Catania, il Calil che non c’è nella ricerca di un’identità definita

Gli spunti tattici e non soltanto, dopo la gara persa di misura sull’ostico campo della Virtus Francavilla

rigoli catania francavilla

Era una delle premesse fondamentali dell’immediata vigilia della trasferta di Francavilla Fontana: non essere troppo ottimisti o, al contrario, pessimisti cosmici. La gara giocata in Puglia dal Catania ha lasciato comunque spunti statistici e non soltanto, importanti per il proseguo del campionato. Oltre al risultato negativo, il primo stop esterno in stagione maturato nell’extra time del secondo tempo, e un atteggiamento troppo rinunciatario per larghi tratti del match ma anche la solita verve positiva di Matteo Pisseri, senza il quale la formazione rossazzurra avrebbe potuto perdere qualche punticino per strada, sono emersi “vecchi problemi”. Vincerli è possibile, anzi, doveroso.

Eppure ieri pomeriggio allo Stadio “Giovanni Paolo II” non è venuta meno un’idea ma l’applicazione di una tattica pragmatica, poco efficace contro un avversario maggiormente determinato e organizzato. Non è mancato un certo rigore difensivo, nonostante Nzola abbia saputo seminare il panico in un paio di circostanze, e va ammesso che Bastrini non ha certamente offerto le stesse garanzie di Bergamelli al suo reparto.

Ciò che non si è visto, oltre alla grave mancanza di cattiveria agonistica, invece, è il brio offensivo, il supporto degli attaccanti e la capacità di lanciare i compagni e non è purtroppo una novità, soprattutto in trasferta. Un paio di tiri in porta, deboli e inutili, sono troppo poco, un dato su cui riflettere e lavorare. Passaggi in orizzontale, a volontà, ma senza inserimenti in verticale come si arriva in porta? E Rigoli dalla panchina, paonazzo e disperato, gesticolava segnalando ai suoi di avanzare con lanci verso la porta di Casadei prima e del suo secondo poi. In allenamento, va detto, si lavora e non poco su questo genere di situazioni ma non c’è stata l’applicazione di una manovra veloce e fluida. Il risultato quindi, non è che una normale conseguenza di quanto visto…

Stupore e, forse, un pizzico di follia, l’assenza di Di Grazia nell’undici titolare a favore di Calil. Un pestone, problemino fisico per il funambolico calciatore, il cui apporto però avrebbe potuto essere maggiormente incisivo rispetto al compagno di squadra brasiliano. Fermo restando che, adesso è ormai evidente, Piscitella e i compagni della panchina secondo il mister stanno bene proprio dove stanno, e cioè fuori dalla partita, lo stesso Calil non è purtroppo da meno. Nel primo tempo corre, sì, ma stecca malamente negli stop, nell’abc dell’uomo d’attacco. Non si spiega davvero come un attaccante della sua fama, per la Lega Pro, possa implodere in questa maniera. E poi c’è Paolucci, a sprazzi. Mazzarani che si sbraccia e che si arrabbia mentre sul fronte opposto Nzola, solo, combatteva, rubava, tirava e segnava. Barisic e Russotto che giocano soltanto qualche minuto senza trovare spunti degni di nota. A fine gara, proprio l’esterno ex Treviso e Salernitana, in conferenza stampa, ha ammesso che la pressione con l’andare del tempo nel corso della partita “ha fatto perdere un po’ la consapevolezza dei propri mezzi“…

Un’affermazione, questa, non di poco conto. Un limite nel processo di crescita del Catania che l’allenatore etneo deve per forza di cose far superare alla sua squadra. Proprio nell’atteggiamento, è vero, i rossazzurri hanno sbagliato la partita. E non si spiega come la Virtus Francavilla, ridotta in dieci, abbia potuto avere la meglio sui propri avversari. Cinismo e applicazione sono doti fondamentali in Lega Pro, non è tanto il gioco, sia questo travolgente o articolato, quanto la capacità di sviluppare trame semplici e penetranti per arrivare davanti al portiere. In questo senso la soluzione potrebbe arrivare soltanto dopo il mercato di gennaio ma intanto bisogna rialzarsi e battagliare fino al giro di boa, riprendendo la marcia da dove si è arrestata, cioè dalla vittoria sul Catanzaro, dalla fame di Biagianti e Bucolo, dalla duttilità di Mazzarani e Di Grazia, dai muri rappresentati da Pisseri e Bergamelli.

La festa pugliese è esplosa al triplice fischio, in tanti, compreso il presidente del sodalizio biancoazzurro la definiscono una impresa, ma forse non consegna giustizia ad una squadra, quella di Calabro, che ha impartito una dolorosa lezione di calcio e di squadra ai siciliani.

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