Al Teatro Vittorio Emanuele con “Alla faccia Vostra”

Dal 7 al 9 aprile, al Teatro Vittorio Emanuele di Messina è andata in scena “Alla faccia vostra”, con Gianfranco Jannuzzo e Debora Caprioglio: nel segno del denaro una bella prova teatrale.

Jannuzzo-Caprioglio

Giorni fa, dal 7 al 9 aprile, al Teatro Vittorio Emanuele di Messina è andata in scena Alla faccia vostra”, commedia di Pierre Chesnot, con Gianfranco Jannuzzo e Debora Caprioglio, coppia artistica ormai rodata da anni di collaborazione professionale, ed altri interpreti quali: Antonella PiccoloErika Puddu, Roberto D’Alessandro, Antonio Fulfaro e Antonio Rampino.

Ben congegnato l’adattamento e la regia del testo, affidato a Patrik Rossi Gastaldi che ne ha curato anche la traduzione. La vicenda, ambientata nella Roma dei giorni nostri, si apre con una sontuosa scenografia d’interno di Andrea Bianchi.

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Equivoci, sotterfugi e intrighi ruotano attorno all’ipocrisia dettata dal dio denaro, che diviene protagonista nel contesto delle vicende che scaturiscono per l’accaparramento di un’eredità, mettendo in evidenza la pochezza e la meschinità dell’animo umano che può essere determinata e condizionata proprio dal denaro.

Brillante Debora Caprioglio ed esilarante Gianfranco Jannuzzo che, insieme a tutta la compagnia, in un continuum di colpi di scena, riescono a creare quell’atmosfera ed il giusto ritmo che cattura durante la visione in maniera positiva. In sostanza, invece di indignarsi per queste bassezze esistenti nella vita dell’uomo, lo spettatore viene catturato in maniera positiva dalle varie situazioni di pura comicità proposta dall’interpretazione dei vari personaggi.

Si è assistito ad una piacevole commedia caratterizzata dai continui colpi di scena e cadenze che hanno fatto riaffiorare alla memoria la migliore tradizione teatrale di Georges Feydeau, con i suoi ritmi quasi frenetici, basati sulla “matematica” dell’effetto comico.

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Con Jannuzzo e Bernava

Una struttura di accadimenti convincente si articola nella Roma bene dei giorni nostri, sorretta dall’avidità e dall’isteria dell’arrivismo dove le singole vicende, come una lente d’ingrandimento, portano l’attenzione su una vicenda che diviene metafora dell’umanità intera.

C’è un morto da piangere, Stefano Bosco (scrittore settantenne di grande successo, morto d’infarto) e si ringrazia il cielo di poter contare su una cospicua eredità però, strana circostanza, il morto “resuscita” e in un batter d’occhio falliscono speranze e le transizioni finanziarie degli eredi.

A parte la bravura della consolidata coppia teatrale Jannuzzo – Caprioglio (sulla scena nei panni di Lucio Sesto, e Angela, rispettivamente genero e seconda moglie del defunto) meritano sicuramente i complimenti, come abbiamo accennato prima, anche gli altri attori della Compagnia Molière: Antonella Piccolo che interpreta la governante Luisa; Antonio Fulfaro nelle vesti di Corona, il becchino che spesso recita in dialetto calabrese per caratterizzare e rendere divertente ancora di più la sua parte; Erika Puddu, nel ruolo di Vanessa (figlia del defunto e moglie di Lucio Sesto); Antonio Rampino, nelle vesti del medico Garrone e Roberto D’Alessandro che impersona il banchiere Marmotta. Completano il tutto i pregevoli costumi di Valentina De Merulis nonché il sapiente gioco di luci del light designer Mirko Oteri.

Con_Debora_Caprioglio
Con Debora Caprioglio

Quindi, a nostro avviso, gli applausi alla fine sono stati decisamente meritati per un lavoro teatrale che vi consigliamo di non perdere.

Abbiamo chiesto dopo lo spettacolo ad alcuni dei protagonisti:

D – Nell’opera teatrale decisamente c’era la “celebrazione” del denaro, ma come lo sentite voi, da attori, questo rapporto col denaro che purtroppo, a volte, rappresenta uno dei mali della nostra società?

Erika Puddu – Eh come lo sentiamo… Noi stiamo soffrendo molto in questa fase, come attori, perché essendoci la crisi, ovviamente il teatro, e la cultura in generale, è uno dei primi settori, che ne risente. Quindi magari si potesse vivere senza denaro, ma con altre cose.

