Sindrome di Stendhal: esplorando i confini tra Arte e Psichiatria – INTERVISTA

L’esperienza di guardare un’opera d’arte può evocare una vasta gamma di reazioni e sentimenti nell’osservatore, poiché dipende sia dall’opera stessa che dalla sensibilità e dalle esperienze personali di chi la guarda. La Sindrome di Stendhal rappresenta uno sguardo interessante su come l’arte può influenzare la nostra psiche e la sfera emotiva.

In un mondo dove la bellezza artistica si intreccia spesso con la frenesia della vita quotidiana, emerge un fenomeno tanto affascinante quanto misterioso: la Sindrome di Stendhal. Questa particolare condizione, che prende il nome dal celebre scrittore francese Marie-Henri Beyle, meglio conosciuto come Stendhal, si manifesta quando un individuo è esposto a opere d’arte di straordinaria bellezza, provocando una reazione emotiva intensa e spesso sconvolgente.

La Sindrome di Stendhal trae origine dalla descrizione che lo stesso Stendhal fece nel suo libro “Napoli e Firenze: un viaggio da Milano a Reggio“, pubblicato nel 1817. Dopo aver visitato la Basilica di Santa Croce, Stendhal uscì e, trovandosi nella piazza omonima, ebbe una profonda agitazione emotiva, accompagnata da un aumento del battito cardiaco e da vertigini, innescate dalla sublime bellezza delle opere d’arte che lo circondavano.

Marie-Henri Beyle Stendhal Stendhal
dipinto dal pittore svedese Johan Olaf Sodemark (1840)

Discuteremo della Sindrome di Stendhal con il dottore Carmelo Zaffora, psichiatra.

Come viene riconosciuta la Sindrome di Stendhal dai medici?

La Sindrome di Stendhal viene descritta in prima persona dallo scrittore francese, nel 1817, immediatamente dopo la visita che effettuò a Santa Croce, nella città di Firenze. Tale sindrome può essere facilmente diagnosticata dai medici attraverso una breve raccolta anamnestica finalizzata a stabilire, attraverso un nesso di causalità, se il soggetto che presenta la sindrome sia stato di recente presso un luogo con una forte emanazione artistica carica di significato emotivo.

Solo un medico psichiatra può riconoscere la Sindrome?

In generale no, poiché la sintomatologia, sebbene non grave, è strettamente correlata al racconto che ne fa la persona che ha vissuto, o sta ancora vivendo, l’influenzamento psicologico subito durante la recente visita a un luogo d’arte.

Come viene diagnosticata la Sindrome di Stendhal nel campo della psichiatria? Quali strumenti si utilizzano per la diagnosi?

La diagnosi della sindrome non presenta particolari difficoltà in quanto si basa sui segni presentati dalla persona e sui sintomi lamentati. Non occorre utilizzare in questo senso nessun strumento diagnostico specifico di tipo strumentale. Se si vuole approfondire di più la sintomatologia accusata, si può comunque ricorrere a test che valutano l’ansia, le somatizzazioni, la deflessione del tono dell’umore.

Quali sono i sintomi principali della Sindrome di Stendhal?

I sintomi principali riscontrabili nella sindrome sono prevalentemente tachicardia, vertigini, senso di smarrimento, confusione psichica, dispercezioni visive come le allucinazioni, intensa ansia, formicolii, paura di perdere lo stato di coscienza. A tal proposito lo stesso Stendhal, da ottimo scrittore, descrive con parole sue le sensazioni provate a Firenze: «Ero giunto a quel livello di emozione dove si incontrano le sensazioni celesti date dalle arti ed i sentimenti appassionati. Uscendo da Santa Croce, ebbi un battito del cuore, la vita per me si era inaridita, camminavo temendo di cadere».

La Sindrome di Stendhal può essere considerata una malattia?

Più che una malattia deve essere considerato un disturbo in quanto, per le sue caratteristiche, in generale è transitorio, vale a dire non dura per giorni, settimane o mesi ed è strettamente legata al contesto nel quale si è vissuta l’esperienza. In generale dentro spazi chiusi. Certamente lascia una traccia mnemonica, prevalentemente sul versante ansioso.

La Sindrome di Stendhal può essere considerata un disturbo mentale o una reazione emotiva temporanea?

La sindrome è da considerarsi sicuramente una reazione emotiva temporanea nella cui manifestazione gioca un ruolo preponderante l’Amigdala che si trova alla base del cervello, sotto la corteccia. Questo piccolo organo funge da “centralina” con finalità di processare le emozioni che provengono dalla corteccia cerebrale. Quando questo processo salta l’analisi cosciente di una specifica sensazione, che avviene in alcuni circuiti della corteccia, arrivando direttamente all’Amigdala, scatena una reazione di allarme direttamente correlata alla particolare esperienza artistica. In pratica una specie di cortocircuito emotivo che influenza il respiro, la stazione eretta, il cuore, la senso percezione. I circuiti nervosi coinvolti in questa dinamica sono lo striato ventrale, corteccia orbito frontale laterale e mediale, la corteccia anteriore del cingolo e il sistema dei neuroni specchio.

