Assolto l’assassino di Trayvon Martin

Il tribunale di Sanford, in Florida, ha assolto George Zimmerman dall’accusa di omicidio sostenendo di aver ucciso il diciassettenne Trayvon Martin per legittima difesa. Alla lettura della sentenza proteste e manifestazioni in tutti gli Stati Uniti contro l’assoluzione

Il 13 luglio il tribunale di Sanford, in Florida, ha assolto George Zimmerman dall’accusa di omicidio di secondo grado sostenendo di aver ucciso il diciassettenne afroamericano Trayvon Martin per legittima difesa. Alla lettura della sentenza in tutti gli Stati Uniti si sono scatenate le proteste e le manifestazioni contro la decisione del giudice

George Zimmerman
George Zimmerman

La storia. Il 26 febbraio 2012 a Sanford, una località poco distante da Orlando, in Florida, Trayvon Martin esce da un negozio e s’incammina lungo la strada che lo porterà, presumibilmente, verso la casa del padre. Portava un hoodie (una felpa con cappuccio), una bibita in una mano e un pacchetto di caramelle nell’altra. George Zimmerman era un volontario di 28 anni che faceva la ronda nel quartiere come tanti altri in quella zona. Insospettito dell’atteggiamento e del cappuccio in testa di Trayvon, chiama il 911 – il numero unico per le emergenze negli Stati Uniti – segnalando il sospetto alle autorità cittadine e nel frattempo comincia seguirlo in macchina. Invece di attendere l’arrivo della polizia, Zimmerman scende dall’auto e spara a Trayvon Martin uccidendolo sul colpo. Zimmerman, ferito al naso e alla nuca, è stato interrogato per cinque ore e poi rilasciato.

Legittima difesa. La polizia rilasciò Zimmerman perché in Florida vige una legge sulla legittima difesa particolarmente permissiva – chiamata “Stay your ground act”, resta al tuo posto – che garantisce l’immunità a chi uccide anche per il solo timore di sentirsi minacciato. Dalle registrazioni delle telefonate di Zimmerman al 911, sembrerebbe che l’omicidio sarebbe avvenuto a sangue freddo e quindi non per legittima difesa. Si sentono due colpi d’arma da fuoco distinti e separati: il primo probabilmente è stato di avvertimento; poi si sentono le grida di aiuto e di paura di Trayvon seguiti dal secondo sparo, quello che lo ha ucciso. Non si sente nulla dell’eventuale lite che avrebbe portato al ferimento di Zimmerman, pertanto non sembra giustificata la legittima difesa e i legali della famiglia di Trayvon si sono appellati a quest’elemento per chiarire come siano andati realmente i fatti. Per la polizia locale, però, non ci sono prove evidenti del contrario. Da questo dato, in virtù delle leggi federali, l’assassino nel 2012 non fu arrestato.

Un’immagine della protesta di New York

Le proteste degli hoodies. Lo scorso anno in tutto il paese si sono susseguite proteste sfociate il 21 marzo nella “Million Hoodie March“ in Union Square a New York in cui i manifestanti portavano la stessa felpa con cappuccio di Trayvon e una rosa in una mano. Alla base delle manifestazioni c’è la legittima presunzione che l’omicidio di Trayvon sia a sfondo razziale dato che il diciassettenne girava disarmato e sembrava tutt’altro che pericoloso. La manifestazione di New York ha voluto mettere in evidenza i “buchi” nella gestione dell’omicidio da parte della polizia di Sanford e, ovviamente, la possibile variante razzista del caso: «Se al posto dell’assassino ci fosse stato Martin – ha detto uno degli avvocati della famiglia di Trayvon – sarebbe stato arrestato il giorno dopo e starebbe aspettando il processo in prigione, mentre Zimmerman è ancora a piede libero». Lo stesso presidente Obama, il 23 marzo dell’anno scorso, disse una cosa che ha fatto il giro del mondo: «Quando penso a questo ragazzo, penso ai miei figli. È giusto che indaghiamo su ogni aspetto di quello che è successo. Il mio messaggio va soprattutto ai genitori di Trayvon Martin. Se avessi un figlio, somiglierebbe a Trayvon».

L’assoluzione. Nel processo è stata fondamentale la testimonianza dell’esperto Vincent Di Maio quando spiega la dinamica della tragedia. Di Maio ha confermato la colluttazione tra i due con “almeno sei colpi violenti alla testa di Zimmerman” sbattuta sul marciapiede; i colpi che hanno ucciso Trayvon sarebbero partiti proprio quando Zimmerman era a terra col diciassettenne sopra di lui: secondo la traiettoria del proiettile che ha ucciso il ragazzo, Zimmerman avrebbe estratto la pistola e sparato per difendersi. Questa tesi ha convinto le sei donne che componevano la giuria al punto di assolvere Zimmerman dalle accuse di omicidio di secondo grado e di minor gravità in considerazione delle circostanze in cui è stato commesso. Gli attivisti per i diritti civili hanno presentato alla Casa Bianca due petizioni per chiedere al dipartimento di Giustizia di prendere in mano il caso e accusare Zimmerman di violazione dei diritti civili. Da parte sua il presidente Barack Obama ha commentato la vicenda con un comunicato ufficiale in cui ha espresso tutta la sua vicinanza alla famiglia di Martin, ma dal punto di vista legale ha rimesso tutto nelle mani del Segretario della Giustizia Eric Holder. Su queste basi – scrive Politico – l’uomo potrebbe ancora affrontare un processo civile o un processo federale per i diritti civili per la morte di Trayvon Martin.

Le proteste. In questi ultimi mesi la vicenda di Trayvon ha scatenato un ampio dibattito negli Usa soprattutto dopo la decisione iniziale della Corte di non processare Zimmerman. Dopo la sentenza di assoluzione sono ricominciate le manifestazioni pacifiche a Washington, Boston, Los Angeles e San Francisco. Los Angeles è stata l’unica città in cui la polizia si è scontrata con i manifestanti e ha dovuto usare lacrimogeni e proiettili di gomma. Le persone fermate alla fine sono state sette. A New York un migliaio di manifestanti si sono dati appuntamento a Union Square marciando poi verso Times Square nello stesso tragitto compiuto un anno fa per la Million Hoodie March.

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