Cedifop: per gli OTS nuove tecniche ed attrezzature del settore dei commercial diver

Stanno per completare il loro percorso da OTS – Operatore Tecnico Subacqueo, gli allievi del Cedifop; anche questa volta arrivati da tutta Italia e dall’estero (Armenia, Russia e Senegal) con esperienze acquisite nel settore sportivo (secondo livello di brevetti della subacquea sportiva ricreativa) come prevede la scheda del corso per OTS dell’Assessorato alla Formazione Professionale.

Quasi tutti però non avevano mai utilizzato tecniche ed attrezzature del settore dei commercial diver (OTS, Inshore Diver, Offshore  Diver) come ad esempio immersioni con l’uso del casco Kirby-Morgan  ecc. Per arrivare ad usare queste attrezzature in modo consapevole e in sicurezza, gli allievi, durante il corso per OTS partecipano  ad una serie di esercitazioni in aree portuali e al largo, seguiti dagli istruttori del CEDIFOP, che guidano  gradualmente gli allievi in questa loro esperienza. Oltre ai vari Kirby Morgan usati durante il corso vengono utilizzati diversi tipi di maschere oronasali, un elmo aperto e un elmo da palombaro.

Ma come si è arrivati storicamente all’utilizzo di questi caschi? e cosa ha preceduto il moderno casco rigido?

I primi riferimenti storici all’attività di operatori subacquei risale all’antica Grecia e poi al periodo romano, ma bisognerà arrivare al 1770 per veder realizzato il primo elmo aperto. La sua caratteristica principale era la formazione di una bolla d’aria al suo interno.

La fase sperimentale durò molti decenni e il primo impiego per un recupero subacqueo è datato 1870. Nel frattempo però erano state apportate una serie di modifiche alla struttura (in particolare alla forma) e l’impiego avvenne insieme alla campana aperta, altra importante attrezzatura.

Gli operatori si spingevano a non più di 15 metri di profondità, oggi pressoché da esercitazione nei corsi formativi. Allora però era una quota considerata ad allo rischio, tanto che per i lavori subacquei la Marina inglese selezionava il personale tra i galeotti. Così, in quel periodo ebbe del clamoroso un recupero a 35 metri nell’estuario del Tamigi, profondità che ancora alla fine degli anni ‘50 era ritenuta ai limiti della capacità umana.

La svolta, il passaggio alla subacquea moderna si ebbe quando fu inventata la vulcanizzazione della gomma, che diede il via alla realizzazione di quell’equipaggiamento (mute a tenuta stagna, pinne, maschere) essenziali in ogni settore. Da allora la progressione tecnica è stata sempre più rapida. Dall’Elmo Aperto si passò a quello chiuso, utilizzato fino agli anni ’60 e ‘70 e tuttora ancora valido (ad esempio negli Usa) per lavori in acque portuali fino al 10-12 metri.

Dall’elmo chiuso si passò al casco semirigido (il “Facciale”) e a seguire, al casco rigido. Nel 2004, le più importanti organizzazioni della subacquea industriale hanno stabilito che il casco rigido deve essere preferito a quello semirigido, poiché il rivestimento integrale garantisce una maggiore sicurezza all’operatore impegnato nei lavori subacquei, essendo a contatto con oggetti metallici di vario tipo, grandezza e peso. I caschi semirigidi, per la loro praticità, continuano però a essere usati dagli operatori in Stand By (sommozzatori pronti all’intervento in caso di emergenza).

Oggi, grazie anche alla legge 07/2016 della Regione SicilianaDisciplina dei contenuti formativi per l’esercizio delle attività della subacquea industri“, ci sono 4 livelli di addestramento: l’OTS in ambito portuale (che fa riferimento al Decreto Ministeriale del 1979 e che consente l’iscrizione nel registro sommozzatori presso una Capitaneria di Porto in Italia), e 3 livelli successivi (che prevedono l’iscrizione al repertorio telematico previsto dalla legge 07/20186) per i livelli INSHORE (immersioni fino ai – 30 metri extraportuali), il primo livello OFFSHORE (ad aria) detto anche TOP UP  (che va dai – 30 ai – 50 metri extraportuali), e infine il secondo livello OFFSHORE da altofondalista in saturazione che va dai – 50 fino ai 300 metri ed oltre fuori dai porti.

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