Cortile Platamone, domani Giornata della Cultura Mediterranea

Michele Gazich domani 3 novembre partecipa con le sue canzoni al convegno Forme, suoni, ibridazioni, Giornata Europea della Cultura Mediterranea

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Cortile Platamone

Ci sarà anche Michele Gazich al convegno “Forme, Suoni, Ibridazioni” che si svolgerà al Palazzo della Cultura di Catania giovedì 3 novembre, Giornata Europea della Cultura Mediterranea. L’incontro verterà sul dialogo interculturale e intereligioso fra i tre monoteismi del Mediterraneo (Cristianesimo, Islam, Ebraismo) e sulla centralità geografica e strategica della Sicilia come opportunità di recuperare i grandi temi del dialogo (confessionale e non) per una più efficace azione sistemica verso la reciproca comprensione e l’integrazione sui valori europei. Al convegno prenderanno parte, oltre all’Assessore alla Cultura del comune di Catania Orazio Licandro, anche Emiliano Abramo  della Comunità di S. Egidio, Abdelhafid Kheit della Comunità Islamica di Sicilia e Suzana Glavas dell’Università “L’Orientale” di Napoli. Modera Davide Crimi di Europe Direct Catania.

All’incontro Michele Gazich (voce, violino, pianoforte) porterà le canzoni del suo ultimo disco “La via del sale” e quelle delle procedenti produzioni in un breve concerto intitolato “Shekinah – Esercizi di celebrazione“. Attraverso i suoi brani, Gazich è portatore di una visione totale della musica, insieme arcaica e contemporanea: come la sua voce, come il suo violino, strumento della più alta speculazione intellettuale, e al contempo fieramente popolare.
Nel suo percorso artistico il musicista e songwriter bresciano ha collaborato con alcuni dei nomi più importanti del folk americano (da Michelle Shocked a Mary Gauthier, da Eric Andersen a Mark Olson) ma anche con orchestre, compagnie teatrali, poeti, produzioni cinematografiche, università e conservatori italiani ed esteri.

Nel 2005 Gazich è stato chiamato dal Senato spagnolo a suonare durante le celebrazioni della Giornata della Memoria ed è per quell’occasione che ha composto “Dia de Shabat”. Un brano che “racconta dell’incendio che, alla fine dell’Ottocento, distrusse il quartiere ebraico di Salonicco, il giorno del Sabato. A Salonicco, immediatamente dopo la diaspora, si era installata un’ampia comunità sefardita. Sono partito, nella composizione, da un testo tradizionale scritto in ebraico-spagnolo, che ho ridimensionato e adattato alla mia musica. Mi aveva suggestionato innanzitutto, nel testo originario, l’immagine conclusiva: degli esseri umani non hanno più casa, ma creano una sorta di casa virtuale abbracciandosi. L’andamento del brano è iterativo, dolente, è un blues come potrei farlo io, uomo del mediterraneo.

Dia de Shabat” è una delle canzoni che compongono l’ultimo album di Gazich “La via del sale“. a due anni dal precedente “Una storia di mare e di sangue” che raccontava il viaggio geografico e temporale della sua famiglia, dalla Turchia all’Italia passando per la Dalmazia e l’America.
“La via del sale” – uscito a settembre e anticipato dal videoclip del brano “Storia dell’uomo che vendette la sua ombra” – è un lavoro incentro sull’Europa di oggi “fatta di resti industriali, maestose rovine del terziario, biblioteche sommerse dalle acque, città distrutte, migrazioni e barricate: le nostre contemporanee Vie del sale. Quei percorsi reali o simbolici che hanno sostituito le vie del sale del passato quando il sale era prezioso come l’oro e preziose erano anche le vie attraverso le quali veniva trasportato in tutto il mondo conosciuto: queste vie oggi hanno perso il loro senso originario e i luoghi che esse percorrevano sono abbandonati, quasi dimenticati. Un giorno anche gli oleodotti saranno dimenticati. Sopravvivono ancora, tuttavia, musicisti e strumenti tradizionali legati ai tempi che furono, quando la via era importante. Ho strappato strumenti come il piffero dell’Appennino e la zampogna del Sannio alle loro terre e ho contestualizzato il loro rimpianto, il loro grido e il loro lamento facendoli incontrare in una forma di folkrock effettivamente italiano con strumenti classici come il violino, la viola, il pianoforte e il violoncello e con strumenti contemporanei come la batteria, la chitarra elettrica e il basso”.

Il tutto forma un crogiolo di geografie ed epoche differenti che contamina fra loro la musica tradizionale, quella colta italiana e quella del mediterraneo, secondo quello spirito di nomadismo artistico e di ricerca costante che è la caratteristica essenziale di Michele Gazich e il suo violino: incarnazione contemporanea dell’ebreo errante.

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