“La Sicilia al femminile e non solo…” incontra il poeta José Russotti

Il viaggio ideale della nostra rubrica prosegue tra le varie personalità della terra di Sicilia per incontrare a novembre l’arte poetica di José Russotti

Narrano le antiche cronache della Sicilia di una terra che, in un modo o nell’altro, sa lasciare sempre traccia nel cuore di chi l’ha conosciuta. Una dimensione singolare l’accompagna, unica nel suo genere, fatta sì di duri conflitti ma anche di altissimi splendori. Già nel lontano XIII secolo a Federico II di Svevia, re di Sicilia, si attribuisce quanto segue “Non invidio a Dio il Paradiso perché sono ben soddisfatto di vivere in Sicilia” infatti, conosciuto con l’appellativo di stupor mundi (“meraviglia o stupore del mondo”), Federico II amò così profondamente questa terra da rendere Palermo un centro letterario di livello europeo. Qui, infatti, si incontrarono la cultura araba, bizantina, ebraica e latina, rappresentando un decisivo contributo per la nascita della letteratura italiana grazie all’importanza fondamentale che ebbe la Scuola siciliana, detta anche Scuola poetica siciliana (nata tra il 1230 e il 1250), che ingentilì il volgare siculo con il provenzale, i cui moduli espressivi e tematiche saranno ripresi in seguito dalla lirica della Scuola toscana.

Sicilia, la sua storia millenaria l’ha resa ciò che è adesso: terra dalle mille contraddizioni ma con un fermento letterario e culturale che non si è mai arrestato.

Ed è per parlare di poesia e della poesia della nostra terra che abbiamo il piacere di incontrare José Russotti, un artista con un bagaglio fatto di molteplici esperienze artistiche che spaziando tra pittura, scrittura teatrale, grafica e musica lo hanno condotto anche alla poesia.

Nato in Argentina da genitori siciliani, emigrati agli inizi degli anni ’50, José Russotti sente forte il legame per la terra delle sue origini: così la Sicilia diventa il suo primo amore e in un percorso di riappropriazione e valorizzazione delle proprie radici gli verrà naturale anche recuperare il dialetto siciliano delle sue origini.

Quindi, con piacere, diamo la parola al protagonista del nostro incontro affinché lui stesso ce ne parli:

D – Siamo lieti di trovarci con José Russotti e gli chiediamo: c’è un momento in cui ci si scopre d’essere poeti? E, se è così, qual è l’esperienza che l’ha segnato in maniera significativa?

R – Non esistono requisiti canonici per diventare poeti, non è scritto da nessuna parte, non esistono scuole o accademie: poeti si nasce e basta. Poi, la singolarità nell’espressione di un’emozione, saperla decifrare in versi, descrivere uno stato d’animo, un pensiero sublime, un doloroso tratto autobiografico, fa la differenza. Non è sufficiente saper scrivere, il mestiere del poeta è quello di far sognare. E più è magnifico il sogno che “canta”, più entra in magica sintonia con il lettore, che spesso si identifica in lui. Ad esempio, nella poesia Chiantulongu, che dà il titolo all’intera silloge, narro con toni toccanti, a volte drammatici, l’attesa di mio padre che non torna. Narro un fatto mio, assolutamente personale, intimo, eppure, guardate cosa mi ha scritto recentemente un signore: “Il passo dalla biografia alla poesia non è un esercizio breve né semplice, in tanti ci hanno provato e ci provano, ma soltanto in pochi riescono a comporre un capolavoro come nella fattispecie la poesia Chiantulongu… (l’ho letta forse dieci volte nel libro)”.

Il poeta José Russotti

D – La presenza della sicilianità è innegabile ed evidente nella sua produzione artistica poetica/letteraria, nell’impegno profuso nell’organizzazione del concorso dialettale “Fogghi mavvagnoti” come anche significativi lo sono stati alcuni eventi della sua vita. Vuole condividere con “La Sicilia al femminile e non solo…” e i nostri lettori, il suo sentire?

R – Il Premio “Fogghi mavvagnoti” nasce, essenzialmente, per far conoscere Malvagna (piccolo centro della Valle dell’alto Alcantara) e il suo territorio. Giunto ormai alla sesta edizione, non ha solo la sezione dialettale, l’altra sezione è dedicata alla lingua italiana. Il suo nome si ispira alla mia prima silloge scritta nel lontano 2002. Trenta poesie dedicate al paese che fu dei miei genitori. In Fogghi mavvagnoti (fogli o foglie malvagnesi), gli usi, la storia e i sentimenti dei suoi abitanti, diventano i tasselli dei testi che danno vita al libro; dove le liriche diventano testimonianza del passato storico, economico e sociale di un paese che ha vissuto e vive ancora il dramma sociale dell’emigrazione. In poche parole, metto sulle labbra dei vari personaggi descritti il dolore della gente che, consapevole della realtà, trova la forza di andare avanti attraverso l’amore per le proprie origini, con delle metafore che manifestano in maniera lampante il fulcro tematico della raccolta: il plesso inscindibile dell’attaccamento alle mie origini, (Malvagna: luogo d’infanzia, d’innocenza perduta e di rimpianto cocente) trascinando con me la rilevante constatazione di una sorte implacabile: lo spopolamento inesorabile, sanguinolento.

