Teatro del Canovaccio, ultimo spettacolo della rassegna REAZIONI: 30, 31 maggio e 1 giugno

C’era un sapore agre sulle tue labbra. Era il sapore del sangue? Ma forse era il sapore dell’amore. Si dice che l’amore abbia quel sapore… Queste le ultime parole di Salomè prima che il sipario cali sul dramma finale. Salomè di Oscar Wilde è una storia di distorsione dei sentimenti, lontani dal vero amore, dettati solo dall’arroganza e dalla superficialità di chi sta al potere ed è convinto di avere diritto a tutto. E’ una tragedia intrisa di impulsi erotici ambigui, cupi e perfino macabri, di cui Wilde ha esaltato gli aspetti più crudi e perversi nei rapporti fra i protagonisti, cinici e decadenti. Tutti i quattro personaggi della nostra messa in scena ne soffrono e ne sono pienamente coinvolti. Il desiderio di Salomè è solo carnale, esclusivamente fisico, che lei pretende di soddisfare come un diritto di principessa, giocando con la vita del profeta Iokaanan pur di soddisfare il proprio capriccio e usando l’ambiguità di quelle passioni, generate da rapporti insani, incestuosi e di sicuro malati. Iokaanan (il Battista) per noi diventa solo una voce che viene dal pozzo dov’è tenuto prigioniero, la voce della coscienza sporca e corrotta. Al centro della narrazione c’è un triangolo che ha per protagonisti: Salomè, Iokaanan ed Erode. Salomè è protesa verso Iokaanan, Iokaanan è portatore di una profezia di distruzione contro Erode, Erodiade e il loro oscuro regno, Erode è unicamente in cerca della soddisfazione del suo piacere (dimenticando le responsabilità di governo) ma è spaventato dalle profezie del Battista. Oscar Wilde sposta tutta la colpa del martirio del santo sulla giovane principessa mentre, nella tradizione, Salomè è strumento della volontà omicida della madre (per noi matrigna) Erodiade, al fine di ottenere l’uccisione di Iokaanan, grande accusatore pubblico degli scandali e delle nequizie di corte. La presunta innocenza della principessa viene profanata da una curiosità erotica oscura e dal senso del peccato che la conduce però all’auto-disfacimento. È Salomè stessa, fisicamente attratta dal santo ma da lui respinta con profezie di perdizione, a decidere di offrirsi al desiderio del patrigno Erode, allo scopo di chiedere in compenso la testa del Battista. Se non potrà averlo vivo e consenziente, lo avrà lo stesso, da morto. Per puro capriccio regale e per vendetta verso il rifiuto del profeta. Con la sua bellezza, la sua determinazione e la sua capacità di persuadere, riuscirà a corrompere tutti a modo suo e a ottenere dal patrigno ciò che vuole. Realizzato il desiderio aberrante della figliastra, il tetrarca, sconfitto e deriso pubblicamente davanti ai suoi ospiti, in un impeto di folle gelosia provocata dalla stessa Salomè come per autopunirsi, la uccide con le sue stesse mani. Questo femminicidio, dettato da gelosia e dalla decadenza morale di questi regnanti, è la scelta finale della nostra messa in scena. I sentimenti dei personaggi si sono tutti mutati in rancore e violenza, per la difesa del proprio orgoglio e della onorabilità del potere che porta alla tragedia finale.  

 (note di regia)

-Per la rassegna di cinema proiezione del film Paolo il caldo, regia di Marco Vicario tratto dal romanzo di Vitaliano Brancati. 24 maggio, ore 21,00

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