R.I.P. per il regista Carlo Mazzacurati

Ci ha lasciati troppo presto il regista Carlo Mazzacurati, padovano imponente, polemico e giocatore di rugby. All’età di 57 anni per un tumore che lo attanagliava da tempo. 

 

 

Carlo Mazzacurati ci ha lasciati troppo presto. Nonostante si sapesse da tempo, nessuno avrebbe mai immaginato che la forte fibra del regista padovano imponente, polemico, giocatore di rugby, tanto forte da ribattere se lo criticavano per l’incomprensibilità dei suoi film, si sarebbe arresa all’età di 57 anni per un tumore che lo attanagliava da tempo.‘E’ allora? E’ per quello che non ti piacciono? Se un film non si capisce bene allora cos’è, un film di Mazzacurati?’ si difendeva così davanti a chi lo accusava di essere troppo originale e anomalo. ‘Il prete bello’( 1989), ‘Vesna va veloce’(1996), ‘Il Toro’ (1994, Leone d’Argento), queste ed altre le pellicole firmate dal regista – sceneggiatore che ha anche rivestito i panni di attore per l’amico Nanni Moretti, ‘Palombella rossa’ ,’Caro diario’ , ‘Il grido d’angoscia dell’uccello predatore, 20 tagli d’Aprile’ e ‘Il Caimano’, che provano la grande ironia di cui era dotato il regista.

A Novembre aveva ricevuto il Gran Premio per la Carriera presentando al Festival di Torino l’ultimo suo lavoro ‘La sedia della felicita”. Il film, in sala in primavera con la 01, è una sorta di eredità in cui recitano tanti attori-amici che sapevano della malattia di Mazzacurati. Girato in Trentino e prodotto da Angelo Barbagallo, la pellicola racconta l’inseguimento di un sogno, cioè del tesoro che ti cambia la vita. E’ il commiato di un uomo consapevole di dover lasciare i suoi più cari amici salutandoli per sempre: la criminale Katia Ricciarelli, la tenera massaggiatrice Bruna (Isabella Ragonese), il tatuatore romano Valerio Mastandrea, e Fabrizio Bentivoglio e Silvio Orlando nei panni di due venditori di arte-patacca su una tv privata.  ”E’ forse il film piu’ comico che ho fatto. Negli altri c’era anche la tristezza oltre che l’ironia – aveva detto Mazzacurati- “Per una volta nella vita ho desiderato fare un film che mi piacesse anche da spettatore”.

Un finale sereno, quello del regista, premonitore come uno ‘zen’, che fa quasi da congedo: l’orso e il motociclista magicamente uniti sullo sfondo delle Dolomiti tanto care al regista.

Ci piace ricordarlo in una parte postuma di ‘Aprile’ e resa pubblica da Moretti: il tizio che caccia via lo stormo di uccelli predatori col suo grido di angoscia.

 

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