfidare gli dèi. Secondo alcune versioni, egli custodiva l’enorme Ciclope Polifemo nel vulcano, prigioniero del suo talento artigianale.

Così, Efesto trascorse i giorni e le notti sull’Etna, tra la creazione delle sue opere e il controllo delle forze furiose della natura che emanavano dalla montagna. La sua presenza fece del vulcano un luogo di mistero e potere, e le sue azioni forgiate nella leggenda di Efesto sull’Etna, rimanendo un racconto affascinante delle abilità artigianali divine e delle connessioni con la natura selvaggia e incontrollabile.

I fratelli Pii, Anapia e Anfinomo – Affresco di Annibale Carracci – Palazzo Farnese – Roma

I FRATELLI PII: ANAPIA E ANFINOMO, EROI PER AMORE

Anapia e Anfinomo erano due giovani contadini che vivevano in un tranquillo villaggio ai piedi dell’Etna insieme ai loro anziani genitori. Un giorno, mentre lavoravano la terra nei campi vicino al vulcano, furono sorpresi da una spaventosa eruzione. La lava infuocata cominciò a scorrere rapidamente verso di loro, minacciando di travolgerli. I fratelli, senza esitazione, decisero di fuggire per mettersi al sicuro, ma i loro genitori anziani erano troppo deboli per correre. In un gesto di amore e devozione, Anapia e Anfinomo caricarono i loro genitori sulle spalle e si misero a correre verso un luogo sicuro. La corsa era frenetica e faticosa, ma i fratelli erano determinati a salvare le persone che amavano di più al mondo.

Mentre la lava si avvicinava sempre di più e sembrava che non ci fosse scampo, accadde un miracolo. Incredibilmente, il flusso di lava si divise in due parti, aprendo un varco attraverso il quale i fratelli e i loro genitori riuscirono a passare sani e salvi. Fu come se una forza superiore avesse protetto quei giovani coraggiosi e i loro cari. Quando la notizia del miracolo si diffuse nel villaggio, tutti furono colpiti dal coraggio e dalla devozione dei fratelli. Vennero soprannominati “Fratelli Pii” e il luogo dove avvenne il fenomeno fu chiamato “Campi Pii” in loro onore.

Da quel giorno in poi, Anapia e Anfinomo furono considerati eroi nella loro comunità. La loro storia divenne una leggenda tramandata di generazione in generazione, ispirando gli abitanti del villaggio a essere altruisti e coraggiosi di fronte alle difficoltà della vita. Ancora oggi, il ricordo dei “Fratelli Pii” e del loro atto di amore e sacrificio vive nei cuori delle persone che si sentono protette dalla forza misteriosa e benevola che ha separato la lava per proteggerli.

NINFA ETNA

La leggenda della Ninfa Etna, in correlazione dialettale con Agata, Santa Patrona di Catania, spiega il motivo per cui i catanesi considerano l’Etna come una “montagna-madre” anziché un “vulcano-distruttore“. Secondo la tradizione, la montagna è assimilata a una figura materna, come Santa Agata, il cui nome deriva dal greco “Agathòs“, che significa “Buono“. Proprio come una madre protettiva, l’Etna viene vista come un’entità benevola che protegge la città di Catania.

La leggenda della Ninfa Etna narra di una figura mitica, figlia di Urano (il Cielo) e Gea (la Terra). La ninfa è stata coinvolta in vari episodi leggendari. Si narra che abbia avuto una relazione amorosa con Efesto, il dio del fuoco, e che da questa unione siano nati gli dei Palici, divinità protettrici della navigazione e venerati nella zona di Mineo, anticamente conosciuta come Palikè. Tuttavia, non c’è certezza che Etna sia stata la madre dei gemelli. È probabile che siano stati figli di Zeus e Taleia, quest’ultima figlia di Efesto. Secondo la leggenda, Ninfa Etna ha tutelato la gravidanza dei gemelli nascondendosi sotto il Vulcano (l’Etna). I futuri neonati sperimenteranno una doppia nascita: la prima quando l’Etna li partorirà come se fosse una madre e la seconda quando usciranno dal ventre della montagna.