D – L’uso del dialetto siciliano, in particolare la “parrata mavvagnota”, unicità linguistica singolare propria della zona del Comune di Malvagna è, insieme, importante recupero di un patrimonio storico-linguistico ed anche atto di amore verso la terra delle sue origini. È stato un gran bell’impegno da portare avanti: cosa ci dice a tal proposito?

R – Di origine gallico-lombardo, così come l’ha definito il professor Salvatore Trovato, la parlata malvagnese nella sua tipicità è un dialetto che, ahimè, si sta estinguendo insieme alla sua gente. A Malvagna sono rimaste non più di cinquecento anime, ecco quindi la necessità impellente di salvare in qualche modo questo bellissimo dialetto, codificandolo. Credo che in nessun’altra parte della Sicilia il termine “abbracciare” è detto come da noi, ‘mbrazzacuddari, che poi vuol dire in gergo stringere le braccia al collo. Per questa tipicità e per altro la ragion per cui le ho dedicato tre raccolte poetiche: Fogghi mavvagnoti, 2002; Arrèri ô scuru, 2019; Chiantulongu, 2022.

Nelle tre sillogi, sebbene siano strutturate diversamente tra loro, si snodano e si sviluppano poesie dedicate ai temi sociali, agli affetti ma, soprattutto, a Malvagna, il paese della memoria ritrovata.

D – Il suo percorso di ricerca e approfondimento, un continuo “work in progress”, ha recentemente dato vita alla silloge poetica “Brezza ai margini”: rispetto alle precedenti raccolte di componimenti cos’è che la caratterizza e quale messaggio vuole che giunga al lettore?

R – “Brezza ai margini” nasce per due motivi. Il primo è molto semplice. Sebbene nel 2017 abbia pubblicato in italiano la silloge Spine d’Euphorbia, dopo la pubblicazione di tre sillogi in vernacolo, sentivo l’esigenza di ritornare a scrivere in lingua. Secondo motivo è stato quello di approfondire e ampliare il concetto “vita-morte” incominciato in Chiantulongu. A tal proposito mi viene in mente una celebre frase dell’attrice Anna Magnani che ebbe a dire: «Morire è finire: perché si deve finire? Un uomo dovrebbe finire quando decide di finire, quando è stanco, pago di tutto: non prima. Oddio, c’è una tale sproporzione tra la dolcezza con la quale si nasce e la fatica con la quale si muore». Eppure per me la morte, non è concepita realmente come destinazione ultima, come atto definitivo e concluso in se stesso. Vita e morte non sono facce di un Giano bifronte, antipodi invalicabili e recalcitranti ma, al contrario, l’una contiene l’altra. Sono una sua progressione e sfaccettatura. La morte s’iscrive nella vita e non è solo il completamento finale, inderogabile e ultimo.

Così scrive nella sua prefazione il critico-poeta Angelo Maugeri: “Brezza ai margini” costituisce una sorta d’inventario dei momenti di maggior rilievo vissuti dall’Autore durante l’erranza “per i quotidiani incroci”, o il peregrinare “per riflessi di specchi / e scarti di memorie”. Il tutto, sperimentato da una marginalità esistenziale il cui sollievo è dato dallo spirare di un dolce vento: la brezza vitale che origina il canto della poesia, qui adombrato dall’“attesa del canto melodioso dell’usignolo”, come recita la poesia che inaugura la silloge fungendo da plausibile dichiarazione d’intenti.

D – Con riferimento alle nuove generazioni, nella nostra società, tecnologica e sociale fino all’esasperazione, l’elemento “fuori dal coro” e in qualche modo “destabilizzante” dato dalla purezza della Poesia potrebbe ancora fare la differenza?

R – Sebbene la gente sia distratta da altro, e penso ai social, ai telefonini, ecc. grazie alla forza evocativa che possiede, la poesia, nonostante tutto, riesce ad entrare nella sfera dei sentimenti e delle emozioni del lettore, mantenendo tuttavia un necessario distacco. Tutt’altro che avulso dalla realtà e dalla società, il poeta, testimone del suo tempo, è investito di una grossa responsabilità nel trasmettere conoscenza. La poesia da sempre ha costituito un aiuto per la memoria ed ha offerto agli uomini la possibilità di decantare gli affanni d’amore, i miasmi del tedio, i luoghi natali, il susseguirsi delle stagioni, i ricordi d’infanzia, la perdita di un affetto attraverso moduli ritmici e memorabili.

