Andrea Piazza avvocato patrocinante in Cassazione, ricorda il fratello Emanuele ucciso dalla mafia il 16 Marzo 1990

Emanuele Piazza l’agente di polizia che salvò Giovanni Falcone ma non sé stesso. Di lui lo stesso Falcone disse: “Io a quel ragazzo gli devo la vita”. Una delle ipotesi investigative vuole infatti che sia Piazza sia Nino Agostino (collega di Emanuele Piazza), si trovassero all’Addaura il 21 giugno 1989

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In quel maledetto giorno Giovanni Falcone fu bersaglio di un attentato che fallì proprio per merito di Emanuele Piazza e di Nino Agostino. Secondo le indagini, i due agenti avrebbero svolto un ruolo nell’impedire lo scoppio dell’esplosivo che avrebbe potuto uccidere il giudice.

Nello stesso anno Nino Agostino fu ucciso insieme alla sua sposa. Emanuele Piazza cominciò ad indagare sulla morte del suo amico e collega; ma poco tempo dopo anche lui andò incontro ad una terribile morte lasciando nello sconforto i suoi familiari.
Lei Andrea che ha seguito tante cause in tanti anni di carriera. Può raccontare ai lettori se almeno due, in modo particolare, le sono rimaste nel cuore perché legate a persone o fatti che l’hanno favorevolmente colpito?
“Devo dire, in modo sommesso, che tutte le cause in un certo senso mi sono rimaste nel cuore, ogni singola vicenda per la parte che si rappresenta è importante.
A mio modesto avviso, la funzione dell’avvocato non deve limitarsi al solo supporto legale (una forma di consiglio qualificato), ma deve anche necessariamente entrare in
connessione con la persona che si rappresenta (non rientra nelle mie corde l’utilizzo del termine cliente che qualifico con il termine assistito) ed implicitamente con la propria coscienza, supportandola ed orientandola come una“ bussola “ verso la scelta ottimale che non necessariamente si identifica con il vantaggio economico.
Se, a titolo esemplificativo, trattasi di una vicenda familiare, che determini la modifica del rapporto da coppia coniugale a coppia genitoriale, in tale caso “la mia coscienza“ mi impone di seguire una strategia il più possibile tendente a rasserenare il conflitto, in considerazione che le dinamiche familiari accompagneranno il nucleo familiare per tutta
la vita.
Fatta questa premessa, in particolare sono state due le vicende che mi sono rimaste particolarmente nel cuore costituendomi parte civile in due diversi processi di mafia: – il primo legato ad una vicenda personale ovvero l’omicidio di mio fratello Emanuele Piazza -il secondo riguardante persone a me vicine ovvero la famiglia Ogliastro.
Le descrizioni dei momenti terminali dell’esecuzione degli omicidi delineati dai corresponsabili collaboratori di giustizia sono state per me di forte impatto emotivo, il ritrovarmi a confronto con la coscienza altrui è stato molto toccante…sono rigido anche
nell’uso spesso promiscuo nella definizione “ collaboratori di giustizia_ pentito “ anche se indubbiamente essenziali per dare un apporto diretto ad aprire uno squarcio di verità, sussiste una differenza siderale tra la figura del Collaboratore (ovvero colui che stipula un accordo con il sistema per proprio interesse personale ) rispetto a quella del soggetto PENTITO ossia colui che, per una scelta di coscienza, contribuisce alla ricostruzione degli accadimenti.. un esempio unico Leonardo Vitale.
Allo stato, particolare attenzione suscita in me un giudizio promosso per il risarcimento di vittime di mafia contro il Ministero dell’Interno che, non vuole riconoscere il risarcimento ai familiari della vittima ( tossicodipendente barbaramente ucciso ritenendolo senza alcuno fondamento non estraneo al contesto criminale), riconoscendo di contro, la tutela risarcitoria ad uno dei chiamati in correità per l’omicidio, il collaboratore di giustizia Di Matteo Mario Santo. Il giudizio è tuttora in corso ma a modesto avviso la vicenda è paradossale”.
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La sua carriera legale è lunga, ma come ha iniziato? Quale è stata la molla che l’ha fatto diventare avvocato?
“La mia è stata una scelta orientata dal vissuto familiare… mio padre è avvocato ed il nonno paterno era magistrato dal lato materno il nonno Tamburello era Capo del Personale del Ministero dei Trasporti, il bisnonno Romano notai, in buona sostanza in casa ho sempre respirato un’aria giuridica…”
Il suo cognome è legato in modo indissolubile al suo caro fratello Emanuele che tanto tempo fa scomparve per mano si disse, di cosa nostra. Vuole dare ai lettori un ricordo del suo amato congiunto?
“Da marzo 1990 la mia vita, così come quella di tutti i familiari delle vittime è cambiata.
Questo tragico evento ha segnato irreversibilmente la mia esistenza, in quest’ultimo anno la storia di Emanuele è ritornata di attualità per la pubblicazione di un libro “tra realtà e finzione“ di Giacomo Cacciatore che ringrazio per il contributo mediatico diretto a mantenere viva la memoria di Emanuel.
Un ringraziamento speciale va anche al Prof. Tommaso Romano Presidente della Fondazione Thule Cultura per l’assegnazione del premio Vincenzo Mortillaro. Ciò che mi ferisce maggiormente nella tragica scomparsa di Emanuele, più della posizione degli autori materiali dell’omicidio è la conduzione delle indagini dell’allora Capo della Squadra Mobile di Palermo Arnaldo La Barbera, nonostante ci fossero evidenze investigative riconducibili alla posizione di Francesco Onorato disapplicò espresse “disposizioni investigative del compianto allora Procuratore della Repubblica Aggiunto dott. Giovanni Falcone“, in concreto non ottemperò alla richiesta di sentire accuratamente“ dirigenti dei commissariati e di un capitano del Side disponendo la presentazione di relazioni di servizio in dibattimento è stato accertato che i funzionari concordarono e confrontarono le rispettive relazioni successivamente trasmesse al dott. Arnaldo La Barbera. È inutile rimarcare che detta attività “ha sterilizzato un importante profilo di indagine“ così anche non essere riusciti a mettere in connessione la scomparsa, a distanza di poche settimane di un amico di Emanuele:

