Aldo Broccio, dirigente agrigentino e sindacalista da quaranta anni

La sua esperienza, le sue valutazioni, le sue decisioni, in ricordo del padre pittore.

Aldo Broccio, la sua attività sindacale l’ha portato a conoscere tante persone. Ma quale tra queste figure è stata decisiva per incrementare il suo impegno lavorativo?

Premesso che i lunghi anni di l’attività sindacale svolta è stata sempre improntata alla tutela dei lavoratori che in me riponevano la loro fiducia, non ho avuto particolari persone che mi hanno spinto ad incrementare l’impegno; piuttosto ho trovato una forte spinta da parte dei lavoratori, e soprattutto, di mia moglie che, pur lavorando, si è dovuta fare carico della gestione della famiglia e dei figli

In quale occasione, in tutti questi anni, ha pensato di abbandonare il suo ruolo  direttivo e per quali motivazioni?

Da bambino  (5 – 6 anni) quando mi chiedevano cosa volessi fare da grande, la mia risposta era sempre la stessa : voglio fare l’avvocato dei poveri, dei più deboli, di quelli che non hanno nessuno a cui chiedere tutela senza indebitarsi moralmente e/o politicamente. Ovviamente non immaginavo che avrei onorato quel desiderio di bambino come ho fatto, cioè con l’attività sindacale che ritenevo e ritengo di vitale importanza per la vita nel mondo del lavoro. Fare il sindacalista in Sicilia è un impegno particolarmente gravoso perché spesso ci si imbatte in fenomeni culturali o sociali davvero pesanti. Ad un certo punto, avendo maturato conoscenza ed esperienza, mi sono reso conto che, a mio parere, il sindacato era cambiato senza che me ne accorgessi. In pratica si è preferito incrementare il pur importante settore dei Servizi al cittadino (Patronato, Caf, consumatori, etc.) ponendo in secondo piano la tutela dei diritti dei lavoratori. Questa percezione mi ha portato a sentirmi fuori posto, non più a mio agio, quindi la decisione sofferta ma ferma ed irrevocabile di lasciare il sindacato”

Qual è stato il momento più bello del suo percorso sindacale e in quali circostanze?

Momenti belli ve ne sono stati tanti e sono riferiti perlopiù ai vari Congressi che mi hanno visto ottenere l’elezione sempre all’unanimità; uno dei momenti che ritengo fra i più significativi per l’attività sindacale è stato quello che mi ha visto, da Segretario Regionale di categoria (1998 circa),  intraprendere in solitaria, ovvero senza l’apporto delle altre Organizzazioni Sindacali, una vertenza molto complessa con Poste Italiane riguardante il personale viaggiante. Vincere e portare l’Azienda a riconoscere ai lavoratori le prestazioni straordinarie effettuate i riposi e le ferie non fruite, con il relativo pagamento del dovuto, è stato di grande soddisfazione non solo per i lavoratori interessati ma anche per me. Altrettanta soddisfazione ho provato e provo, dal momento delle dimissioni ad oggi, quando incontro lavoratori, anche appartenenti ad altre Organizzazioni sindacali, che mi dimostrato il loro affetto e la loro stima personale e professionale”

Secondo lei, i sindacati nel 2021 hanno ancora un futuro?

Per me il sindacato è vita, da vivere nei posti di lavoro ed insieme ai lavoratori, mai dietro la scrivania! Se questo sarà compreso ed attuato, il movimento dei lavoratori non potrà avere crisi o flessioni e potrà recuperare quanto perduto.  Se invece dovesse continuare con la politica della centralità dei servizi rispetto alle tutele, allora il sindacato diverrà un’altra cosa, come a mio parere è già. Personalmente, ritengo che una parte di responsabilità debba essere attribuita anche alla politica che ha accantonato gli ideali ed ha costruito dei contenitori, spesso senza alcuna differenziazione sostanziale”

Lei, gentile Aldo, vive ad Agrigento. Oltre naturalmente i maestosi templi che ci riportano ad un glorioso passato storico, che cosa direbbe per convincere dei non siciliani a visitare la sua antica città?

“Scriveva Pindaro che Agrigento è la più bella città dei mortali . . . come dargli torto!  Il paesaggio, il clima, i monumenti, la storia, la gastronomia, non sono cose possibili da raccontare per rendere l’idea in maniera compiuta. Il mare, le spiagge, la splendida ” Scala dei Turchi ” il centro storico con le viuzze arabeggianti si devono necessariamente vivere di persona. E chi viene ad Agrigento e poi deve andare via, il distacco lo vive sempre con grande sofferenza; come diceva uno spot pubblicitario, vedere per credere!”

Suo padre che si chiamava Salvatore, fu un grande pittore. Mi scriva il   curriculum artistico del suo caro padre e un commento che ha scritto  sull’arte. Rendiamo omaggio ad un grande artista scomparso che deve essere assolutamente ricordato?

Mio padre  ci ha lasciato nel 2007.  Era dipendente del Ministero delle Finanze, ma la sua vera passione era la pittura. Non ha frequentato accademie o scuole d’arte, ma dipingeva e studiava molto la notte, mentre tutta la famiglia dormiva. Un autodidatta che è riuscito ad affermarsi nel mondo dell’arte. Non ricordo le specificità ma non riesco nemmeno a ricordare il numero delle sue mostre personali e gli innumerevoli attestati professionali: diplomi, coppe, targhe, medaglie.  Aveva una particolarità: era estroso, un uomo libero con   l’esigenza di non essere rinchiuso in alcun recinto, per cui ha sempre rifiutato di aderire ad associazioni che gestivano il mondo della pittura ed avrebbero potuto dargli fama ed onori (?)”.

Se suo padre fosse ancora tra noi, con dovizia avrei curato una sua personale. Un ricordo di suo padre per encomiare un grande pittore scomparso e che resterà per sempre nel suo cuore ?

Ricordo il grande afflusso di gente alle sue personali, l’apprezzamento per le sue opere e spesso, una vera e propria corsa ad avere un suo quadro. Da piccolissimo avevo un gattino cui davo il latte versandolo in una ciotola, una volta mio padre ha assistito alla scena e da lì è nato un suo del  dipinto che avrei preferito tenere in casa, invece alla prima mostra c’è stato chi si è innamorato del quadro e via…”

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