Emanuela Orlandi: 35 anni fa la sua scomparsa

Sono passati 35 anni da quel 22 giugno del 1983, il giorno in cui scomparve nel nulla Emanuela Orlandi, la 15enne figlia di un dipendente del Vaticano. Della ragazza non si sa più nulla nonostante le numerose indagini

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Era il 22 giugno del 1983 quando Emanuela Orlandi, una 15enne figlia di un dipendete del Vaticano, scomparve nel nulla a Roma. Da quel momento la vita dei familiari della ragazza è stata stravolta. Numerose le indagini, spesso soggette di depistaggi, illazioni, che non hanno mai portato alla svolta nel caso. Anni in cui i familiari non si sono mai arresi e, tra speranze e delusioni, hanno continuato la loro battaglia per la verità.

Quella che all’inizio poteva sembrare come un’ “ordinaria” sparizione di un’adolescente, divenne presto uno dei casi più oscuri della storia italiana e della storia vaticana, che coinvolse lo stesso Stato vaticano, lo Stato Italiano, l’Istituto per le Opere di Religione (IOR), la Banda della Magliana il Banco Ambrosiano e i Servizi Segreti di diversi Paesi; la reale natura dell’evento a tutt’oggi non è ancora stata definita.

Il giorno della scomparsa, Emanuela si recò a lezione di musica attorno alle 4 del pomeriggio, per uscirne come di consueto attorno alle 7, dopodiché telefonò a casa, dove parlò con una delle sorelle riguardo a una proposta di lavoro che avrebbe ricevuto, retribuita con la somma di 350.000 lire (equivalenti, paragonando il potere d’acquisto, a circa 500 euro odierni) per un lavoro di poche ore come promotrice di prodotti cosmetici di una nota marca durante una sfilata di moda nell’atelier delle Sorelle Fontana, di lì a pochi giorni; tuttavia, la sorella la sconsigliò di dar retta a una proposta simile e le suggerì di tornare quanto prima a casa per parlarne con la madre. Questo fu l’ultimo contatto che Emanuela ebbe con la famiglia. In seguito, fu accertato che la ditta di cosmetici in questione – che peraltro impiegava solo personale femminile – non aveva nulla a che vedere con l’offerta di lavoro fatta alla giovane e risultò inoltre che, nello stesso periodo, altre adolescenti dell’età di Emanuela erano state adescate da un uomo con il pretesto fasullo di pubblicizzare prodotti cosmetici in occasione di eventi quali sfilate di moda o altro.

Dopo la telefonata, Emanuela raggiunse due compagne di corso alla fermata dell’autobus in Corso Rinascimento. A detta di queste, Emanuela alluse a una proposta di lavoro molto allettante ricevuta e, messa in guardia da loro, disse che avrebbe chiesto prima il permesso di partecipare ai propri genitori e che avrebbe comunque fatto attenzione per evitare brutte sorprese. Attorno alle 19:30, le compagne di corso salirono su due autobus diversi dirette a casa, mentre, secondo il racconto di una delle ragazze, Emanuela non salì a sua volta sul mezzo pubblico perché troppo affollato e disse che avrebbe atteso il prossimo. Da questo momento, della ragazza si perdono le tracce.

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Secondo un’altra versione dopo la telefonata, Emanuela confidò a un’amica e compagna della scuola di musica, che sarebbe rimasta ad attendere l’uomo che le aveva fatto l’offerta per avvisarlo che avrebbe chiesto prima il permesso di partecipare ai propri genitori. La ragazza dichiarò che Emanuela l’avrebbe accompagnata alla fermata dell’autobus, lasciandola alle 19:30 per salire sul mezzo pubblico; l’amica riferì poi di aver visto dal finestrino che Emanuela parlava con una donna dai capelli ricci che non fu mai identificata anche se alcuni suggerirono che si trattasse con ogni probabilità di qualche altra allieva della scuola di musica.

La scomparsa di Emanuela Orlandi è uno dei più grandi misteri del nostro Paese, rimasto, come anche il caso di Mirella Gregori (15enne romana scomparsa misteriosamente a Roma il 7 maggio del 1983), irrisolto. Dopo la chiusura delle indagini da parte della Procura di Roma, il fratello, Pietro Orlandi, ha chiesto giustizia direttamente al Tribunale Vaticano, affermando: “È un sacrosanto diritto avere verità e giustizia, non ci rinunceremo mai”. Dal Vaticano e da Papa Francesco non sono mai arrivate risposte, alimentando così il muro che nasconde la verità.
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Presunti collegamenti con l’attentato a Giovanni Paolo II

Il 5 luglio giunse una chiamata alla sala stampa vaticana. Un uomo, che parlava con uno spiccato accento anglosassone (e per questo subito ribattezzato dalla stampa “l’Amerikano”), affermò di tenere in ostaggio Emanuela Orlandi, sostenendo che molti altri elementi erano già stati forniti da altri componenti della sua organizzazione, Pierluigi e Mario, e richiese l’attivazione di una linea telefonica diretta con il Vaticano. Chiamava in causa Mehmet Ali Ağca, l’uomo che aveva sparato al Papa in Piazza San Pietro un paio di anni prima, chiedendo un intervento del pontefice Giovanni Paolo II, affinché venisse liberato entro il 20 luglio. Un’ora dopo, l’uomo chiamò a casa Orlandi, e fece ascoltare ai genitori un nastro con registrata la voce di ragazza con inflessione romana, forse di Emanuela, che ripete sei volte una frase, forse estrapolata da un dialogo più lungo: “Scuola: Convitto Nazionale Vittorio Emanuele II, dovrei fare il terzo liceo ‘st’altr’anno… scientifico“.  un uomo con inflessione mediorientale telefonò a una compagna di conservatorio di Emanuela, dicendo che la ragazza era nelle loro mani, che avevano 20 giorni di tempo per fare lo scambio con Ali Ağca, e chiedendo una linea telefonica diretta con il Cardinale Segretario Di Stato, Agostino Casaroli. La giovane dichiarò che lei ed Emanuela si erano scambiate i numeri di telefono lo stesso giorno della scomparsa, per tenersi in contatto in vista della preparazione di un concerto, aggiungendo che Emanuela aveva trascritto il suo numero su un foglio che aveva riposto nella tasca dei jeans che indossava.

