Specchi e simboli per una Traviata di sicuro successo al teatro Bellini di Catania

La regia di Brockhaus con le voci luminose di Daniela Schillaci e di Franco Vassallo hanno incantato il pubblico etneo.

Allestimento della Fondazione Spontini Pergolesi e con le scene di Svoboda, la cosiddetta “Traviata degli specchi“, ovvero la versione dell’opera verdiana per la regia del tedesco ma di dimora italiana Henning Brockhaus, approda sulle scene del teatro Bellini di Catania, dònde si tenne la première la sera del primo dicembre. Diciamo subito che – preceduta da una fama trentennale che ha visto codesta rappresentazione peregrinare per il mondo nei maggiori teatri – è un approdo felice, nel senso che il pubblico ha immediatamente apprezzato la coniugazione della simbolica nouvelle vague del palcoscenico specchiato come sfondo, la quale coniuga i quadri dei tre atti, secondo le immagini della più pura tradizione del tardo Ottocento – il regista ha voluto ambientare la storia della signora delle Camelie di dumasiana memoria, da cui il Cavaliere e Senatore del Regno Giuseppe Verdi trasse il soggetto che debutta a Venezia nel 1853, forse tra le opere più rappresentate al mondo, tra il decò e i lupanari francesi dell’epoca, inframmezzando prati e simbolismi di stampo massonico scozzese (il primo quadro, per chi è edotto in un certo mondo, ebbe al centro un Pellicano).

L’effetto movimento altresì fu molto gradevole alla vista e la regia – non ci si poteva altro aspettare dal rigore teutonico di Brockhaus – venne assai apprezzata dal conservatore pubblico catanese.  Il “non sei tu Maestro— vi fia gratorivolto a Germont e la sua risposta a Violetta, non sono frasi gettate a casaccio, nella tramatura della cosiddetta trilogia popolare, trionfo della nuova borghesia allora imperante e oggi quasi tramontata come un fugace astro, laddove solo l’Amore – è il vero insegnamento dell’opera – rimane a lenire le sozzùre umane, anzi col lievito della armonia e della tenerezza . Ne saprà qualcosa il Novecento di Eduardo De Filippo e di Filumena Marturano-Titina davanti alla Madonna delle Rose: “è figlie sò figlie…“.

Per quanto riguarda le voci di questa catanese Traviata, dopo un primo atto volutamente rigoroso, la Violetta del soprano paternese Daniela Schillaci ha dato il suo battito di ali fluenti, nel secondo e terzo atto: la perfetta compostezza recitativa della nostra artista, unita al caldo e misurato volume sonoro nelle celebri arie, in particolare “Addio del passato” con una tramatura assai notevole, ne hanno decreato l’ampio successo, come ha voluto sottolineare il pubblico con inframmezzati e calorosi applausi. In certi tratti tonici ella ci rammentò la coloratura di Mercedes Capsir, famoso soprano spagnolo italiano degli anni Venti e Trenta del Novecento ch’ebbe Traviata come ruolo di riferimento.  Avevamo già udito Daniela Schillaci in Traviata nel 2018 e pàrci che il suo percorso appassionato segni una convergenza parallela nell’intercalare personaggi verdiani a pucciniani (a gennaio sarà Turandot sempre al Bellini). Assolutamente trionfale fu altresì il Giorgio Germont del baritono Franco Vassallo, un vero tripudio di successo e di alta modulazione vocale, sottolineato dall’ampio plauso di pubblico.

Del resto la trentennale carriera di Vassallo costellata di notevoli riscontri, in tale ruolo risalta ampiamente. Equilibrato il tenore Giorgio Misseri nel ruolo di Alfredo; perfetta vocalità e recitativo per la Flora del soprano leggero Elena Belfiore e la gustosa cesellatura di Annina che ne diede il valente soprano Sonia Maria Fortunato. Buone le rese del Gastone di Massimiliano Chiarolla, del Douphol di Gianliuca Lentini, del d’Obigny di Dario Giorgele, mentre qualificato Grenville fu il basso Gaetano Triscari già più volte apprezzato come il Giuseppe del simpatico Riccardo Palazzo.

L’orchestra diretta dal già tenore Josè Cura ha mostrato ampio rispetto della partitura, come sempre perfetta la resa del coro diretto dal Maestro Petrozziello; costumi di Giancarlo Colis, coreografie di Valentina Escobar, allestimenti scenici di Arcangelo Mazza, acconciature e trucco del bravo Alfredo Danese. In quanto prima rappresentazione e conclusiva delle opere dell’anno 2023, non mancò la necessaria mondanità: dal consigliere del CSM Felice Giuffrè allo scrittore e collega Giuseppe Lazzaro Danzuso; molti papillon tra gli uomini e nero di rigore per le signore, tutti accolti dalla compagnia danze dell’Ottocento in costumi d’epoca (diretta da Nino G.Luca) all’ingresso del teatro e dalla consueta cortesia del Sovrintendente Giovanni Cultrera di Montesano e signora Lisa.

Sempre bello altresì notare all’ingresso i due Carabinieri, già Reali, in alta uniforme “tutta nappe tutta argenti” simbolo della unità della Patria. Erano presenti esponenti degli Ordini dinastici della Real Casa di Savoja e la Legione Garibaldina di Sicilia
Tre ore compresi gli intervalli, di spettacolo denso e del tutto coinvolgente, studiato attentamente nella meccanica e nei colori, onde riuscire ben gradito al numerosissimo pubblico che ha empìto fino al loggione il nostro teatro, in nome di quella rinascita dell’arte musicale che negli ultimi anni caratterizza la città di Catania e ne decreta il rilevante successo, del resto non assicurato – benché Traviata sia un classico intramontabile ma proprio per questo, rischiosa negli allestimenti – ma in questo caso, pienamente ottenuto: del che ci compiaciamo per la positiva immagine della nostra amata città.

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