Dopo il trasferimento di cardiochirurgia al Policlinico di Catania, migliorare l’Unità Operativa Scompenso Cardiaco

Intervista al dott. Giuseppe Leonardi, responsabile della Unità Operativa dipartimentale Scompenso Cardiaco Grave

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I reparti di cardiologia e cardiochirurgia, specialità mediche catanesi molto quotate e apprezzate a livello internazionale, sono stati trasferiti dall’ospedale “Ferrarotto” al Policlinico, con dotazioni, attrezzature, strumentazioni e dispositivi di ultima generazione, dando prospettive di forte impatto e garanzia per tutte le patologie concernenti l’apparato cardio-vascolare.

L’ “Associazione Italiana scompensati cardiaci (Aisc)” e “Marta Russo” hanno rappresentato all’assessore regionale, Ruggero Razza, l’esigenza di diminuire il carico burocratico, specie per i farmaci di ultima generazione, realizzare i centri per lo scompenso cardiaco che in passato sono anche stati finanziati ma non realizzati. Chiedono peraltro di essere rappresentate ai tavoli tecnici, in quanto ad oggi nessuna istituzione ascolta il parere dei pazienti e le loro necessità.

Giuseppe Leonardi, responsabile della Unità Operativa dipartimentale Scompenso Cardiaco Grave del Policlinico, spiega:

“Il riabbinamento di cardiologia e cardiochirurgia ottimizza entrambi i reparti migliorando le prospettive di cura e assistenza ai malati in acuto; i rilievi delle associazioni su SSN e Regione sollecitano maggiore attenzione verso le patologie cardiovascolari croniche, che richiedono, secondo i casi, non solo strutture per l’emergenza ma, soprattutto, lungodegenza specializzata, e assistenza domiciliare. Il cardiopatico deve accettare il rapporto simbiotico che lo lega al medico e all’équipe che lo hanno in carico con continuità di vedute e terapeutica: un percorso condiviso, duraturo nel tempo. Il caso della signora che da 21 anni vive col cuore trapiantato della povera Marta Russo (la studentessa assassinata all’università La Sapienza di Roma), affrontando e portando a termine tre gravidanze e conducendo una vita abbastanza regolare, oltre a rappresentare un successo della cardiologia catanese, ne è la migliore testimonianza; in questi 21 anni, peraltro, l’evoluzione di tecniche, dispositivi e farmaci è stata notevole”.

Per realizzare l’optimum che lei auspica, occorre reperire e impiegare risorse che forse non ci sono.

“Un investimento che, peraltro, ridurrebbe i re-ricoveri e otterrebbe la maggiore sopravvivenza dei pazienti. In Svezia i centri scompenso sono prevalentemente gestiti dagli infermieri; personale dedicato assolutamente affidabile, che opera con la supervisione di medici; la laurea in scienze infermieristiche mette questi soggetti in condizione di fronteggiare le situazioni con professionalità e competenza. È un problema di organizzazione piuttosto che di investimenti, comunque opportuni ed oculati, per dare il meglio dell’assistenza ai pazienti di un’area vasta. Per chiudere il cerchio bisognerebbe ripristinare il cosiddetto day hospital diagnostico, almeno per pazienti particolari come trapiantati e affetti da patologie rare, per effettuare tutti gli accertamenti necessari in un unico centro, con minima perdita di tempo per pazienti e parenti”.

Pensa che lo ripristineranno?

“Me lo auguro. Con l’Assessore si è avviato un dialogo per una umanizzazione della sanità, riducendo la burocrazia e semplificando la dispensazione dei farmaci. Lo scompenso cardiaco è una patologia che riguarda un ampia popolazione di pazienti; la mortalità è superiore a quella di alcuni tumori. Per fronteggiare la situazione in Sicilia occorre una rete di centri con competenze e tecnologie crescenti, collegati in network tra loro. Il successo del cardiologo è legato alla tempestività di diagnosi della cardiomiopatia dalla quale deriva lo scompenso e la corretta scelta di intervento e di assistenza, anche delle complicanze. Le associazioni hanno centrato alcuni aspetti di questa problematica complessa, importante anche sul piano sociale e civile”.

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