Giorno del Ricordo: l’orrore delle Foibe e la storia personale di Norma Cossetto

Il Giorno del Ricordo, sancito dal Parlamento il 10 febbraio, richiama alla mente l’orrore storico-politico delle foibe, che rappresentano un doloroso capitolo della storia, con radici profonde nella tragedia che ha segnato il periodo post-seconda guerra mondiale. Situate principalmente nell’area dell’Istria, nella penisola balcanica, queste cavità naturali diventarono tristemente famose per essere il luogo in cui si consumò una serie di violenze e atrocità. Tante le vittime e il racconto di Norma Cossetto è un richiamo alla memoria e alla riflessione.

Il termine “foibe” si riferisce alle voragini carsiche presenti in diverse regioni, in particolare nell’Istria e nella Venezia Giulia. Tuttavia, il loro nome è diventato simbolo di un periodo buio durante il quale migliaia di persone furono vittime di repressioni brutali. Le vittime erano per lo più italiani, ma anche sloveni, croati e altri gruppi etnici, spesso accusati di essere simpatizzanti o collaboratori delle forze nemiche. Le violenze ebbero luogo tra il 1943 e il 1945, in un contesto di conflitti etnici e politici legati al cambiamento delle alleanze durante la seconda guerra mondiale. Dopo la fine del conflitto, le tensioni etniche continuarono a esacerbarsi, portando a episodi di pulizia etnica e vendette brutali. Molti italiani, spesso considerati nemici dalle nuove autorità comuniste, furono arrestati, deportati e uccisi, spesso con un trattamento inumano e senza alcun processo legale.

Le foibe, in questo contesto, divennero luoghi in cui furono commesse esecuzioni di massa e dove vennero gettati i corpi delle vittime. Questi eventi sanguinosi lasciarono ferite profonde nelle comunità coinvolte, alimentando risentimenti che persistono ancora oggi. La memoria delle foibe è carica di significati politici e nazionalisti, contribuendo a complicare ulteriormente le relazioni tra gli stati della regione. Negli anni successivi, il ricordo delle foibe è stato oggetto di dibattiti accesi, con diverse interpretazioni e narrazioni in base alla prospettiva storica e politica. Mentre alcuni cercano di preservare la memoria delle vittime italiane, altri sottolineano la complessità del contesto storico e delle violenze perpetrate da entrambi i lati.

Le foibe in Italia sono un fenomeno storico che ha assunto un significato particolarmente doloroso e controverso nel contesto del dopoguerra della Seconda Guerra Mondiale. Il termine “foiba” indica delle cavità carsiche, tipiche del Carso, una regione geologica che si estende tra l’Italia nord-orientale, la Slovenia e la Croazia. Queste cavità furono utilizzate per esecuzioni sommarie e per il getto dei corpi delle vittime durante e dopo il conflitto mondiale.

Cenni storici

Gli eventi associati alle foibe iniziarono a manifestarsi principalmente verso la fine della Seconda Guerra Mondiale, in particolare dopo l’8 settembre 1943, quando l’Italia annunciò l’armistizio con gli Alleati. In quel periodo, le regioni di confine, in particolare l’Istria, la Venezia Giulia e la Dalmazia, furono teatro di intense tensioni etniche e politiche. Queste regioni erano abitate da una popolazione mista di italiani, sloveni, croati e altri gruppi etnici, e le loro affiliazioni politiche e nazionali erano complesse e spesso conflittuali.

Le atrocità legate alle foibe furono principalmente perpetrate dalle forze comuniste jugoslave e dai partigiani locali. Questi gruppi cercavano di stabilire il controllo sulle aree di confine e spesso miravano a coloro che consideravano collaborazionisti fascisti, nazionalisti italiani, ma anche civili senza chiare affiliazioni politiche. Le vittime furono uccise e i loro corpi gettati nelle foibe, a volte ancora vive. Il numero esatto di vittime delle foibe è stato oggetto di ampio dibattito e controversia. Le stime variano considerevolmente, con alcune fonti che parlano di migliaia di morti. Molti italiani furono costretti a fuggire dalle loro case in seguito a queste violenze, un fenomeno noto come l’esodo giuliano-dalmata.

