Felice contaminazione di note d’amore tra Battiato e Dalla, al teatro greco di Siracusa con il Coro Lirico Siciliano

Il primo evento della quarta edizione del Festival dei teatri di pietra ha accolto un pubblico numerosissimo entusiasta dello spettacolo.

In un teatro più che bimillenario, il quale ha veduto da Pindaro ad Euripide alle grandezze di Gerone, quando la Sicilia era il centro del mondo (e davvero non per modo di dire: la culla della civiltà culturale e scientifica dell’Occidente), cosa può accadere la sera d’estate del 22 luglio dell’anno pos cristico 2022, in quel luogo magico che è appunto il teatro di Siracusa? Altro che l’inaugurazione della quarta stagione della rassegna dei “teatri di pietra”, come hanno voluto chiamarla, ideata dal Coro Lirico Siciliano col supporto fondamentale dell’Assessorato alla Cultura della Regione Siciliana, non poteva essere. E con gli spalti gremitissimi di pubblico che quasi del tutto, ben oltre le 21, ha lento ma inesorabile riempito la platea, lo spettacolo di “contaminazione” come in senso naif lo hanno appellato, in ricordo di quei due grandi artisti senza tempo che sono stati Franco Battiato e Lucio Dalla, legati alla terra siciliana da energie diverse ma assolutamente positive, la serata riescì di là dalle migliori previsioni.  Del resto anche il famoso caldo del teatro siracusano, il quale altre volte ha segnato i nostri ricordi degli spettacoli lirici, fu non feroce anzi mitigato da una seppur lieve e inaspettata brezza, la quale pur nell’afa della città di Archimede, ha consentito lo svolgersi della serata in modo più che armonioso, per la gioia dei convenuti, i quali si sono lasciati andare alla nostalgia canora dei brani dei due cantautori, tra i più noti ai meno conosciuti, che hanno caratterizzato il loro percorso.

Accompagnato dall’Orchestra filarmonica della Calabria formata da ottimi elementi ed armonica soprattutto nella sezione archi, nonché dai due pianisti e arrangiatori Ruben Miceli e Corrado Neri, i quali hanno dato prova del loro virtuosismo anche nel campo della musica pop, il Coro Lirico Siciliano, una trentina di elementi fra uomini e donne di cui ormai siamo edotti per la competenza e professionalità con le quali affrontano le sfide più ardue come le situazioni apparentemente più semplici, diretto dalla brillante verve di Francesco Costa (che della serata fu anche direttore d’orchestra) , con la collaborazione di Rita Botto nota voce della musicalità siciliana e le cantanti soliste Tantiana Bisceglia, Federica Contarino,  Martina Isaia, Nicoletta Palermo, Costanza Paternò e i cantanti Giuseppe Santangelo, Alessandro Faro, Federico Parisi, nonché la passionalità elegante del tenore baritonale Alberto Munafò (che è anche il Presidente del Coro Lirico e l’ideatore con Francesco Costa della fortunatissima rassegna: lui non lo da a vedere per la sua umiltà ma ha tale responsabilità), hanno condotto a deliziare il pubblico, con Fabio Tiralongo al sax, Rosario Dragotto alla fisarmonica e Giovanni Caruso alle percussioni, in una narrativa musicale che ha spaziato da “L’animale” a “piazza grande”, da “l’ombra della luce”, dai significati altamente simbolici ed esoterici, come era nelle corde e nella visione del mondo di Battiato, ad “attenti al lupo” e “Centro di gravità permanente” che hanno concluso la serata, poco prima della mezzanotte, coinvolgendo tutto il pubblico, che evidentemente ha bisogno di sorridere e dimenticare questo periodo socialmente difficile. Un desiderio di “risveglio” che è dello stato interiore onde superare la catatonia dell’Essenza.

Da segnalare la composizione breve “le etnee” di Corrado Neri che ha voluto esibirsi anche come solista  nella antica lingua siciliana coinvolgendo il pubblico. Tra le esibizioni dei solisti, come non citare la celebre “stranizza d’amuri”, che ai versi “Man manu ca passunu i jonna Sta frevi mi trasi ‘nda lI’ossa ‘Ccu tuttu ca fora c’è ‘a guerra  Mi sentu stranizza d’amuri  L’amuri…E quannu t’ancontru ‘nda strata  Mi veni ‘na scossa ‘ndo cori  Ccu tuttu ca fora si mori Na’ mori stranizza d’amuri….L’amuri”, la quale fa versare inevitabilmente qualche lagrima, per la nostalgia di un fiore dal potere arcano dato e poi gittato, il cui profumo olezza però sempre, come uno spartano anello di guerra. Anche “L’animale”, versione sempre della Botto, che costituisce un inno alla realtà delle passioni (le quali solo poche e pochi sanno esprimere senza riserve e imbiancature ipocrite…) è stata eseguita con intensa coloratura. Solo l’arte di Battiato risciva a scrivere e musicare un simile testo che può dirsi, per alcune e alcuni, colonna sonora del proprio amore per la vita nelle sue più sensuali espressioni.

Altresì estremamente densa “La cura” nella quale un Munafò in istato di grazia ha versato tutta la possanza della sua pretta voce tenorile “distefaniana” (come sovente gli rammentiamo), dalla coltivata e studiata natura frutto di quel percorso interiore che sul palcoscenico diviene Arte. La sua voce ha riportato le note del Maestro dall’ombra alla luce.

Anche la freschezza e serenità con cui Francesco Costa si appassionò alla direzione di orchestra e Coro, lungi dall’apparire manierata, fu quanto di più autentico un artista possa dimostrare:  a fronte di altre realtà intrise di luto, non si può che lodare quella che Emilio Zolà avrebbe definito, come titolò in un suo libro, “La joie de vìvre”. Le acconciature che abbellirono le cantanti furono a cura di Alfredo Danese.  Tra i presenti la Legione Garibaldina comando per la Sicilia e l’Associazione Italiana Combattenti Interalleati federazione di Catania. Sembra facile ma risulta  rischioso allestire un “tributo” musicale a due artisti come Dalla e Battiato (personalmente ne abbiamo ricordi diretti i quali, secondo la lectio di quel grande critico letterario e musicale che fu Saverio Fiducia, si serbano per se), vieppiù in un luogo che ha veduto di tutto ed è intriso di molteplici energie (non tutte positive anzi) come il teatro di Siracusa: lo spettacolo allestito dal Coro Lirico, con la benedizione della Natura data dal frinire notturno delle cicale (messaggere degli dèi antichi) , ha raggiunto positivamente lo scopo. Ed è ancora tempo per la nave di Sunio, avrebbe detto Socrate (ovvero la fine di tutto, per spiegare a chi non ha letto il Fedone) : la rassegna dei teatri di pietra inizò e continua, per tutta l’isola del sole.

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