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In totale, le telefonate dell’ “Amerikano” furono 16, tutte da cabine telefoniche. Nonostante le richieste di vario tipo, e le presunte prove, l’uomo (mai rintracciato) non aprì nessuna reale pista.  Nel comunicato n. 20 del 20 novembre 1984, i Lupi Grigi dichiarano di custodire nelle loro mani tanto Emanuela quanto la sua coetanea romana, Mirella Gregori,  La “pista turca” dei Lupi grigi, tuttavia, è stata sconfessata dall’ex ufficiale della Stasi Günter Bohnsack, il quale ha dichiarato che i servizi segreti della Germania Est sfruttarono il caso di Emanuela Orlandi scrivendo finte lettere a Roma per consolidare la tesi che metteva in relazione Ağca con i Lupi Grigi, al fine di scagionare la Bulgaria dalle accuse durante le indagini per l’attentato a Papa Giovanni Paolo II. L’estraneità dei Lupi grigi fu confermata da un pentito della Banda della Magliana Antonio Mancini, che nel 2007 ha dichiarato “Si diceva che la ragazza era roba nostra, l’aveva presa uno dei nostri”.

Nel 2010 Pietro Orlandi, fratello di Emanuela, ebbe un colloquio con Mehmet Ali Ağca, nel quale l’ex terrorista confermò l’ipotesi del rapimento per conto del Vaticano, già menzionata nella telefonata del 5 luglio 1983 e fece il nome di un cardinale, Giovanni Battista Re, ritenendolo persona informata sui fatti.

Presunti collegamenti con lo scandalo IOR e il caso Calvi
Secondo alcuni giornali e pubblicazioni, l’identikit dell’Amerikano, stilato dall’allora vicecapo dell SISDE Vincenzo Parisi in una nota rimasta riservata fino al 1995, corrisponderebbe a monsignor Paul Marcinkus, che all’epoca era presidente dello IOR, la “banca” vaticana: gli specialisti del SISDE, analizzando i messaggi e le telefonate pervenute alla famiglia, per un totale di 34 comunicazioni, ne ritennero affidabili e legati a chi aveva effettuato il sequestro 16, che riguardavano una persona con una conoscenza approfondita della lingua latina, migliore di quella italiana (ritenendo possibile che fosse stata appresa successivamente al latino), probabilmente di cultura anglosassone e con un elevato livello culturale e una conoscenza del mondo ecclesiastico e del Vaticano, oltre alla conoscenza approfondita di diverse zone di Roma (dove probabilmente aveva abitato)
Secondo una pista investigativa, Emanuela Orlandi sarebbe stata attirata e uccisa in un giro di festini a sfondo sessuale in cui sarebbero stati coinvolti esponenti del clero, un gendarme vaticano e personale diplomatico di un’ambasciata straniera presso la Santa Sede.
La pista della pedofilia
Secondo una pista investigativa, Emanuela Orlandi sarebbe stata attirata e uccisa in un giro di festini a sfondo sessuale in cui sarebbero stati coinvolti esponenti del clero, un gendarme vaticano e personale diplomatico di un’ambasciata straniera presso la Santa Sede. Altre indagini rinviano a una pista che conduce a Boston, con coinvolgimento di preti pedofili. Secondo Padre Gabriele Amorth, la giovane Emanuela Orlandi sarebbe morta in un’orgia di pedofili tenutasi in Vaticano. La ragazza sarebbe stata drogata e coinvolta in un’orgia nella quale sarebbe rimasta uccisa.
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Nel frattempo, proprio per mantenere alta l’attenzione, venerdì 22 giugno, alle ore 18.30, si terrà un sit-in piazza Giovanni XXIII. Il fratello di Emanuela Orlandi ha rivelato a Il Messaggero di voler arrivare anche a piazza San Pietro così da poter ricordare la sorella a “casa sua”. Al momento però il Vaticano non ha ancora dato l’autorizzazione. I familiari di Emanuela Orlandi, nel novembre scorso, hanno presentato per la prima volta alla Gendarmeria Vaticana la denuncia di scomparsa della ragazza ma, come rivelato a Il Messaggero dall’avvocato Laura Sgrò, legale di Pietro Orlandi: “Il fascicolo è aperto ma da allora non è stato fatto niente, non è stato interrogato nessuno“. Inoltre ha rivelato di aver richiesto da tempo di vedere Pippo Calò, il boss mafioso attualmente detenuto al 41 bis al carcere di Opera: “All’epoca dei fatti, nel 1983 a Roma, era un personaggio importante. Potrebbe avere informazioni sulla vicenda e lui si è detto disponibile a incontrarmi. Perché non arriva una risposta? Calò ha quasi 87 anni, vorremmo che questo incontro possa avvenire a breve, ha rivelato l’avvocato a Il Messaggero.

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