Foiba di Terli -_Corpi_estratti

Nel 1943, dopo tre anni di conflitto, la situazione si era deteriorata per l’Italia. Il regime fascista di Mussolini aveva dichiarato il proprio fallimento durante la storica riunione del Gran Consiglio del Fascismo del 25 luglio 1943. Ciò aveva portato allo scioglimento del Partito fascista, alla resa dell’8 settembre e allo sfaldamento delle Forze Armate italiane. Nella regione balcanica, in particolare in Croazia e Slovenia, confinanti con l’Italia, il crollo dell’esercito italiano aveva avuto conseguenze inevitabili sulle rispettive capitali, Zagabria (Croazia) e Lubiana (Slovenia). In questa fase, le forze politiche comuniste, guidate da Josip Broz, noto come “Tito“, ottennero il controllo, sconfiggendo gli odiosi “ustascia” (i fascisti croati al comando del dittatore Ante Pavelic, responsabili di crimini) e i “domobranzi”, giovani leva sloveni, reclutati a Lubiana a partire dal 1940, quando la Slovenia fu annessa all’Italia come provincia autonoma.

La prima ondata di violenza scoppiò subito dopo la firma dell’armistizio dell’8 settembre 1943: in Istria e in Dalmazia, i partigiani jugoslavi di Tito si vendicarono contro i fascisti che, tra le due guerre, avevano governato quei territori con fermezza, imponendo un’italianizzazione forzata e reprimendo le popolazioni slave locali. Con il crollo del regime, ancora nel 1943, i fascisti e tutti gli italiani non comunisti furono considerati nemici del popolo, subendo torture e finendo nelle foibe. Si stima che circa un migliaio di persone persero la vita, segnando l’inizio di una lunga serie di tragedie.

Tito e i suoi sostenitori, fedeli all’ideologia moscovita, avviarono la loro campagna di riappropriazione della Slovenia e della Croazia, che erano state di fatto annesse al Terzo Reich. Non fecero mistero del loro desiderio di prendere possesso non solo della Dalmazia e della penisola d’Istria, dove esistevano comunità italiane sin dai tempi della Repubblica di Venezia, ma anche di tutta la regione del Veneto fino all’Isonzo. Fino alla fine di aprile 1945, i partigiani jugoslavi erano stati trattenuti dalle forze naziste, che avevano dominato Serbia, Croazia e Slovenia con la loro brutale repressione, caratterizzata da stragi, rappresaglie, e distruzioni di paesi. Tuttavia, con il crollo del Terzo Reich, nulla poteva più impedire agli uomini di Tito, riuniti nel IX Korpus e nella loro polizia segreta, l’OZNA (Odeljenje za Zaštitu NAroda, Dipartimento per la Sicurezza del Popolo), di avanzare verso l’obiettivo: l’occupazione dei territori italiani.

Foiba di Vines – recupero cadaveri

Nella primavera del 1945, l’esercito jugoslavo occupò l’Istria, precedentemente territorio italiano e dal 1943 della Repubblica Sociale Italiana, e si diresse verso Trieste, con l’obiettivo di riconquistare i territori che alla fine della Prima guerra mondiale erano stati negati alla Jugoslavia. Tuttavia, non avevano tenuto conto delle truppe alleate che avanzavano dal sud della penisola italiana, dopo aver superato la Linea Gotica. La Divisione Neozelandese del generale Freyberg, eroe della battaglia di Cassino e appartenente all’Ottava Armata britannica, fu la prima unità alleata a liberare Venezia e successivamente Trieste, in una corsa contro il tempo. Gli jugoslavi presero il controllo di Fiume e di tutta l’Istria interna, avviando immediatamente feroci rappresaglie contro gli italiani. Tuttavia, non riuscirono a conquistare la preda più ambita: la città, il porto e le fabbriche di Trieste.

Nel dopoguerra, la questione delle foibe è stata per lungo tempo un argomento marginale nella memoria collettiva italiana, spesso oscurata da altre narrazioni del conflitto. Tuttavia, negli ultimi decenni, c’è stato un crescente riconoscimento dell’importanza di questi eventi. La questione delle foibe rimane un argomento delicato e carico di tensioni emotive e politiche. Per alcuni, rappresenta un simbolo del sofferto rapporto tra Italia e Slovenia/Croazia e delle complessità legate alle vicende dei confini orientali italiani. Per altri, è un importante promemoria delle tragedie umane che possono derivare da ideologie estremiste e conflitti etnici. In ogni caso, la storia delle foibe ci ricorda l’importanza del dialogo, della comprensione reciproca e della riconciliazione nella costruzione di una pace duratura.

Recupero corpi Foiba di Monrupino

Per alcuni storici, gli eventi, concentrati soprattutto nell’Istria meridionale (oggi croata), sono stati interpretati come una sorta di rivolta spontanea delle popolazioni rurali, prevalentemente slave, contro le classi borghesi, prevalentemente italiane, e come una forma di vendetta per i crimini di guerra subiti durante il periodo fascista, che hanno anticipato l’azione successiva dell’armata jugoslava. Altri storici, invece, vedono il fenomeno come l’inizio di una pulizia etnica contro la popolazione italiana.

