Il Carnevale in Sicilia: una celebrazione di colori, storia, tradizioni e buon cibo

Il Carnevale, una festa colorata e vivace celebrata in numerose parti del mondo, è un evento che sfida i confini del tempo e dello spazio, portando con sé un’eredità culturale ricca e diversificata. Radicato nella storia e avvolto in mistero, il Carnevale è più di una semplice celebrazione; è un ponte che collega il passato al presente, offrendo uno sguardo unico sulle tradizioni e i costumi di diverse culture.

Il Carnevale, con le sue radici profondamente intrecciate nella storia antica, affonda le sue origini nelle celebrazioni romane dei Saturnali. Questo festival, che celebrava Saturno, il padre degli dei, aveva luogo dal 17 al 23 dicembre. Fu iniziato durante la costruzione del tempio dedicato a Saturno, un progetto iniziato da Tarquinio e completato da Tito Largio nel 263 a.C. Durante i Saturnali, i Romani si immergevano in festeggiamenti effusivi, eleggendo un “re della festa” per orchestrare le varie attività ludiche.

Parallelamente, le tradizioni di mascheramento del Carnevale trovarono le loro radici nei Baccanali, feste dedicate a Bacco, dio del vino e dell’ebbrezza. In queste occasioni, le maschere servivano per mantenere l’anonimato e liberare i partecipanti dalle convenzioni sociali. Con l’ascesa del Cristianesimo, molti rituali e feste pagane furono reinterpretati o sostituiti. In questo contesto, il Carnevale si evolse come una sorta di sostituto dei festeggiamenti pagani. La parola “Carnevale“, che si crede derivi da “carnem levare“, allude al digiuno della Quaresima che segue gli eccessi del Carnevale, un periodo di penitenza secondo la tradizione cristiana che inizia il Mercoledì delle Ceneri.

In Sicilia, la tradizione del Carnevale aveva una particolare tempistica. Anticamente, i festeggiamenti iniziavano subito dopo l’Epifania, ispirati dal detto locale “doppu li tri rrè, tutti olè“, che significa “dopo la festa dell’Epifania comincia il baccano del Carnevale“. Tuttavia, a seguito del devastante terremoto che colpì la Sicilia orientale nel 1693, si decise di fissare l’inizio ufficiale del Carnevale al 12 gennaio, stabilendo una nuova tradizione nella regione.

Durante il Carnevale, la Sicilia si animava con una varietà di usanze e manifestazioni, alcune delle quali sono scomparse nel tempo. Giuseppe Pitrè, un noto folklorista, descriveva come a Palermo sia adulti che bambini si dilettassero in giochi piuttosto vivaci. Uno dei passatempi preferiti era lanciare polvere e acqua sui passanti, specialmente nelle vie principali come il Cassero e, dal XVII secolo, lungo la Via Maqueda. Questa tradizione, molto antica e diffusa dal Quattrocento al Seicento, vedeva la partecipazione entusiasta di persone di tutte le età che si lanciavano cruscherella, una polvere bianca solitamente composta da calce, e acqua.

Altre attività tipiche del Carnevale includevano il lancio di uova piene d’inchiostro e di arance, che si trasformavano in veri e propri scontri ludici tra i partecipanti. A Palazzo Adriano, a esempio, i giovani si mascheravano da pastori e rincorrevano i forestieri per le strade, lanciando loro insulti. Per essere lasciati in pace, i forestieri dovevano superare una prova che consisteva nell’arrampicarsi su una trave posizionata nella piazza per baciare un pupazzo appeso. Secondo Pitrè, questa tradizione, percepita come un retaggio barbarico, venne abolita all’inizio del secolo corrente o forse già verso la fine del secolo precedente.

Le maschere del Carnevale siciliano erano numerose e variate, alcune delle quali sono ancora popolari oggi. Tra queste, spiccano il Mastro di Campo e i jardinara, tipici degli abitanti della provincia di Palermo che si travestivano da contadini, esibendosi in canti e versi tradizionali. Una figura particolare era il baruni di Carnilivari, che simboleggiava un nobile ridicolizzato, e il Nannu di Carnalivari, descritto da Pitrè come la quintessenza del Carnevale. Quest’ultimo veniva rappresentato come un vecchio buffo e allegro, vestito con berretto, collare, cravattone e altri indumenti tipici, e collocato in vari punti come balconi, finestre o portato in giro per le strade, seguito da una folla chiassosa.