Gaetano Genova , così come la posizione ufficialmente assunta dal SISDE sino al 22 ottobre 1990, mutata dopo le puntuali sommarie informazioni in pressione del dott. Giovanni Falcone ed Alfredo Morvillo.

Ricordo che tra i responsabili materiali, Troia Erasmo è stato assolto in Cassazione a causa di un vizio procedurale nel procedimento di estradizione dal Canada e se non erro è a piede libero. Ciò che caratterizzava Emanuele era la sua enorme disponibilità d’animo nei confronti dei bambini e degli animali (cani scimmie serpenti etc.. ). Un ricordo indelebile? una serata in estate ricordo di averlo visto in macchina, una Passat S.W. carica di bambini, li stava portando tutti a mangiare una pizza. L’essenza di Emanuele era l’entusiasmo a difesa degli indifesi, sarebbe stato come lo era da fratello, un padre sempre presente e protettivo”.

Lei da un po’ di tempo a questa parte si reca nei licei, parla con  ragazzi, racconta la storia della sua famiglia e le vicende legate a quei tragici giorni; quali sono le domande che le rivolgono i ragazzi che più l’hanno emozionato e commosso?

“Dopo anni di blocco psicologico , quest’anno ho cominciato a testimoniare la mia esperienza di familiare nelle scuole ( Guttuso & Manzoni ) grazie all’iniziativa coordinata dall’associazione cittadinanza per la magistratura.

Ho riscontrato nei ragazzi un notevole interesse, li ho trovati realmente curiosi di conoscere in modo preciso la vicenda di Emanuele , attenti ai temi della legalità, alla distinzione tra cosa sia giusto e cosa non lo sia, ho ricevuto anche molte domande dirette a comprendere il mio stato d’animo…. Ovviamente è stata un’esperienza che arricchisce e trasmette in connessione reciproca sensibilità e speranza per il futuro.

Sicuramente la scuola oggi, sull’esperienza tragica del 1992 ha rimodulato il valore sociale della propria funzione pedagogica e per mezzo del corpo docente (ho incontrato insegnanti tutti assolutamente motivati ) è didatticamente pronta ad esercitare la propria funzione di baluardo collettivo sociale”.

Concludo questa interessante intervista con un augurio. Auspico che la nostra amata Palermo, possa ritrovare quella forza morale per sollevarsi dal “fango” che per anni l’ha ricoperta e possa seguire quella “scia di intelligenza” pulita e degna che è propria di ogni essere che si definisce UMANO!

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