D – In questa commedia che state portando avanti avete percepito dei riscontri positivi tra il pubblico?

Erika Puddu – Si tantissimi, intanto perché ha una trama molto divertente e poi perché esce fuori da questa commedia anche un messaggio che ti lascia qualcosa.

D  Al becchino, interpretato da Antonio Fulfaro chiediamo una curiosità ovvero se quel dialetto che ha usato è calabrese puro?

Antonio Fulfaro – Il dialetto che uso nel primo tempo è della zona di Catanzaro, quello “aspirato”, il secondo invece è il mio, di Belvedere Marittimo che risulta come una sorta di grammelot ma, in realtà, è il mio dialetto…

D – Com’è lavorare con questa coppia di attori come Jannuzzo e la Caprioglio?

Antonio Fulfaro – E beh! Son tre anni che ci lavoro, tre anni che ci intendiamo, specialmente con Gianfranco.

D – E trovate dei riscontri positivi in ogni teatro?

Antonio Fulfaro – Si ed è divertentissimo fare questi personaggi, soprattutto con Gianfranco e Debora, che veramente sono splendidi.

D – Una conclusione sul denaro, visto che l’ho chiesto in precedenza ad altri. È il bene o il male della società?

Antonio Rampino – Diciamo che il denaro è meglio se ci sta che se non ci sta, che dire. Certo corrompe, ma c’è chi si fa corrompere e chi no e, comunque, serve.

Roberto D’Alessandro – Ho letto da qualche parte “Se il denaro non fa la felicità figuriamoci la miseria”.

D – Per la esilarante figura del becchino delle “pompe funebri” della commedia, il denaro cosa rappresenta?

Antonio Fulfaro – E beh! È una professione che non morirà mai.

Con_la_Compagnia

A Debora Caprioglio abbiamo chiesto:

D – La domanda sul denaro la giro anche a lei: questo denaro come viene visto da Debora Caprioglio?

R – E beh, ci vogliamo molto bene, nel senso che ci rispettiamo.

D – Ha recitato prima per il cinema e adesso per il teatro. Quale dei due generi le è più congeniale e le manca il cinema?

R – No, non mi manca e comunque prima o poi lo riprenderò. È stata una scelta quella di dedicarsi al teatro, perché lo amo moltissimo, e, comunque, ti da la possibilità di confrontarti direttamente con il pubblico e da questo esce fuori, in un certo senso, la misura di quello che si vale.

D – Quindi è più facile fare l’attrice di cinema o l’attrice di teatro?

R – Diciamo che ci sono complessità in tutte e due i lavori, nel senso che è lo stesso mestiere, ma sicuramente è diverso il mezzo però il teatro richiede più impegno perché, comunque, ci si fa le ossa negli anni.

A Gianfranco Jannuzzo. In fine, qualche altra domanda:

D – Abbiamo chiesto a tutti gli attori della compagnia di esprimersi sul denaro e lei, che alla fine della commedia conclude con una “singolare celebrazione del denaro”, ci crede in quello che ha detto o rientra soltanto nella parte?

R – Assolutamente si! Col denaro si possono fare cose meravigliose: si possono costruire ospedali, si può aiutare la ricerca sul cancro, si possono alleviare le sofferenze dei vecchi e dei bambini, si possono fare anche cose a sostegno della cultura o finanziare le guerre, costruire armi, fare delle porcate come quelle fatte recentemente. Insomma bisogna stare attenti al denaro perché, fuori dall’ipocrisia, ci serve, però quel tipo di denaro io lo odio veramente. Questo protagonista di questo spettacolo, alla fine, si riscatta poiché era diventato arido e proprio una schifezza di uomo.

D – Una sua considerazione sul teatro?

R – Ma a parte che farlo bene, se si fa bene il teatro, come vede poi, il pubblico risponde di conseguenza. Se, invece,  gli vengono propinate delle porcate è chiaro che il pubblico si disamora e non viene più a teatro. Devi stare attento a non deluderlo, non c’è cosa peggiore che deludere il pubblico che viene a vederti.

D – Quindi quanto è importante il ruolo del teatro nel nostro sociale?

R – Indispensabile, per me è assolutamente indispensabile.

Jannuzzo Caprioglio
Gianfranco Jannuzzo e Debora Caprioglio
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