Il romanzo su Emanuela Orlandi con un finale ancora da scrivere

Il libro inchiesta di Pino Nazio “Il segreto di Emanuela Orlandi. Papa Wojtyla, la tomba del boss e la banda della Magliana” Sovera Edizioni

ROMA – L’ultima fatica di Pino Nazio, “Il segreto di Emanuela Orlandi”, attraverso il confronto tra i due protagonisti del romanzo conduce un’inchiesta rigorosa, per accompagnare la cronaca con le atmosfere, le emozioni e  il coinvolgimento tipico della narrativa

Si intitola  “Il segreto di Emanuela Orlandi. Papa Wojtyla, la tomba del boss e la banda della Magliana” l’ultimo libro di Pino Nazio, Sovera Edizioni (pag.176, euro 15). Il  romanzo-inchiesta, sulla scomparsa dell’allora quindicenne cittadina vaticana, rapita a Roma il 22 giugno 1983 in circostanze misteriose, rievoca verità e depistaggi formidabili di un caso ancora irrisolto. L’autore, da più di trent’anni cronista e scrittore, si è occupato di grandi casi di cronaca nera, nell’ “Italia dei Misteri”. Come autore e inviato ha partecipato a una dozzina di edizioni di “Chi l’ha visto?”, due anni fa, sempre con Sovera, ha dato alle stampe la storia del piccolo Giuseppe Di Matteo, rapito dai Corleonesi e, ritrovato disciolto nell’acido dopo 779 giorni di terribile prigionia. L’autore, dopo essersi occupato della vicenda per il programma di Rai 3,  a ridosso del trentennale della scomparsa riapre il dibattito mettendo insieme ipotesi investigative, documenti e testimonianze esclusive sulla  scomparsa, per arrivare a conclusioni per molti versi inedite.  

Il fitto confronto tra i due protagonisti del romanzo, Jacopo e Lorenzo, è l’escamotage letterario per condurre un’inchiesta rigorosa, per accompagnare la cronaca con le atmosfere, le emozioni e  il coinvolgimento tipico della narrativa.

Si  tratta di una vicenda che attraversa tutti gli anni Ottanta: non solo le  trame più inconfessabili del pontificato di Wojtyla, ma gli anni tra i più inquietanti della storia contemporanea. Un mix che ci aiuta a comprendere  personaggi senza scrupoli e situazioni che aleggiano nelle continue attualizzazioni della storia di Emanuela Orlandi.

Il 1983 è l’anno di uno scontro durissimo tra le due superpotenze Usa e Urss, con il dispiegamento dello scudo spaziale e dei missili intercontinentali, il punto più alto della sfida che culminerà sei anni dopo con la caduta del Muro di Berlino. E’ l’anno in cui Papa Wojtyla mette tutta la sua energia e le finanze vaticane, al servizio della lotta contro il comunismo. L’anno in cui si consuma uno scontro di potere nella finanza che coinvolge il Banco Ambrosiano, travolto da un enorme crack, e lo Ior, l’Istituto per le opere di religione. Il periodo in cui su Roma estende i suoi tentacoli, la piovra, della Banda della Magliana, che aveva rapporti intimi con i servizi deviati, la loggia massonica segreta P2, i politici corrotti, la mafia di Totò Riina e Pippo Calò.

L’anno in cui i soldi provenienti dai traffici illeciti e dalla droga agli appalti truccati possono essere facilmente riciclati, presentandosi a uno sportello dentro le Mura Leonine della Città del Vaticano. “Insomma una storia che ha cento diramazioni, come un labirinto – racconta Nazio – con una sola via d’uscita che ho provato a illuminare. Ma è anche un intenso dramma familiare. Anzi di più famiglie, se si pensa all’altra vicenda collegata alla Orlandi, della scomparsa avvenuta a Roma in quel periodo, quella di Mirella Gregori. Destini di persone normali, dilaniate nei sentimenti, che vengono catapultati nel tritacarne mediatico, nelle indagini infinite, nei depistaggi e nelle omissioni”.

I personaggi del romanzo-verità sono tutti reali, basta scorrere i nomi dei protagonisti per capirlo. Da Papa Wojtyla a Sandro Pertini, da Roberto Calvi a Paul Marcinkus, da Alì Agca a Renatino De Pedis a Sabrina Minardi, all’esorcista del Vaticano padre Amorth. Questo per citare i nomi noti. Poi ci sono decine di figure meno conosciute che sono ancora più pittoresche o drammatiche – a seconda della lente con cui si osservano – come il pentito della Banda della Magliana, il potente cardinale, l’agente dei Servizi segreti infedele, il dipendente del Vaticano reticente, la testimone impazzita, l’investigatore prigioniero dei fantasmi del passato, il cronista integerrimo, il fratello ostinato, la fotografa ossessionata, il politico corrotto. Personaggi inequivocabilmente legati al mondo vaticano tra cui spicca Renatino De Pedis, il boss della Banda della Magliana, ucciso in via del Pellegrino a Roma nel 1990 e indegnamente sepolto  nella Basilica di Sant’Apollinare, in un sarcofago come quello di Papa Giovanni XXIII. Perché solo nel maggio del 2012 gli uomini della procura di Roma sono intervenuti con i loro periti alla ricerca del corpo di Emanuela Orlandi, cominciando ad aprire la tomba del boss Enrico De Pedis?

Pino Nazio ha analizzato il racconto di Sabrina Minardi, amante del boss che nel 2008 rivela che a rapire Emanuela è De Pedis “per conto dell’arcivescovo Marcinkus, deus ex machina dello Ior”. La Santa Sede risponde alle accuse, ritenute “ infamanti senza fondamento provenienti da una testimonianza di valore estremamente dubbio”. In realtà, Marcinkus è accusato di appartenere alla Massoneria, entra in contrasto con l’allora Patriarca di Venezia, Albino Luciani sulla cessione di parte delle azioni Ior al Banco Ambrosiano di Roberto Calvi. Luciani, diventato Papa Giovanni Paolo I, muore dopo un mese di pontificato in circostanze misteriose. Calvi si impiccherà e Marcinkus invischiato nel crack ambrosiano grazie al passaporto diplomatico non andrà in galera.

Tornando alla Minardi dalle ultime testimonianze, la pentita, racconta di una presunta prigione in una elegante palazzina di Torvajanica, dove i genitori di Bibi andavano  durante l’estate e divenuta la prigione di Emanuela dopo il rapimento. Tra le ipotesi dibattute nel libro l’ultima testimonianza drammatica dell’amante del boss, rivela di aver visto De Pedis e un suo complice, un fantomatico Sergio gettare due corpi avvolti in sacchi in una betoniera di un cantiere, uno dei quali presume sia quello di Emanuela.

Ipotesi che Pietro Orlandi contesta con fermezza, visto che sono gli stessi investigatori a non ritenere attendibile la Minardi, e per la poco convincente circostanza in cui De Pedis, qualora avesse voluto sbarazzarsi del corpo più ricercato d’Italia, decida di avere tra i piedi una testimone così inaffidabile, che faceva non certo coppia fissa con lui, e che anzi veniva a detta di tutti usata come escort per riscuotere favori criminali.

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