Giornata della memoria: nel lontano 27 gennaio 1945 si aprirono i cancelli di Auschwitz

 Giornata di commemorazione delle vittime che vennero deportate nei campi di concentramento di Auschwitz, in Polonia.

L’Olocausto è un capitolo decisamente doloroso della storia, perché vennero spezzate milioni di vite innocenti per mano del cancelliere tedesco Adolf Hitler che capitanò la Germania nazista durante la Seconda Guerra Mondiale. Perché la Giornata della Memoria viene celebrata proprio il 27 gennaio? Proprio in quel giorno, nel 1945, i soldati sovietici dell’Armata Rossa scoprirono il campo di concentramento nella città di Auschwitz, in cui vi erano imprigionati circa sette mila superstiti, molti dei quali anche bambini usati come cavie umane per la ricerca. I principali bersagli di questa caccia all’uomo furono gli ebrei, ma insieme a loro vennero uccisi anche rom, sinti, (i così chiamati “zingari”, considerati anch’essi una razza inferiore e una piaga) persone disabili, che risultavano loro inutili e quindi solo bocche da sfamare e infine omosessuali. Molti di loro morirono a causa di malattie o dei lavori forzati. Alcuni ebrei riuscirono a sopravvivere ai lager, come Liliana Segre, senatrice italiana testimone della Shoah. Segre raccontò tutto ciò che visse all’interno di quel campo e nella sua ultima testimonianza disse: «Non ho mai perdonato, ma ho imparato a non odiare». Gli ebrei che persero la vita furono circa sei milioni e oggi i lager di Auschwitz-Birkenau si sono trasformati in un museo tutelato dall’UNESCO dal 1979 e che riceve ogni anno milioni di visitatori provenienti da tutto il mondo. Un luogo molto cupo, in cui si respira aria di morte e sofferenza, luogo di silenzio e riflessione. Al suo interno vi sono più di 40mila paia di scarpe, vestiti e altri oggetti appartenenti ai prigionieri. All’ingresso è possibile leggere la scritta in tedesco “Arbeit macht frei“, che significa “il lavoro rende liberi”, motto utilizzato nei lager durante le guerre mondiali. Le testimonianze dei visitatori sono molto tristi e alcuni di loro dichiarano che tutti almeno una volta nella vita, debbano visitare il campo, soprattutto chi ha sempre negato l’esistenza dell’Olocausto. Ci si chiede anche cosa spinse Hitler ad arrivare a compiere atti di crudeltà così atroci e a farne pagare le spese ai più deboli e innocenti. La risposta a questa domanda è che l’odio verso gli ebrei era dovuto al fatto che li reputava una razza inferiore rispetto quella ariana (a cui appunto apparteneva lui), che erano i responsabili della morte di Gesù, che erano portatori di malattie e anche perché gente benestante facente parte dell’alta borghesia. Questo è ciò che viene chiamato antisemitismo, anche se questo odio era presente ancora prima del periodo del nazismo. L’uccisione avveniva tramite il gas e i forni crematori.

Shoah è un termine di origine ebraica, il cui significato è “catastrofe”, è anche presente nella sacra Bibbia. Non si conosce il numero esatto delle vittime dell’Olocausto, ragion per cui i numeri che ci forniscono gli storici sono semplicemente una stima. Lo scrittore Primo Levi scrisse tra il 1945 e il 1947, “Se questo è un uomo“, opera in cui viene raccontata la testimonianza della sua permanenza nel campo di Monowitz, situato vicino quello di Auschwitz. Il suo obiettivo fu quello di dare voce alla sofferenza di tutte le vittime di questo buio periodo della Seconda Guerra.

In occasione di questo importante giorno, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, durante il suo discorso al Palazzo del Quirinale, ha detto: «Sono passati vent’anni da quando con legge è stato istituito il Giorno della Memoria e tutte le volte ci accostiamo a questo tema della memoria con commozione e turbamento, sempre pervasi da inquietudine, dubbi e interrogativi irrisolti. Ricordare  esprime un dovere di umanità e di civiltà»

«Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario» 

Primo Levi

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