D – La poesia, la pittura, la grafica, la musica, la scrittura teatrale sono molteplici le sue passioni artistiche e quindi, a conclusione di questo incontro, quale gradita sorpresa ci dobbiamo aspettare ancora per i suoi prossimi progetti?

R – Attualmente sono impegnato su diversi fronti. Oltre alla cura delle mie pubblicazioni poetiche, tra poco uscirà il bando della sesta edizione del premio di poesia Fogghi mavvagnoti, sono anche impegnato alla messa in cantiere dell’altro premio dedicato alle eccellenze siciliane. Il premio che, per l’appunto, si chiama “Cuba Bizantina”e che nel 2023 arriverà alla sua terza edizione. Come vedete sono preso da mille impegni, ma non nascondo che in cuor mio cova l’idea di riprendere a dipingere. Ancora è solo un’idea astratta ma chissà se un giorno… “sed quis scit si dies unus” lo farò veramente. Parola d’artista.

Ringraziamo José Russotti per aver condiviso con noi la sua significativa esperienza artistica e, confidando nella sua “parola d’artista”, certamente non ci farà mancare delle belle sorprese future alle quali saremo ben lieti di essere presenti. Rinnoviamo l’appuntamento su queste pagine per “La Sicilia al femminile e non solo…”: uno spazio di incontro con varie personalità della nostra Terra che nei diversi ambiti socio-culturali esprimono le proprie potenzialità offrendo, grazie alle loro esperienze, dei validi spunti di riflessione.

Note biografiche:

José Russotti, per gli amici Peppi, è nato a Ramos Mejìa, sobborgo a nord di Buenos Aires, il 31 marzo del 1952 da Sebastiano e Maria Catena Puglisi. Il padre, fiero contadino, gli ha trasmesso la coscienza del rispetto e la perseveranza, la madre, il garbo, la sensibilità e, allo stesso modo, l’intransigenza. Diviso tra Messina e Malvagna (ME), artista versatile, davvero indimenticabile è stata la mostra delle sue opere in digitale allestita da G. La Motta nell’aprile del 2017 presso il Teatro V. E. di Messina.

Scrive di lui Domenico Pisana: «L’itinerario poetico di José Russotti si muove dentro l’ethos e il “sole e tutto il mare intorno” della terra siciliana, con una efficacia semantica di forte rilievo».

Nel corso degli anni si è impegnato alla diffusione della cultura siciliana grazie al concorso dialettale da lui ideato, “Fogghi Mavvagnoti” e il “Cuba Bizantina, dedicato alle eccellenze siciliane.

Diversi sono i riconoscimenti letterari, fra i quali: “Vann’Antò-Saitta”Messina; “La Grande Madre” Benevento; “Città di Chiaramonte Gulfi”; “Salva la tua lingua locale” Roma; “Pietro Carrera” Catania; Premio di Letteratura “Seneca”, sez. Teatro”, Bari; “Premio Luigi Einaudi” Paternò; “La vita in versi” Cefalù; “Poesia Circolare Epicentro” Barcellona P. G. (ME); Premio Città di Marineo (PA); Premio “Mata e Grifone” 2022 – Messina.

Autore di testi teatrali. Due suoi corti di scena si sono classificati al secondo posto, rispettivamente nel 2017 e nel 2018 al Premio “Seneca” di Bari.

Ha pubblicato:

Poesia: Fogghi mavvagnoti, (Edizione auto pubblicata, 2000); Spine d’Euphorbia, (Edizioni Il Convivo, 2017); Arrèri ô scuru, (Edizioni Controluna, 2019); Chiantulongu, (Museo Mirabile, 2022); Stabbi di memoria (Edizioni Thule, 2022); Brezza ai margini, (Museo Mirabile, 2022).

Saggistica: Antologia di Poeti contemporanei siciliani – volume I, (Edizioni Fogghi mavvagnoti, 2020); Antologia di Poeti contemporanei siciliani – volume II, (Edizioni Fogghi mavvagnoti, 2021); Antologia di Poeti contemporanei siciliani – volume III, (Edizioni Fogghi mavvagnoti 2022).

Musica: Novantika, Ballate sulle rive dell’Alcantara, CD di musica “etnica”, (Edizioni Novantika, 2004).

Fotolibro: Malvagna mia… in bianco e nero, tra suggestioni e fantatstici ricordi, (Edizioni Fogghi mavvagnoti 2022).

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