R.I.P. Johnny Winter. La slide-guitar albina lascia i palchi terreni: destinazione Gibson-spaces

La più grande chitarra elettrica slide ci lascia: proprio domenica 17 e lunedì 18 agosto del ’69, accompagnato dal fratello Edgar, rockeggiava con Tobacco road al Festival di Woodstock. Era nato The King of Rock-blues slide guitar.

Johnny l’albino ci ha lasciati, aveva settantanni. Una lunga vita di successi ed eccessi per il leggendario chitarrista texano, Re del Blues. Con la sua slide guitar aveva infiammato i palchi del rock mondiale, insieme ad altri miti come JImi Hendrix e Janis Joplin. Pur se malata aveva suonato recentemente in Austria, ma mercoledì scorso aveva appoggiato la sua sei corde in una stanza d’albergo di Zurigo: osava sempre dire “datemi una sei corde, preferibilmente una Gibson Slide, e vi solleverò il mondo“. 

John Dawson Winter III detto Johnny (Beaumont23 febbraio 1944 – Zurigo16 luglio 2014) chitarrista e cantante statunitense, di blues e rockCelebre per il virtuoso uso della chitarra slide e per i suoi lunghi capelli bianchi: Winter, infatti, era affetto da albinismo. L’esordio discografico avviene nel 1968 con l’album omonimo in cui suonano autentiche leggende (allora viventi) del blues: Willie Dixon al contrabbasso e Little Walter all’armonica (entrambi membri della storica formazione della Muddy Waters Band), Tommy Shannon al basso elettrico (futuro Double Trouble, la band di Stevie Ray Vaughan). Nel disco suona anche il fratello Edgar Winter, sassofonista, anch’egli affetto da albinismo.

Dopo la pubblicazione del successivo Second Winter del 1969, Johnny entra nella Muddy Waters Band che nel bienno 1968-1970 aveva subito le gravi perdite di Little Walter e Otis Spann. Ha partecipato nel 1969 allo storico Festival di Woodstock, in cui suonò nove pezzi, tra cui una versione di Johnny B. Goode” di Chuck Berry.

Muore in una clinica di Zurigo la sera del 16 luglio 2014. 

 
Nei ricordi di Guido Harari e Carlo Massarini, grandi fotografi dei mostri sacri della musica e storici del panorama musicale mondiale
(condiviso da 
Maurizio Becker e da tutte le nostre redazioni):

 

 (G.HarariUno dei miei eroi è volato via all’improvviso: JOHNNY WINTER, l’albino del blues, una delle leggende di Woodstock, colui che rese omaggio alla grande tradizione della musica afro-americana anche contribuendo al rilancio di MUDDY WATERS di cui produsse diversi riusciti album. La sua versione di “Highway 61” vivrà in eterno quanto come la rilettura più travolgente e personale di un brano dylaniano, al pari di “All Along The Watchtower” nell’interpretazione di Jimi Hendrix. Resta il ricordo di averlo incontrato e fotografato pochi anni fa, in una notte senza speranza ad Asti, dopo ore di attesa. Il suo roadie mi mise in mano la storica Gibson Firebird, dicendomi che era stata imbracciata anche da Hendrix. Winter posò per me nella hall del suo albergo per una mezz’ora come in trance, senza dir quasi una parola. Eravamo entrambi in ritardo sulla Storia, peccato. 

(C.MassariniMi ricordo di quando, a 18 anni, salivo sul tavolo di panno verde di PVG sotto lo sguardo attonito di funzionari e tecnici Rai, urlando a squarciagola Rock’n’roooooooll !! lanciando quell’album dal vivo che aveva più energia di 100 dischi di metal. Johnny Winter And Live, goduria infinita in quegli anni di primo affaccio sul mondo della musica. 43 anni dopo, l’intervista che abbiamo passato a Ghiaccio Bollente: il texano albino nella parte del survivor, piegato da 30 anni di dipendenza da Metadone e una carriera alla deriva, salvata dal fedele chitarrista/produttore/manager/angelosalvatore Paul Nelson. Finalmente ‘pulito’ e ancora in pista a 70 anni che sembravano cento.
Tenerezza infinita nel vedere quel gigante del rockblues così fragile, nel sentirlo parlare quasi a monosillabi del suo passato, del tirarsi sù la maglietta e mostrare il suo Dragone scolorito tatuato sul petto. “Johnny, sei stato il primo a entrare nella Hall of Fame del BluesPrima di Clapton e Bloomfield, eh? Eh sì, li ho fregati!

E giù una risata contagiosa per tutti i presenti. 
Se n’è andato stanotte, a suonare con Jimi, e Bloomfield, e Muddy, e tutti quelli che ha amato. E’ una generazione che a poco a poco se ne va, in buona parte consumata da stili di vista aldisopra dell’umana resistenza. Una generazione irripetibile, che si è immolata anche per dare a quelli che rimanevano materiale per sognare, per liberarsi, per provare a essere diversi, per trovare qualcosa al di là del visibile. O, semplicemente – e non è poco – per saltare urlando Rock’n’rooooll !! a squarciagola nell’etere italiano.
Ciao, Johnny, stanotte lassù sarà blues celestiale. (C.Massarini)

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