L’anatomia di uno stupro raccontata a Taormina da Cecilia Peck

“Il documentario “Brave Miss World”prodotto in crowfunding insieme a Sharon Stone”.

Uno dei delitti più terribili, lo stupro, è protagonista alla sessantunesima edizione del Taormina film fest. A mettere le mani su un tema così forte è stata Cecilia Peck, attrice e regista figlia del grande Gregory nel documentario “Brave Miss World”, finanziato con il crowfunding e co-prodotto da Sharon Stone. Di scena la vicenda dell’israeliana Linor Arbagil, Miss Mondo nel 1998, che  a poche settimane di distanza da uno stupro, avvento a Milano che ha cambiato la sua vita.

La Peck parla di questo suo documentario ancora senza distribuzione in Italia come una “Anatomia di uno stupro”. La Arbagil racconta nel docufilm tutte le difficoltà incontrate per ottenere giustizia e anche solo per rendere nota la propria storia. Perché a differenza di tantissime, Miss Mondo 1998, non si è mai vergognata di quello che gli era successo. “Non si vergognava di raccontare anche i dettagli – ha spiegato la Peck. Anzi era disposta a raccontare tutto pur di aiutare a parlare chi non aveva avuto lo stesso coraggio. “Nel documentario molto cruda anche la versione di Uri Shlomo Nur, un agente di viaggio in un primo tempo rilasciato dalle autorità italiane e oggi in carcere in Israele con la condanna più alta data per questo crimine: 16 anniNel film così anche l’orribile versione dell’uomo che dice che la ragazza si sarebbe inventata tutto per vincere Miss Mondo. Nel film – dice la Peck “Mostriamo la difficile strada per il recupero e la guarigione. Una cosa – ci tiene a dire – che non è mai lineare“.

La regista ha seguito per oltre 4 anni la Abrbagil, esplorando  il trauma della violenza sessuale attraverso il viaggio di una giovane donna da adolescente vittima di stupro, a vincitrice di Miss Mondo ad avvocato attivista.

Il film è stato selezionato in numerosi festival internazionali tra cui il festival di Chicago e l’Afi Docs e porta su tutti gli schermi le parole e l’esempio di Linor dopo la sentenza che ha messo in prigione il suo violentatore «Se ho potuto farlo io, puoi farlo anche tu. Se ti è successo qualcosa di grave non avere paura di raccontarlo»

L’intento è chiaro: quello di far sì che le donne parlino di ciò che è accaduto loro (si calcola che una donna su tre ha subìto nella vita una violenza, anche se non necessariamente uno stupro) e di portare a coscienza che le pene per questo crimine devono essere ben più di quelle attuali, guardando appunto ciò che accade oggi in Israele.

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