Pertanto, è importante cercare di comprendere quegli eventi drammatici e il motivo per cui questa tragedia è stata relegata nel dimenticatoio per quasi sessant’anni. Molti anni sono trascorsi tra il periodo 1943-47, quando si verificarono le atrocità delle foibe, l’11 luglio 1995 fu presentata alla Camera dei deputati la prima proposta di legge sulla “Concessione di un riconoscimento ai congiunti degli infoibati”, la cosiddetta “legge Menia” dal suo fautore Roberto Menia. Nel 2004 venne istituito il “Giorno del Ricordo“.

Nel 1945, i primi ad essere gettati nelle foibe furono carabinieri, poliziotti, guardie di finanza, e pochi militari fascisti della RSI insieme a collaborazionisti che non erano riusciti a fuggire in tempo. Quando mancavano queste persone, spesso venivano presi mogli, figli o genitori. Le esecuzioni avvenivano in modo terribilmente crudele. I condannati venivano legati insieme con un lungo filo di ferro stretto ai polsi e schierati lungo i bordi delle foibe. Poi si apriva il fuoco con raffiche di mitra, non su tutto il gruppo, ma solo sui primi tre o quattro della fila. Questi, cadendo nell’abisso, morti o gravemente feriti, trascinavano con sé gli altri, condannati a sopravvivere per giorni sui fondali delle voragini, tra sofferenze indicibili, sopra i corpi dei compagni. Solo nella zona triestina, tremila persone furono gettate nella foiba di Basovizza e in altre foibe del Carso.

Esterno foibe di Vines

Solo dopo il 1989, con il crollo del comunismo sovietico, si aprirono delle crepe nel muro del silenzio. Il 3 novembre 1991, il presidente Francesco Cossiga si inginocchiò alla foiba di Basovizza chiedendo perdono per il lungo silenzio. La TV pubblica trasmise la fiction “Il cuore nel pozzo”, contribuendo a far emergere la verità. Il presidente Scalfaro si recò al sacrario di Basovizza nel 1993. Piano piano, la coltre di silenzio si diradò e finalmente tutti potemmo conoscere le sofferenze degli italiani della Venezia Giulia, dell’Istria, di Fiume e della Dalmazia.

La storia di Norma Cossetto, voce silenziosa delle Foibe

Norma Cossetto è diventata un simbolo delle vittime italiane delle foibe, studentessa universitaria, venne arrestata e torturata dalle milizie comuniste jugoslave a causa del suo presunto coinvolgimento in attività anticomuniste. Il suo tragico destino rappresenta una delle tante storie di sofferenza vissute dalla popolazione italiana in quelle zone durante quel periodo. Il suo nome è spesso ricordato nei discorsi e nelle commemorazioni riguardanti le vittime delle foibe, contribuendo a mantenere viva la memoria di quegli eventi dolorosi. Durante il periodo universitario, aderì ai Gruppi Universitari Fascisti di Pola. Nel 1941, combinò gli studi con supplenze scolastiche a Pisino e Parenzo.

Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, la famiglia Cossetto subì minacce e il 25 settembre un gruppo di partigiani jugoslavi e italiani razziò la loro abitazione. Il giorno successivo, Norma fu convocata presso il comando partigiano a Visignano, ma rifiutò di unirsi al movimento. Successivamente, fu arrestata e portata alla caserma della Guardia di Finanza di Parenzo.

Norma Cossetto

La sorella Licia tentò invano di ottenere il rilascio di Norma. Dopo l’occupazione tedesca di Visinada, i partigiani trasferirono i detenuti, tra cui Norma, alla scuola di Antignana, adattata a carcere. Sebbene non vi siano prove certe, si ritiene che Norma abbia subito sevizie e stupri da parte dei carcerieri mentre era legata su un tavolo. Questo episodio, considerato eccezionale nel contesto della violenza diffusa durante la guerra, è stato testimoniato da una donna del luogo che udì i lamenti di Norma. Ancora oggi, la sorella Licia ricorda l’orrore di come trovò Norma, con le mani legate dietro la schiena e il golfino di lana tirolese aperto sul seno, il viso apparentemente sereno. Una vicina che aveva assistito alla scena ha confermato gli abusi sessuali subiti da Norma.

Norma Cossetto, con il suo nome, incarna la tragedia individuale che si cela dietro le cifre e i fatti storici delle foibe. La sua storia, come quella di molte altre vittime, testimonia il terrore e la disperazione vissuti da coloro che sono stati trucidati e gettati nelle voragini carsiche senza pietà né giustizia. Ogni vittima delle foibe porta con sé una storia unica e un dolore condiviso, e la loro memoria ci spinge a non dimenticare mai le tragedie del passato e a impegnarci per un mondo in cui la violenza e l’odio siano sopraffatti dalla compassione e dalla solidarietà.

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