Peppe_Nappa giullare, la più antica maschera siciliana

Oltre a queste, si creavano maschere per parodiare i diversi strati sociali. Le celebrazioni del Carnevale in Sicilia si possono classificare in tre categorie: parate e sfilate con carri allegorici, rievocazioni storiche e pantomime, e antichi riti propiziatori. Un esempio significativo è il Carnevale di Acireale, in provincia di Catania, considerato uno dei più spettacolari in Sicilia. Le sue radici risalgono alla fine del XVII secolo, un periodo in cui, sotto il dominio aragonese, Acireale emerse come uno dei centri principali di sviluppo economico e culturale dell’isola.

Il Carnevale di Acireale prendeva avvio dopo i festeggiamenti dedicati a San Sebastiano, patrono della città. A differenza di altri carnevali, quelli di Acireale emergevano in maniera spontanea e non seguivano un programma fisso. Verso la metà del XVIII secolo, il Carnevale acese assunse una forma più folkloristica con l’introduzione dei minatizzi o abbatazzi. Questi erano poeti dialettali che si sfidavano in competizioni improvvisate, rispondendo prontamente a domande su vari argomenti.

Carnevale di Acireale

Un’altra tradizione tipica era quella di ingaggiare battaglie con uova marce, mirando a colpire gli altri partecipanti. In seguito, i festeggiamenti si arricchirono con la cassariata, un corteo di carrozze adornate da cui i partecipanti mascherati lanciavano confetti alla folla. Tra gli altri intrattenimenti vi erano l‘ntinna (albero della cuccagna), corse in sacchi e sfide culinarie basate su piatti locali. Dal 1929 in poi, il Carnevale di Acireale è cresciuto fino a diventare una delle celebrazioni folcloristiche più imponenti. La sfilata è caratterizzata da enormi costruzioni allegoriche in cartapesta, auto decorate con fiori e maschere simboliche, attirando l’attenzione per la sua grandiosità e creatività.

Carnevale di Sciacca

Il Carnevale di Sciacca, in provincia di Agrigento, è un altro esempio di festa carnevalesca relativamente recente che celebra con grande fervore il folklore locale. Il personaggio simbolo di questa festa è Peppi Nappa, un gigantesco pupazzo vestito con i colori del gonfalone della città, verde e nero. A Mezzojuso, in provincia di Palermo, il carnevale è caratterizzato da una pantomima che affonda le sue radici in un evento storico del 1412. Il personaggio centrale è Mastro di Campo, originariamente rappresentante di un ufficiale nemico che conduceva un esercito all’assalto di un castello occupato dal re e dalla regina.

Nella versione moderna della pantomima, Mastro di Campo è trasformato in un eroe positivo che conquista l’amore della regina e la libera dal re. Giuseppe Pitrè descrive questa tradizione in “Usi e costumi”, raccontando di un uomo vestito all’antica spagnola, con una maschera giallo-arancione e grossi baffi, che tenta di scalare una scala ostacolato da altre figure mascherate, tra cui un giovane in costume moresco armato di spada.

Pasta cinque buchi

Durante il Carnevale a Saponara, in provincia di Messina, si tiene una particolare pantomima che continua ad attirare l’attenzione degli appassionati di tradizioni popolari. Questa rappresentazione è conosciuta come “la sfilata dell’orso e della corte principesca“, e vede la partecipazione di numerosi attori in costume che rievocano eventi legati alla cattura di un orso, un tempo responsabile di vari attacchi e danni alla comunità locale. La rappresentazione teatrale riproduce fedelmente questi eventi storici, mostrando i nobili del luogo che, dopo aver catturato l’orso, lo esibiscono incatenato per le strade del villaggio, simboleggiando così il loro potere e autorità.

Le celebrazioni del Carnevale nell’isola si chiudevano con un pranzo tradizionale che includeva piatti come i maccarruna di zitu, salsiccia e il rinomato cannolo. Giuseppe Pitrè descrive il cannolo come un dolce particolarmente apprezzato da tutte le classi sociali, sia povere che ricche. Si tratta di una pasta dolce e soffice, fritta e avvolta a formare una sorta di grande canna o bocciolo, riempita di una deliziosa crema a base di latte, zucchero o giulebbe, cioccolato, pistacchio e altri ingredienti simili.

Un banchetto di carnevale privo del cannolo può essere paragonato a un pasto senza bevande, a costruire senza malta, o a trovarsi al buio durante una conversazione“. (Usi e costumi).

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