Edipo e la Sfinge: il legame tra Mito e Psiche – INTERVISTA

Nel quadro della psichiatria, il complesso di Edipo è considerato parte integrante dello sviluppo psicosessuale dei bambini, ed è importante per comprendere le dinamiche familiari e le influenze sull’individuo. Il complesso di Edipo si basa sull’idea che i bambini attraversino una fase di sviluppo in cui provano desideri inconsci per il genitore dell’altro sesso e rivalità con il genitore dello stesso sesso. La Sfinge, nel mitologia greca, era una creatura leggendaria con il corpo di un leone, le ali di un uccello e il volto di una donna. Risiedeva vicino alla città di Tebe e terrorizzava i suoi abitanti con un enigma insormontabile. Secondo la leggenda, la Sfinge si posizionava vicino alle porte della città e interrogava chiunque volesse passare. Se la persona non riusciva a risolvere l’enigma, veniva divorata dalla Sfinge.

Edipo e la Sfinge – Baron François-Xavier Fabre – 1806–1810 – Dahesh Museum of Art, New York

Il mito di Edipo, narrato nell’opera “Edipo re”, è spesso citato in relazione a un concetto chiave formulato da Sigmund Freud, noto come il complesso di Edipo. Questo concetto psicoanalitico descrive le pulsioni, incluse quelle di natura sessuale, che ogni maschio sperimenta nei confronti dei propri genitori, particolarmente durante l’infanzia. Si manifesta come un desiderio di possesso esclusivo nei confronti del genitore dell’altro sesso, accompagnato da un desiderio inconscio di sostituire il genitore dello stesso sesso. Per le donne, Freud elaborò un concetto parallelo denominato Complesso di Elettra, che prende il nome dal personaggio mitologico di Elettra, figlia di Agamennone e Clitennestra, che desiderava vendicare La morte del padre avviene per mano della madre e del suo amante.

Esploriamo il legame tra il Complesso di Edipo e la Sfinge insieme al dottore Carmelo Zaffora, esperto in psichiatria.

In che modo il mito della sfinge di Tebe e la sua enigmatica domanda riflettono i complessi dinamici presenti nel mito di Edipo?

Nel mondo antico l’enigma dei cosiddetti “ Indovinelli “ rappresentavano una modalità per mettere alla prova l’intelligenza delle persone, per risolvere dubbi e per selezionare l’arguzia dalla stupidità, la capacità di creare soluzioni da chi non ne era capace. In pratica un esercizio mentale attraverso il quale si poteva riflettere l’abilità nell’andare oltre l’ovvietà dell’esistenza grazie alla quale si poteva affrontare la vita in maniera sicura, con la certezza di essere in grado di superare gli ostacoli che di volta in volta si potevano frapporre tra lo stare al mondo e il proprio destino. L’enigma proposto dalla Sfinge di Tebe, un essere dal corpo di leone, il volto di donna e le ali di grifone, proponeva il seguente indovinello: «τί ἐστιν ὃ μίαν ἔχον φωνὴν τετράπουν καὶ δίπουν καὶ τρίπουν γίνεται» “Chi, pur avendo una sola voce, si trasforma in quadrupede, bipede e tripede?”

Nel mito si racconta che tale figura poneva la domanda a chi faceva ingresso a Tebe con la conseguenza di divorare tutti coloro che non erano in grado di trovare una soluzione.  A causa della Sfinge persero la vita molti tebani. Il re di Tebe, Creonte, dopo perso anche il figlio Emone, stabilì che chi l’avesse sconfitta avrebbe avuto il regno e la mano della sorella, vedova di Laio, Giocasta. Edipo ebbe successo, spiegando che la risposta era l’essere umano, che gattona da neonato, cammina su due gambe da adulto e si appoggia su un bastone da anziano. La Sfinge, vistasi sconfitta, si suicidò dall’acropoli. Il regno di Tebe, però, tornò nuovamente a Creonte quando Edipo, una volta scoperto di aver sposato la propria madre e ucciso il proprio padre, si accecò e abbandonò la città.

In che modo la sfinge incarna le sfide e i conflitti interiori affrontati da Edipo nel suo viaggio psicologico e mitologico?

