La soluzione diplomatica proposta dalla Russia per scongiurare un attacco armato in Siria, impone la consegna di tutte le armi chimiche agli Stati Uniti. Ma anche se davvero consegnassero tutte le armi, il problema non si risolverebbe
Gli Stati Uniti e la Russia infatti, sanno esattamente quello che ci vuole per sbarazzarsi delle armi chimiche. Hanno entrambi trascorso gli ultimi 16 anni nello smaltimento delle loro scorte chimiche, secondo quanto previsto dal trattato che bandisce l’uso ed il possesso di tali strumenti.
La Siria non ha mai firmato quel trattato. Secondo una stima, Damasco avrebbe qualcosa come mille tonnellate di agenti chimici.
Il problema non è tanto azzerare la capacità produttiva degli gli impianti, ma quanto smaltire le armi pronte all’uso con testate chimiche già installate.
Gli Stati Uniti hanno speso 26,5 miliardi di dollari nella costruzione di inceneritori in otto stati e su una remota isola del Pacifico dove erano conservate armi chimiche. Finora, 27 mila tonnellate di agenti chimici sono stati distrutti.
Smaltire le scorte siriane costerebbe circa 1 miliardo di dollari.
La Siria avrebbe dovuto dichiarare esattamente, in tempi non sospetti, quante armi chimiche possiede e dove sono immagazzinate: questo sarebbe stato il primo segno di un paese che intende cooperare con le Nazioni Unite.
Intanto, una foto satellitare del 30 agosto scorso, mostrerebbe attività presso uno degli impianti di plutonio in Korea del Nord. La foto in questione mostra palesemente del fumo bianco che esce da un inceneritore facente parte di un complesso di sviluppo in grado di produrre 6 kg di plutonio l’anno. Nessun commento ancora da parte degli Stati Uniti.
(Spaziodifesa)