Questo mito leggendario è parte della cultura catanese e contribuisce a considerare l’Etna come una figura materna, simbolo di protezione e sostegno per la città. La sua imponente presenza e la sua bellezza maestosa rendono Catania unica, e la correlazione con la figura di Ninfa Etna sottolinea questa connessione speciale tra la montagna e la città.

IL FOLLE GESTO DI EMPEDOCLE

La leggenda di Empedocle è una storia affascinante legata alla vita e alla morte di un importante filosofo e scienziato greco. Empedocle nacque nell’antica Akragas, l’odierna Agrigento in Sicilia, nel V secolo a.C. Fu un uomo di straordinaria saggezza e talento, dotato di profonda conoscenza della filosofia, della medicina e della scienza naturale. Ma, ciò che lo rese particolarmente famoso furono le sue doti mistiche e i poteri che molti attribuivano a lui.

Secondo la leggenda, Empedocle divenne noto per le sue doti miracolose, affermando di possedere il controllo sugli elementi naturali: terra, acqua, aria e fuoco. La gente si affollava attorno a lui per assistere alle sue esibizioni, dove sembrava essere in grado di evocare e manipolare gli elementi a suo piacimento. Tuttavia, Empedocle era anche un uomo tormentato. Aveva un’anima inquieta, spesso divisa tra la saggezza e la conoscenza scientifica da una parte, e la sua aspirazione verso il divino e il misticismo dall’altra. La sua ambizione era quella di conoscere i segreti dell’universo e di comprendere il ruolo dell’uomo nel grande schema delle cose.

Un giorno, durante una delle sue dimostrazioni pubbliche dei suoi poteri, Empedocle attirò l’attenzione di molte persone influenti e anche di alcuni suoi rivali. Si dice che, in un atto di pura presunzione e vanità, abbia annunciato di essere un dio incarnato, capace di trasformarsi in un essere divino e ascendere al cielo. Tuttavia, mentre si preparava per questa spettacolare dimostrazione del suo potere, qualcosa andò terribilmente storto. Le cronache narrano che, invece di ascender al cielo, Empedocle fu inghiottito dalla bocca ardente dell’Etna, il possente vulcano che dominava la sua terra natale.

Alcuni dicono che sia stato un atto di auto-sacrificio, un tentativo di dimostrare la sua immortalità. Altri credono che la natura stessa abbia punito la sua presunzione e lo abbia inghiottito nelle viscere infuocate del vulcano. Dalla sua scomparsa, Empedocle divenne una leggenda. La sua filosofia e il suo contributo alla scienza sono stati tramandati nei secoli, e la sua figura è stata oggetto di numerose opere letterarie e artistiche. Ancora oggi, il ricordo di Empedocle, il filosofo dalla personalità complessa, vive nell’immaginario collettivo come un uomo straordinario che cercò di abbracciare sia la conoscenza razionale che i misteri dell’universo.

Oltre alle leggende e agli aneddoti, la storia di Empedocle ha ispirato la costruzione della “Torre del Filosofo” sulla cima dell’Etna. Questo rifugio fu costruito intorno al 1960, ma, purtroppo, subì la distruzione a causa delle eruzioni vulcaniche avvenute nel 1971, nel 2002 e nel 2013, le quali seppellirono completamente l’intera struttura. La “Torre del Filosofo” fu eretta in onore di Empedocle, un antico filosofo, scienziato e politico di Agrigento, che condusse ricerche sulla natura del vulcano e morì tragicamente durante un esperimento.

La torre non solo fungeva da rifugio per gli studiosi interessati all’attività vulcanica, ma costituiva anche un omaggio al legame tra Empedocle e l’Etna. Tuttavia, le eruzioni successive dimostrarono ancora una volta la potenza e l’imprevedibilità del vulcano, evidenziando la necessità di rispetto e cautela nei confronti di questa imponente forza naturale. Nonostante la distruzione della “Torre del Filosofo”, l’Etna continua a essere una fonte di fascino e meraviglia, continuando ad affascinare sia gli abitanti locali che gli studiosi provenienti da tutto il mondo.

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