La Sfinge rappresenta il simbolo del dubbio. Vale a dire quella dimensione psicologica nella quale l’uomo si trova a scegliere, di fronte a diverse opportunità, quella migliore. In questo lavorio mentale si possono individuare diverse soluzioni per sciogliere il dubbio. Sta proprio in questo la difficoltà e il trovarsi a fare i conti con il conflitto interiore. Il che significa che non sempre le risposte fornite all’enigma del dubbio siano sempre quelle migliori, pertanto la paura di sbagliare genera inquietudine e insicurezza.

Cosa suggerisce il confronto tra la sfinge e il complesso di Edipo riguardo alla ricerca di identità e alla comprensione del sé?

Il complesso di Edipo è una definizione abbastanza recente. Esso nasce con l’avvento della moderna psicologia e soprattutto con la psicoanalisi. In origine il mito, poi trasformato in rappresentazione teatrale da parte di Sofocle, possedeva in se un messaggio didascalico-pedagogico. Significa che in un’epoca in cui la promiscuità sessuale risentiva ancora di arcaici comportamenti e dove leggi non scritte stentavano a essere accettate dalle popolazioni greche, l’unico modo per far passare il messaggio che l’incesto è proibito, contro natura, è quello di incorrere in una maledizione tremenda  esercitata dagli dei, per tutti coloro che sperimentano l’atto sessuale con qualcuno dei familiari. Nel caso specifico Edipo che, a sua insaputa, si accoppia con Giocasta, la propria madre.

In che modo l’interazione tra Edipo e la sfinge riflette i temi della conoscenza, dell’inganno e della rivelazione nel mito greco?

Nella tragedia di Sofocle traspare chiaro il rischio che si corre quando ci si trova a scoprire la verità. La conoscenza del proprio destino comporta altresì l’angoscia della certezza che niente resterà impunito. In pratica la rivelazione della verità, attraverso l’inganno giocato dal destino, determina la consapevolezza che la propria volontà, di fronte a tutto ciò che già è scritto, non conta niente insieme all’assenza del libero arbitrio. Niente si può contro i disegni del Fato e l’essere umano diventa uno spettatore dannato di se stesso, con l’aggiunta di assistere impotenti a tutto quanto accade, senza poter intervenire in nessun modo. Questa è la punizione che spetta a chi agisce contro natura.

Qual è il ruolo del complesso di Edipo nello sviluppo psicosessuale secondo la teoria psicoanalitica di Sigmund Freud?

Il complesso di Edipo è un concetto originariamente sviluppato nell’ambito della psicoanalisi da parte di Sigmund Freud, che ispirò anche Jung inducendolo a coniare il termine complesso, finalizzato a  spiegare la maturazione del bambino attraverso l’identificazione col genitore del proprio sesso e il desiderio nei confronti del genitore del sesso opposto. Nella concezione classica freudiana, il complesso edipico indica un insieme di desideri sessuali ambivalenti che il bambino prova nei confronti delle figure genitoriali. Riguardo allo sviluppo psicosessuale, esso insorge durante la fase fallica, intorno ai tre anni di vita.

In pratica si tratta di un atteggiamento ambivalente di desiderio di morte e sostituzione nei confronti del genitore dello stesso sesso e di desiderio di possesso esclusivo nei confronti del genitore di sesso opposto. Questi sentimenti sono non solo ambivalenti ma anche vissuti negativamente in quanto i ruoli dei due genitori, amati e odiati, si scambiano alternativamente.

Forbante, pastore, nutre e protegge Edipo sul Monte Citerone, salvandogli la vita Opera di Antoine-Denis Chaudet.

Come si riconosce un paziente che non ha risolto il complesso di Edipo?

Il soggetto che non ha elaborato il complesso di Edipo in generale sviluppa una personalità nevrotica e intra conflittuale con se stesso. Soffre di instabilità emotiva, è un ansioso, va incontro a deflessione dell’umore e, in casi particolari, manifesta anche una relazione aggressiva nei confronti degli altri. L’ambivalenza non elaborata durante la fase fallica può sfociare nella difficoltà di relazione con i propri partners, nell’ambiente lavorativo e nelle scelte di vita in generale. Non si possono neanche escludere problematiche conflittuali, anche in età adulta, con i genitori biologici.

