L’Associazione Alfredo Agosta e Paolo Antonio ricordano il sacrificio del giudice ucciso dalla mafia nel 1992, presentandolo all’Istituto De Felice sabato mattina.
Sono passati ventitré anni dalla morte del giudice Falcone, della moglie Francesca Morvillo e degli uomini della scorta. Era il 23 maggio del 1992 quando la mafia decise di liberarsi di un uomo scomodo, che stava finalmente ottenendo risultati nella lotta a Cosa Nostra, facendolo saltare in aria, con cinque tonnellate di tritolo.
Quell’episodio, la strage di Capaci, ha segnato profondamente il Paese che, da allora, si stringe nel ricordo di Giovanni Falcone, diventato modello per tutti, non soltanto per i magistrati. Parlarne alle giovani generazioni è l’intento dell’Associazione nazionale antimafia Alfredo Agosta che, sabato mattina, alle ore 10.30, sarà all’Istituto De Felice per raccontare agli studenti del quarto anno dell’uomo e della speranza che la sua morte rappresenta non solo per la Sicilia ma per tutta l’Italia.
Due i relatori d’eccezione: Alessandro La Rosa, della Direzione Investigativa Antimafia e il cantautore Paolo Antonio, impegnato nel sociale e autore di un brano, Piacere Salvatore, aperta denuncia contro la piaga del pizzo. Con loro sul palco, Giuseppe Agosta, figlio del commissario Alfredo Agosta, Carmelo La Rosa, vicepresidente dell’Associazione e Mariolina Malgioglio, moderatrice dell’incontro.