LIBRI: PRIMO PREMIO ALLA RASSEGNA MULTIMEDIALE “CITTÀ” DI CASERTA”

PREMIO CONSEGNATO A MARCO TERMENANA CON “MIO FIGLIO. L’AMORE CHE NON HO FATTO IN TEMPO A DIRGLI”

Quando la lotta all’incomunicabilità tra genitori e figli diventa esempio

Mio figlio. L’amore che non ho fatto in tempo a dirgli” di Marco Termenana, venerdì 23 settembre, ritira il primo premio per la narrativa edita alla Prima Edizione della Rassegna Multimediale “Città di Caserta”.

La cerimonia di premiazione avrà luogo alle ore 16,30, presso il Municipio di Caserta – Piazza Vanvitelli, nel salone del Consiglio comunale, messo a disposizione dal Sindaco, avv. Carlo Marino, grazie all’intercessione del Presidente della Rassegna stessa nonché delle Associazioni “Europa Nazione” ed “Excalibur Multimedia”, dott. Pio Del Gaudio.

Per “Mio figlio“, invece, è il ventottesimo riconoscimento italiano dalla sua uscita (giugno 2021).

Ma chi è Marco Termenana?

Con lo pseudonimo di El Grinta, sullo stesso argomento, ha già pubblicato Giuseppe”. I romanzi sono ispirati al suicidio di Giuseppe, il figlio ventunenne (il primo di tre), quando in una notte di marzo 2014 apre la finestra della sua camera, all’ottavo piano di un palazzo a Milano, e si lancia nel vuoto.

Senza mai cadere nella retorica, la storia racconta il (mal) vivere di chi si è sentito sin dall’adolescenza intrappolato nel proprio corpo: la storia di Giuseppe è infatti anche la storia di Noemi, alter ego femminile, che assume contorni definiti nella vita dei genitori solo nel momento in cui si toglie la vita.

Tragedia non solo di mancata transessualità ma anche di mortale isolamento, al secolo hikikomori, malattia consistente nella scelta di rifuggire totalmente dalla vita sociale e familiare.

E perché “Mio figlio” sta riscuotendo questo successo? Siamo di fronte a una sdolcinata storia che commuove le Giure o di fronte alla cronaca – dettagliata e ben raccontata – della lotta incessante di un padre all’incomunicabilità tra genitori e figli durata l’arco della breve vita di Giuseppe e narrata a ritroso a partire dalla notte maledetta?

L’abbiamo domandato allo stesso autore e questa è la sua risposta:

“Me lo sto chiedendo ancora io per primo. Quando ho scritto, l’ho fatto solo per ritrovare e magari commemorare Giuseppe, ma non pensavo che saremmo arrivati a questo.

Da quel poco che ho capito, non solo girando per concorsi letterari ma anche dove sono stato invitato a presentare, la voglia di emulare chi è riuscito ad esprimersi su temi così delicati, sia da parte degli adulti e sia da parte dei ragazzi, è fortissima. Questa espressività viene sempre scambiata per coraggio, ma, in realtà, l’ho fatto solo per compensare il dolore, che era ed è enorme, utilizzando il mio innato piacere per la scrittura.

È chiaro che se la testimonianza che di fatto reco può aiutare anche una sola persona, giovane o no, in un delicato lavoro di introspezione fino ad aprirsi adeguatamente, mi fa piacere.”

Bello anche il talento dell’autore che gli consente di raccontare i tragici fatti che ha vissuto generando una lettura avvincente, con il magico potere di modificare anche il tempo e farlo diventare uno solo: il presente di ciò che narra.

Libro poi suggerito pure ai nonni, visto il rapporto che Giuseppe aveva con la nonna materna e qui teneramente narrato.

Difficile aggiungere altro se non l’augurio che “Mio figlio” continui a penetrare in tutta Italia, in particolare nelle scuole e diventi una lettura autonoma suggerita a partire dalle terze medie.

E allora, sotto ragazzi e, ovunque tu sia, in bocca al lupo Giuseppe Noemi!

Marco Termenana è uno pseudonimo, derivato dal nome di battesimo unito all’anagramma del cognome, usato per motivi di privacy, visto il tema trattato e reso ancora più rovente dalla forte opposizione degli altri due figli e della moglie, a raccontare la storia di Giuseppe.

Nato a Venezia il 28 settembre 1958, appartiene a una famiglia meridionale.

Infatti, è cresciuto a Salerno. Qui, nel 1976, ha iniziato l’attività giornalistica e letteraria (Primo Classificato per la narrativa inedita al Concorso “Ortensio Cavallo”, 1977). Dal 1980 è iscritto all’Ordine dei Giornalisti.

Nel 1982 si è laureato in Scienze Politiche sempre a Salerno. Nello stesso anno si è trasferito a Milano, dove ha cominciato a lavorare come free-lance. Attualmente è dirigente presso un’importante azienda italiana.

La passione per il racconto scritto, accantonata da quasi 26 anni, all’enorme dolore per la perdita di Giuseppe, il primo dei 3 figli scomparso suicida all’età di 21 anni, riappare con decisione nella sua vita, generando un meccanismo psicologico compensativo che gli consente di andare avanti e trovare la forza per rialzarsi (“è la mia morfina” scrive già nelle prime pagine).

Con “Mio figlio” questo padre riesce a ridare senso alla sua esistenza e a “resuscitare” il figlio almeno in spirito: scritto con l’unico obiettivo di ritrovarne la compagnia, alla fine, di fatto, diventa un esempio di come non perdersi in circostanze così drammatiche, oltre che una testimonianza sulle difficoltà a svolgere il ruolo di genitore con figli difficili dove lo sforzo di comunicare è considerevole.

Bella prova di resilienza e di amore paterno che non si ferma neanche di fronte alla Morte, anzi la sbeffeggia.

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