Ascoltando i discorsi, le fantasie e i sogni dei suoi pazienti, Freud aveva maturato l’ipotesi che essi manifestassero quei sintomi a causa d’un trauma sessuale risalente alla prima infanzia (teoria della seduzione), e che avevano rimosso a causa di un inconscio meccanismo di difesa. Fu proprio questa prima ipotesi freudiana a scatenare l’indignazione dei benpensanti contro la psicoanalisi, per il fatto stesso che essa implicava non solo il postulato del bimbo come perverso polimorfo, dotato d’una propria sessualità infantile, ma anche l’abuso sessuale di cui l’infanzia è oggetto.

In seguito, Freud si ricredette a proposito del trauma sessuale, arrivando a sostenere che si trattava quasi sempre solo di fantasie di seduzione. Cominciò così a elaborare l’impalcatura teorica che è il centro del pensiero psicoanalitico: il desiderio incestuoso, il tabù dell’incesto e la susseguente vicenda edipica. In questa fase Freud giunse a identificare la censura del desiderio incestuoso originario come la causa prima di ogni forma di nevrosi.

In seguito, nei quattro saggi pubblicati come Totem e tabù, Freud ipotizzò anche che l’evoluzione del desiderio incestuoso nella vita individuale, prima sperimentato e poi rimosso (il cosiddetto romanzo familiare) fosse al tempo stesso l’evoluzione stessa della civiltà, che avrebbe avuto nella sua origine una uguale rimozione e sublimazione di quell’originario desiderio incestuoso.

Edipo e la Sfinge – Jean Auguste Dominique Ingres – 1808-27 – Museo del Louvre, Parigi

Quali sono le implicazioni del persistere del complesso di Edipo nell’età adulta per la salute mentale e le relazioni interpersonali?

Se in seguito alla fase fallica il rapporto con la figura materna o paterna rimane irrisolto, ovvero se il bambino continua ad avere un legame simbiotico con la madre e conflittuale con il padre, possono verificarsi nevrosi infantili con conseguenze nell’età adulta e soprattutto nelle relazioni intime future. 

Tra le cause del mancato superamento del complesso di Edipo pensiamo, ad esempio, a quando viene a mancare l’autorità paterna o la figura del padre è assente e non c’è nessuno che aiuti il bambino a mettere dei confini al proprio desiderio. Un’altra causa potrebbe essere legata al rapporto tra complesso di Edipo e narcisismo: una madre che tiene il proprio figlio legato a sé, idealizzandolo e utilizzandolo come alleato contro il padre, potrebbe impedirne lo sviluppo di una personalità autonoma. In questi casi il bambino diventa una proiezione narcisistica dei bisogni insoddisfatti del genitore.

Come il complesso di Edipo è collegato alla formazione dell’identità di genere e alla costruzione delle relazioni?

Negli adolescenti e nella prima età adulta si possono osservare alcuni sintomi di un complesso di Edipo non risolto, come una vicinanza esagerata alla madre o al padre. Per esempio, viene data priorità alle attività sempre insieme ai genitori invece che a quelle condivise con amici o con altri partners. 

Il complesso di Edipo, in età adulta, presenta tra i suoi sintomi anche la dipendenza da uno dei genitori che può estendersi in più settori, come quello economico-professionale oltre che sociale-relazionale; un sintomo può essere una quota di ansia costante dalla quale deriva la necessità di chiedere sempre numerosi consigli e consensi al genitore dal quale faticano a staccarsi. Un eccessivo attaccamento non risolto nei confronti della madre invece, da parte del maschio, può compromettere la conquista della propria identità sessuale, determinando in questo modo una “confusione” del proprio sé e dei propri desideri rivolti all’altro sesso.

Edipo e la Sfinge – Gustave Moreau – 1864 – Metropolitan Museum of Art, New York

In che modo la terapia psicoanalitica e altre forme di terapia psicologica affrontano e trattano il complesso di Edipo nei pazienti?