Ci sono casi documentati in psichiatria di pazienti che hanno sofferto di gravi conseguenze a seguito della Sindrome di Stendhal?

Sotto questo profilo non vi è una letteratura scientifica corposa. Di sicuro tuttavia esiste e viene raccontata dai pazienti con molta lucidità e concretezza. Riguardo alle conseguenze può persistere un ricordo negativo dell’esperienza vissuta che, in particolari circostanze, può ripresentarsi creando una specie di vulnerabilità soprattutto in quei soggetti particolarmente sensibili o che hanno una scarso controllo sulle proprie emozioni. In pratica si può assistere al sopravvivere di una condizione ansiosa che lascia sicuramente una traccia.

Il paziente ha ricordi dell’esperienza vissuta, cioè colpito da Sindrome di Stendhal?

Certamente. La memoria esperienziale, legata al tempo e al luogo dove si è vissuta la condizione emotiva, può persistere per molto tempo, senza comunque generale una malattia in tal senso. Si può comunque affermare che la genesi della sindrome può a volte nascondersi, secondo una interpretazione psico-analitica, in alcuni soggetti che presentano conflitti infantili profondi e fantasie represse non risolti che, in particolari contesti artistici, slatentizzano paure, ansie, ossessioni e somatizzazioni evocate dal linguaggio che l’artista ha posto in essere.

La Sindrome di Stendhal è legata solo all’arte visiva, come pittura e scultura, o può essere scatenata anche da altre forme d’arte o nella semplice quotidianità?

La sindrome è prevalentemente legata all’arte visiva in quanto l’occhio, come organo di senso, presenta maggiori legami con il cervello. Non si può però escludere che a volte certe installazioni artistiche o eventi musicali possono altresì scatenare i disturbi che caratterizzano la sindrome. Il denominatore comune tuttavia resta uno spazio chiuso, dentro il quale avviene la manifestazione emotiva.

Esistono trattamenti specifici per chi soffre della Sindrome di Stendhal?

Il trattamento di elezione è quello di abbassare la quota di ansia che manifesta il soggetto interessato. Questa condizione a volte può somigliare ad un vero e proprio attacco di panico con tutti i sintomi che lo caratterizzano. Allora è utile rivolgersi allo specialista che, attraverso una psicoterapia volta ad analizzare i sintomi, con la finalità di eliderli, può anche avvalersi dell’uso di un qualche ansiolitico nel caso in cui la persona non è in grado di fronteggiare il disturbo in maniera definitiva.

La Sindrome di Stendhal è una condizione comune o rara?

In generale, è abbastanza rara ma, numerosi turisti che hanno visitato le città d’arte italiane, ne hanno testimoniato l’esistenza. Questi visitatori, da quanto riferito dagli studi esistenti, appartengono alla razza bianca e sono legati ala cultura occidentale.

Come può la Sindrome di Stendhal influenzare l’esperienza di una persona?

Aver vissuto questa sensazione-sindrome certamente condiziona l’esperienza di una persona. Significa che la traccia lasciata dalla precedente esperienza può riemergere se sussistono le condizioni artistiche particolari, cioè trovarsi in una città a forti connotazioni artistiche, visitare le opere in spazi chiusi, vivere intensamente il messaggio veicolato dall’artista, non riuscire a frenare la pressione emotiva generata dalla eventuale visita.

La Sindrome di Stendhal è stata riconosciuta e studiata dalla comunità scientifica e medica?

Esistono interessanti studi in Italia, soprattutto da parte della professoressa Graziella Magherini che ha studiato un centinaio di casi che hanno vissuto la sindrome. In questo studio si fa riferimento ai neuroni specchio, alla particolare predisposizione di alcuni soggetti, all’azione perturbante esercitata da alcune opere d’arte, alla inconscia presenza di conflitti ancora non risolti.

La Sindrome di Stendhal è associata a particolari condizioni psichiatriche preesistenti?

Certamente. Il soggetto che va incontro alla sindrome sicuramente possiede una soglia emotiva alta e una notevole quota di ansia libera associata ad una sicura predisposizione suggestionale. Si può pensare, in quest’ottica, allo spalancarsi di una finestra da cui possono entrare tutte le sollecitazioni estetiche che, in particolari individui, scatena il corredo sintomatologico di cui è fatta la Sindrome di Stendhal.

a Cognita Design production
Torna in alto