Per l’individuo “irrisolto” spesso la ricerca del partner è costellata di insuccessi e delusioni amorose e si ha l’impressione di passare da una relazione tossica all’altra. Inoltre possono presentarsi difficoltà nel processo di svincolo dalla famiglia, quindi nella costruzione di una propria autonomia e indipendenza. Il complesso edipico tende a risolversi spontaneamente. Inizia a ridursi man mano che il bambino comprende che non può sedurre la madre e inizia a identificarsi con il padre, con cui non sarà più in conflitto; al contrario lo imiterà, adottando i suoi stessi comportamenti.  I genitori in questo senso hanno un ruolo fondamentale: è importante che abbiano un certo grado di autorevolezza nel porre dei limiti rispetto ai desideri del bambino, permettendo un normale sviluppo della sua autonomia, senza esercitare una mania del controllo fatta di proibizioni eccessive. In generale il complesso edipico può essere superato se i rapporti tra i due genitori e tra questi e il bambino sono stati sufficientemente buoni, amorevoli e caratterizzati da confini e ruoli ben definiti. La psicoterapia aiuta molto nella riduzione della rabbia repressa, nell’abbassamento dell’eccessiva idealizzazione dell’altro e nel superamento delle proprie difficoltà sessuali con il partner scelto. In questa ottica il lavoro che viene fatto è quello di rinforzare un atteggiamento controdipendente.

Quali sono le critiche alla teoria del complesso di Edipo e come queste influenzano la pratica clinica e la ricerca in psichiatria?

La teoria sul Complesso di Edipo vede la prima crisi tra i fondatori della moderna psicologia: Freud e Jung. Jung nel 1912 pubblica un testo eretico dal punto di vista dell’interpretazione freudiana dell’Edipo. Il libro aveva come titolo La libido. Simboli e trasformazioni. In esso lo psichiatra e psicoanalista svizzero, designato successore di Freud alla guida del movimento psicoanalitico internazionale, ritiene che il desiderio incestuoso che sta alla base della vicenda edipica non vada inteso letteralmente e quindi sessualmente. Come egli dice, il desiderio di congiungersi alla madre è il desiderio dell’individuo di ritornare alle proprie radici per rinascere rigenerato a nuova vita e quindi è un desiderio di trasformazione.

Altra critica alla costruzione freudiana viene anche dalla filosofia francese. Tale complesso fu rivisto (nell’Anti-Edipo, 1972) dal Gilles Deleuze e dallo psicoanalista Félix Guattari i quali contestarono che esso fosse un concetto cardine della psicoanalisi infantile, privilegiando più gli aspetti cognitivi, relazionali e in generale le valenze affettive nel rapporto con i genitori. La critica dell’Edipo svolta dai due autori è una critica a una psicoanalisi che ai loro occhi ha smarrito la dimensione sociale e della storia. Come essi dicono, la psicoanalisi era divenuta una storia noiosa, da nuovi preti che ripetono le nuove litanie ad ogni interpretazione: mamma, papà, bambino. Per questo leggono la svolta junghiana come un’apertura della psicoanalisi alla storia e alla dimensione sociale anche se non seguono Jung in quello che ai loro occhi è uno sviluppo idealistico della psicoanalisi. Come loro dicono: Jung crede di superare la sessualità.

Sigmund Freud

La critica che essi muovono al movimento psicoanalitico è che ritengono in questo che la psicoanalisi non conosca altro che la famiglia edipica e che non riesca ad andare oltre la famiglia edipica. La loro critica all’Edipo in realtà è anche e soprattutto una critica alla famiglia come istituzione che si regge proprio sull’Edipo. Oggigiorno,  la critica del desiderio incestuoso e dell’Edipo – portata soprattutto dagli junghiani ai freudiani sui limiti di una interpretazione concretistica e quindi meramente sessuale, cioè riduttiva, come si dice nel gergo psicoanalitico – non ha più molta attualità, visto che con Lacan la lezione junghiana è stata in parte recepita e l’Edipo è inteso come la porta attraverso la quale il singolo individuo accede alla socialità, e perciò al processo di umanizzazione progressiva.

L’Edipo diviene un processo di iniziazione alla vita sociale e quindi alla vita propriamente umana. A distanza di più di cento anni dalla teoria psicoanalitica possiamo dire che ci si trova ormai abbastanza distanti da una lettura dell’Edipo meramente sessuale come poteva essere ai primordi della psicoanalisi. L’Edipo è in breve un momento necessario del processo progressivo della conoscenza, che si appropria del mondo ma questa appropriazione si realizza mediandola attraverso la parola e l’esperienza di ognuno.

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